Un giorno Perfetto
Il peggior Ferzan Ozpetek di sempre.
Un giorno Perfetto, attesissimo alla Mostra del Cinema di Venezia, tratto da uno splendido romanzo di Melania Mazzucco, riporta Ferzan ai tempo del contestato, e per il sottoscritto sottovalutato, Cuore Sacro.
Scelto con forza e vigore dallo stesso regista turco, il romanzo della Mazzucco è una durissima e violenta giornata corale vissuta nella caotica Roma da più personaggi, tutti legati in qualche modo tra di loro e tutti splendidamente raccontati dalla scrittrice. Ferzan voleva cambiare, voleva spostare il proprio sguardo da quelle storie che l’hanno reso celebre ma che, per i detrattori, son tutte uguali e fatte con lo stampino.
Per questo la scelta è ricaduta sul romanzo della Mazzucco, teoricamente lontano anni luce dal suo tipo di cinema. E infatti, dopo aver letto il romanzo e visto il film, posso dire senza ombra di dubbio che Ozpetek probabilmente è impazzito.
Tolto l’ottimo piano sequenza iniziale, l’angosciante scena del tentato stupro del sorprendente Valerio Mastandrea alla bravissima Isabella Ferrari e alcune inquadrature di qualità, il film è un deludentissimo concentrato di ‘tecnica da fiction televisiva’, con un’impressionante numero di primi piani e una serie di battute, di idee e di scene che fanno raggelare il sangue.
Folle l’idea del regista di SOSTITUIRE l’unico personaggio omosessuale del romanzo, assolutamente necessario e coerente all’interno dell’intreccio narrativo, con una donna, interpretata da una spaesata e sprecata Monica Guerritore, in una storia che NON HA SENSO, perchè mal spiegata e sicuramente apparsa incomprensibile ai tanti che non hanno letto il romanzo.
Assolutamente inspiegabile l’introduzione del personaggio di Angela Finocchiaro, che vediamo in 3scene3, in una sorte di ANGELO protettore obiettivamente inutile. Pessimo il modo con cui sono stati disegnati i tratti di tutti i personaggi ‘secondari’, che nel romanzo hanno una chiara, precisa e perfetta introspezione.
Il politico, qui a dir poco fastidioso, la moglie, qui letta malamente, il figlio, qui trasformato in un pariolino di sinistra, la madre della Ferrari, qui interpretata da una Stefania Sandrelli alla quale vengono affidate le battute peggiori ( il dialogo iniziale con il nipotino sugli aquiloni è semplicemente imbarazzante… per non parlare della scena finale a TRE con la Guerritore e la Ferrari, scritta e girata come peggio non si potesse fare ) sono tutti raccontati male e in modo superficiale, facendo perdere senso alla storia stessa. Sul finale poi, anche questo cambiato, potremmo star qui a parlarne per ore…
Se si vuol fare un film corale, prendendo spunto da un romanzo di 600 pagine che si sofferma in egual modo su tutti i personaggi, o ci si attiene al tutto o si lascia perdere in principio.
Ozpetek ha voluto cambiare, tanto, troppo e soprattutto malamente. L’impronta stalistica del regista esce comunque fuori, facendo vedere tutte le sue indiscutibili qualità, ma la sceneggiatura grida vendetta, non dando scampo al giudizio critico.
Un brutto incidente di percorso per Ferzan, chiamato immediatamente a risollevarsi un’altra volta, magari con un altro melò dei suoi, tanto amati dal pubblico e dalla critica ma a quanto pare disconosciuti dallo stesso regista, che, scappando da essi, è andato incontro al suo peggior film.
Voto:4