48 ore da incubo, in cui si è letto davvero di tutto.
L’atroce delitto Varani, che ha visto un 23enne perdere la vita dopo una mattanza ai suoi danni, è come al suo solito finito in pasto a quei media che da sempre, dinanzi ad un fatto nero di cronaca, ci sguazzano dentro. A cambiare le carte in tavola rispetto al passato, in questo caso, la cruenza dei fatti raccontati da uno degli assassini e il fatto che la storia nasconda al suo interno gay ed etero curiosi, prostituzione ed alcool, droghe e verità ancora oggi taciute.
48 ore in cui il circo mediatico ha oltrepassato ogni limite consentito, come di consueto, andando ben al di la’ del doveroso diritto di cronaca.
Il volto di colui che ha confessato il delitto, Manuel Foffo, è ancora oggi segreto, perché sulle prima pagine dei quotidiani sono finiti solo la vittima, Luca, e l’altro presunto assassino, Marco Prato, che domani dovrà dare la sua versione dei fatti agli inquirenti. Volti scovati via social, a differenza di quel Manuel che sembrerebbe non avere profili privati. Nel giro di due giorni il labilissimo confine tra giornalismo e sciacallaggio è stato più e più volte superato, espandendosi a macchia d’olio in quel Facebook in cui chiunque si è sentito in dovere di esporre il proprio pensiero, indossando per un giorno la maschera dell’amata Roberta Bruzzone.
La trama svelata da questo atroce delitto, d’altronde, è pane per i denti dei quotidiani e delle tv nazionali, tra figli di papà benestanti, migliaia di euro di cocaina pippati in una notte, eterosessuali conclamati e dichiaratamente omofobi che parrebbero prostituirsi, tentati suicidi da diva d’altri tempi con i barbiturici, candidati sindaci di Roma che parlano di pericolosa ‘eterofobia’ omosessuale, ex parlamentari principi del foro che attribuiscono la colpa all’omologazione dell’omosessualità, finte paparazzate passate con showgirl di turno fatte tornare a galla senza alcun motivo, ipotetici e anonimi amici che raccontano fatti privati alla stampa, festini inspiegabilmente diventati ‘gay’ (come se cambiassero in base all’orientamento sessuale) e esponenti glbtq nonché ex consiglieri capitolini che provano ad immaginare cosa sarebbe successo se a morire fosse stato un omosessuale per mano di un etero. Come se l’accostamento avesse un senso. Tutto questo mentre l’aperitivo del presunto assassino Prato va comunque in scena come se nulla fosse successo, domenica sera quando la notizia nella capitale si era già diffusa, e il padre di Foffo, a 24 ore dall’ufficialità del delitto, corre da Bruno Vespa per dipingere i lineamenti di un figlio ‘modello’ (ma ricattato dall’altro tramite filmino hard).
Un freak show con ingresso libero a cui tutti, vuoi o non vuoi, stiamo partecipando e a cui bisognerebbe mettere un freno. Anche solo per rispetto nei confronti di chi è morto, dei genitori che lo stanno piangendo e di quelle due famiglie che possiamo immaginare distrutte dalla notte di follia di due figli che in poche ore hanno scritto un’altra assurda pagina nera dell’Italian Horror Story.