Festival Internazionale del Cinema di Roma
L’uomo che Ama
Recensione in Anteprima
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Soffrire d’amore. Chi non ha sofferto per le pene del cuore almeno una volta nella propria vita? Maria Sole Tognazzi parte da questo semplice presupposto per disegnare un uomo che prima contribuisce a spezzare il cuore di una donna, per poi ritrovarsi dall’altra parte del recinto, distrutto e fatto a pezzi da una relazione incapace di crescere e proseguire.
Un circolo che non conosce soste, che prende tutto e tutti almeno una volta nella vita, dandoti in alcuni casi la forza d’interrompere una storia ed in altri l’incapacità di sopportare in silenzio una rottura. Maria Sole Tognazzi cerca di raccontare tutto ciò attraverso un montaggio temporale a più strati, calcando troppo la mano della ‘distruzione’ mentale nella prima parte per finire nella forzata drammaticità della seconda, finendo per unire i fili di un discorso troppo lento, forzato e non del tutto riuscito.
Un uomo che ama. Un amore folle, totale e non ricambiato. Un amore non ricambiato che porta dolore, paura, ansie, depressione e insonnia. Un dolore prima provocato poi subito, ingestibile e distruttivo, un dolore unisex, valevole tanto per le donne quanto per gli uomini, ridotti a molluschi lacrimosi e pronti a calpestare il proprio orgoglio quando una donna arriva a spezzare loro il cuore.
Maria Sole Tognazzi spinge troppo sull’accelleratore dei clichè nel disegnare Pierfrancesco Favino, prima incapace di amare e poi distrutto dall’amore. Eccessiva, lentissima, pesante e quasi ‘fastidiosa’ la prima parte, con un Favino distrutto dall’amore non ricambiato, la seconda vira di netto con un salto temporale, portandoci un Favino incapace di amare, e per questo responsabile del dolore altrui.
Come in una legge del contrappasso, l’amore non lascia scampo a nessuno. In questo triangolo d’amore, con Favino, la Bellucci e la Rappoport protagonisti, Maria Sole Tognazzi trova il tempo di portare in scena anche un altro tipo d’amore maschile, quello tra due uomini, tra due omosessuali, innamorati ma portati in maniera diversa a gestire e ad agire di fronte alle sofferenze d’amore, immancabili ma al tempo stesso differenti per ognuno di noi.
Proprio la seconda parte del film spingerà sull’accelleratore del dolore, della drammaticità, della lacrima chiamata e per questo telefonata, con Carlo, il fratello omosessuale di Favino, protagonista. Leggera la sceneggiatura, come il montaggio spesso ambiguo, il film ha il merito di cercare di rappresentare un dolore d’amore, quello maschile, raramente visto in sala. Nel farlo però eccede, esagera, fingendo per risultare pesante in tante, troppe occasioni.
Immancabili le scene di nudo e di sesso, con la Bellucci che fa la sua entrata in video direttamente dentro la doccia, con un Favino spesso senza veli, spogliato della sua dignità e del suo orgoglio maschile, frantumato come il proprio cuore. In conclusione un’idea interessante ma riuscita a metà nella sua realizzazione.
Su tutti da segnalare la splendida Marisa Parades, inspiegabilmente e malamente doppiata, e i bravissimi Piera Degli Esposti e Arnaldo Ninchi. Forzatissimo e perennemente in lacrime Favino, sempre uguale a se stessa Monica Bellucci, alla disperata ricerca di un’altra interpretazione ‘alla Ricordati di Me’, mentre convincenti Michele Alhaique, finalmente nei panni di un omosessuale non stereotipato, e Ksenia Rappoport, piacevole conferma.
Era sei anni che Maria Sole Tognazzi non tornava in sala e per questo ci si poteva e doveva attendere di più. Favino per tutto il film soffre d’insonnia, non riuscendo a chiudere occhio, mentre in sala succede proprio l’inverso… si lotta per restare svegli!
Voto:5