Un ritorno al passato che fu, apparentemente. Solo apparentemente.
Intanto perché non ci può essere Salone Margherita senza Pippo Franco, Leo Gullotta e Oreste Lionello, purtroppo scomparso.
Non me ne voglia Martufello, 69enne che con ardore continua a ricoprire il proprio ruolo di burino barzellettiere d’Italia, ma il Bagaglino in tv è chiaramente legato a quei nomi, a quei volti, a quelle voci.
La Presidente, andato in onda su Rete 4 in seconda serata con risate e applausi registrati come in una sit-com anni ’90, ha motivato il perché del Bagaglino avessimo perso ogni traccia, almeno in televisione.
Negli anni ’90 la satira politica di Pier Francesco Pingitore e Mario Castellacci spopolava su Canale 5, con il travestitismo che dominava la scena e i veri politici sempre in prima fila, a farsi perculare. Ero un adolescente all’epoca, oscillando tra i 10 e i 14 anni, ma ricordo che mi divertivo, così come si divertivano i miei genitori.
Poi il lento declino, inesorabile, perché la vera politica è diventata parodia di sè stessa, con autori che non sono riusciti a stare al passo con i tempi. La Presidente Valeria Marini, al Quirinale tra una canzone in playback e balletti paralizzanti, ha visto Manuela Villa negli inediti abiti di comica/cantante, prima Ursula von der Leyen, poi una ridicola Carola Rackete con i rasta e infine Mara Venier. Apprezzabile il tentativo, discutibile la riuscita, per un palco che ha poi abbracciato Morgana Giovannetti, autrice del Pulcino Pio e da bimba prodigio imitatrice proprio del Bagaglino, chiamata a rendere simpatica una sboccata Giorgia Meloni e a far resuscitare Maria De Filippi, che ai tempi d’oro solo Gullotta, abbaiando, si poteva permettere di omaggiare. Enzo Piscopo ha dato forma ad uno sgrammaticato Luigi Di Maio, mentre Mario Zamma, vecchia scuola, si è diviso tra Salvini e Angela Merkel, tra le pochissime donne interpretate da un uomo, perché giustamente da rappresentare come brutta e stronza. Una cosa folle per il Bagaglino dell’epoca, che faceva dell’en-travesti il suo punto di forza. Battute sgonfie, povere, prima fila ‘vip’ atterrita, con scarse risate scovate persino al montaggio e una comicità sovranista che per lunghi tratti ha fatto immaginare ad un Sallusti tra gli autori taciuti. Il Salone Margherita, storico teatro romano, è in crisi da tempo e rischia di chiudere per sempre, con doveroso appello finale di Martufello affinché venga ‘salvato’, in quanto classicone liberty dello spettacolo italiano. Ma è chiaro che questo Bagaglino, malinconicamente e drammaticamente ombra del Bagaglino che fu, non può certo riuscire nell’impresa. E a ribadirlo è stato anche l’Auditel, fermatosi ad un poco esaltante 3.86% di share, con 496.000 telespettatori.