Tron Legacy
Recensione in Anteprima
Uscita in Sala: 29 dicembre
28 anni dopo aver cambiato per sempre il cinema di fantascienza con il primo capitolo, il mondo virtuale di Tron torna al cinema con l’attesissimo Tron Legacy. Anni e anni di lavorazione, sceneggiature scritte e ritoccate fino allo sfinimento, un regista, ex architetto, al suo esordio nel mondo dei lungometraggi, ed una campagna di lancio battente, costata la bellezza di 160 milioni di dollari. Tron Legacy è incredibilmente l’evoluzione di Tron, tanto nei pregi quanto nei difetti. Se il film culto di Steven Lisberger stupì per l’uso dei primissimi effetti speciali creati con la computer graphic, deludendo dal punto di vista della regia, a tratti troppo lenta, e della sceneggiatura, innegabilmente tutto tranne che complessa, anche il kolossal di Kosinski conferma queste caratteristiche, appoggiandosi totalmente ad un mondo virtuale straordinariamente credibile ed affascinante, perdendo così colpi sullo sviluppo della storia, incapace di andare oltre all’enorme videogioco cinematografico.
Tessendo intelligentemente i fili con il capitolo originale, omaggiato in più sequenze, Tron Legacy ci riporta nel mondo scoperto poco meno di 30 anni fa da Kevin Flynn, genio dell’elettronica misteriosamente scomparso durante una notte del 1989. Lasciata la Encom in mano all’unico figlio, Sam Flynn, Kevin si ritrova prigioniero della sua stessa creazione, in un mondo virtuale dominato dal suo alter ego digitale, Clu, desideroso di riaprire il celebre portale che consentì al “Creatore” di entrare nella rete, per fare così il viaggio inverso. A salvarlo, e a decidere le sorti del mondo e dell’umanità intera, Sam, suo figlio.
30 anni da ’spiegare’ in pochi minuti. Cosa è successo in tre decenni a Kevin Flynn? Aiutato dalla solita voce fuori campo, affidata ad un Jeff Bridges talmente saggio e ‘zen’ da risultare stucchevole, Joseph Kosinski riesce perfettamente a ricostruire il mondo di Tron, grazie anche a scenografie sontuose e costumi futuristici impeccabili, perdendosi però nel riallacciare i fili del discorso, dovendo ovviamente far ripartire la storia da zero. Giocando con l’uso ad ‘hoc’ dell’occhialetto 3D, da indossare solo e soltanto nel momento in cui il giovane Sam entra nel mondo virtuale di Tron, il film millanta una terza dimensione semplicemente inesistente. Dopo la ‘truffa’ di Alice in Wonderland in casa Disney si sono così ripetuti, cavalcando una moda che così facendo finirà per tagliarsi le gambe da sola, a causa di pellicole come Tron Legacy, che di 3D non hanno nulla, se non l’aggiunta al titolo e il sovrapprezzo del ticket d’ingresso.
Tralasciando l’occasione innegabilmente persa di ridare una svolta al mondo degli effetti speciali attraverso un 3D per lo meno accettabile, Tron Legacy regala sicuramente 120 minuti visivamente ‘affascinanti’, attraverso un mondo, quello della rete, tanto articolato quanto cupo, dove sono le luci dei neon ad illuminare volti e giochi, accompagnati dalla splendida ed incalzante musica elettronica dei Daft Punk. Pensato e realizzato come un enorme videogioco, il film da questo punto di vista accontenterà i fan del genere, grazie a sfide ‘mortali’ avvincenti e ben realizzate. Straordinariamente riuscite le lightcycles, a dir poco evolutesi rispetto alle ‘cugine’ di 30 anni fa, così come i giganteschi “intercettatori” o lo spaventoso Rectifier, nave da battaglia del perfido Clu, alter ego digitale di Jeff Bridges, ringiovanito al computer attraverso una tecnica ‘alla motion capture’ di zemeckisiana memoria, a tratti eccessivamente esplicita e poco fluida.
Impegnato a dover conquistare l’attenzione dello spettatore attraverso l’azione, Kosinski si è così perso nella costruzione dei personaggi. Se Kevin Flynn appare semplicemente un altro rispetto al Kevin Flynn interpretato da Bridges 28 anni fa, passando dall’essere un eterno burlone sognatore ad un vecchio saggio che ‘ascolta il suono del cielo‘ mentre si concede ore ed ore di rilassante yoga, suo figlio Sam , ovvero Garrett Hedlund, non va oltre il solito cliché del ragazzo disturbato rimasto traumatizzato dalla scomparsa precoce e misteriosa dell’unico genitore rimasto. Al rapporto padre/figlio, tirato maledettamente per le lunghe, e sempre in maniera decisamente poco consistente, si aggiungono il Tron del primo capitolo, che inspiegabilmente entra ed esce all’interno della trama, Quorra, ovvero Olivia Wilde, programma unico nel suo genere che agisce come confidente di Flynn, tratteggiata malamente, ed uno sprecato Michael Sheen, autentico trasformista del cinema inglese, un giorno Tony Blair e l’altro Castor, ovvero una sorta di folle “Joker digitale” pronto a tutto pur di acquisire potere. Proprio quest’ultimo personaggio risulta a dir poco bruciato, perché teoricamente dalle potenzialità spiccate (qual è il suo passato? Perché ha cambiato identità negli anni? Cosa l’ha portato a seguire il temibile Clu? Domande a cui ovviamente non seguiranno delle risposte), ma velocemente ed inspiegabilmente tagliate da Kosinski.
Riaprendo il mondo della realtà virtuale in casa Disney hanno in realtà spalancato le porte ad un altro universo, ovvero quello legato al merchandising, decisamente più affascinante e redditizio della rete di ‘troniana’ memoria. Da questo punto di vista Tron Legacy, costato complessivamente 320 milioni di dollari, vincerà la sua battaglia, invadendo ogni campo possibile ed immaginabile, attarverso giochi, gadget, videogames, vestiti ed accessori di ogni sorta che faranno ingrassare le casse di Topolino&Co. Peccato che se nel 1982 Tron, con tutti i suoi difetti, divenne comunque un film di culto, perché spartiacque nel mondo degli effetti speciali e della fantascienza, questo attesissimo e rischioso sequel, freddo e calcolatore come sanno essere solo i cip di un computer, finisce per mostrarsi solo e soltanto come la sua scontata evoluzione, tutto tranne che rivoluzionaria.
Voto: 6+