2 ore piene di concerto in un’Arena di Verona gremita come non mai, con migliaia di persone in fila sotto il sole cocente sin dalle 16 del pomeriggio.
Poi le luci si sono spente e Adele, dal fondo dell’Arena, si è letteralmente buttata tra la gente, tipo Messia che prova ad aprire le acque mentre centinaia di braccia si allungano per toccarla, o anche solo a sfiorarla, sulle note di Hello.
Così ha preso vita la prima tappa italiana del tour mondiale di Adele, autentica Regina moderna che della semplicità e dell’essenzialità ha ormai fatto un brand. Perché questa donna da 70 milioni di dischi venduti in 7 anni non ha bisogno di effetti speciali, di ballerini, di palchi iper-tecnologici, di abiti sexy, di coreografie o di maxi schermi fantascientifici per conquistare il pubblico.
Ha la sua voce.
E che voce.
Definirla perfetta sarebbe riduttivo, perché Adele è salita sul palco alle 21:05 (5 minuti di ritardo) e l’ha abbandonato alle ore 23:10. Nel mezzo due ore di assoluta meraviglia vocale, e non solo, avendo a lungo intrattenuto i presenti con deliranti battute, folli e toccati aneddoti, selfie con il pubblico (c’è stata anche una proposta di matrimonio), parolacce a profusione e risate. Tante impronosticabili risate. Lei e la sua tazza piena di non si sa cosa, da sorseggiare al termine di ogni brano, e alle sue spalle 9 violini, 3 coriste, un batterista, due chitarristi, 4 fiati, un bassista. Una ventina di persone che rimangono lì, in disparte, lasciando la scena alla sua unica mattatrice, tra occhi di bue e luci soffuse, schermo in bianco e e nero e pioggia di coriandoli. Ironica, divertente, spiazzante, Adele è una, nessuna e centomila. Apparentemente diva con il suo abito sbrilluccicante e la chioma perfetta, per poi trasformarsi in scaricatore di porto tra una sboccata battuta, una sguaiata e contagiosa risata e un live acustico. Roba da portarla a scolarsi due litri di birra a fine concerto, con rutto libero annesso. D’altronde a cosa servono distrazioni di qualsiasi tipo, quando hai quella voce, quella tenuta vocale, quella capacità più unica che rara di parlare con il corpo, con gli occhi, con il semplice movimento delle mani. Perché Adele è ipnotica, nella sua staticità, calamitando occhi, cuori e attenzioni senza dover far altro che cantare. Chiunque si chieda ancora oggi come abbia fatto questa gigantesca britannica ad aver conquistato il mondo intero dovrebbe semplicemente provare a scoprirla, e a vederla dal vivo. Perché sovrumana nella sua semplicità, mastodontica nella sua imprevedibile leggerezza, inattaccabile dal punto di vista scenico e vocalmente parlando, oggi come oggi, forse inarrivabile.