Mogol: “non ho paura della morte, ma non chiamatemi paroliere”

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Si prepara a tornare con un concerto evento su Battisti, Giulio Mogol: nel frattempo si racconta, tra passato e futuro.

Mogol e Lucio Battisti.

Mogol e Lucio Battisti (spetteguless.it)

È passato alla storia come “il paroliere” della musica italiana, Giulio Rapetti, in arte Mogol: guai però a chiamarlo così. Una vita passata a fare musica, la chiave per la sua salute, dice, e un’infanzia segnata dall’amore per la madre, che gli ha insegnato a non aver paura della morte. Nel frattempo, si prepara ad un nuovo concerto-racconto incentrato su Lucio Battisti e altri grandi nomi della musica.

Giulio Rapetti Mogol: parole eterne

Classe 1936, Giulio Rapetti Mogol (dal 2006 ha aggiunto il nome d’arte al proprio cognome) è senza dubbio nell’Olimpo della musica italiana. E non solo per l’innegabile sodalizio con Lucio Battisti: le sue parole, immutate nella nostra memoria nonostante il passare del tempo, sono cristallizzate nei brani di personaggi storici del panorama musicale italiano, come Celentano, Caterina Caselli, Bobby Solo, Mango, Riccardo Cocciante e chi più ne ha ne metta.

Mogol.

Mogol (spetteguless.it)

Sua è, ad esempio, “Oro”, che negli ultimi tempi torna in diversi richiami nei pezzi moderni. Perché, in fondo, la magia delle parole di Mogol è questa: sono attuali in qualsiasi momento storico. Attenzione, però, a chiamarlo paroliere: “è una parola impropria”, dice, “è come chiamarmi con il nome di un altro. Noi siamo autori. Giornalisti e giornalai non fanno lo stesso mestiere, giusto?

“Il nostro destino è morire”: il concerto evento su Lucio Battisti

Le sue parole sono eterne, ma lui no: di questo, Mogol, non ha paura: “il nostro destino è morire”, dice senza timore. Una sicurezza nata da un episodio che coinvolse sua madre: “non si piange perché si muore”, gli disse, “moriamo tutti, è il nostro destino”. Negli anni, questa consapevolezza gli ha permesso di vivere bene: “se hai paura non puoi vivere in modo corretto”, spiega Mogol.

 

 

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La chiave, quindi, è “crearsi l’autostima” attraverso l’altruismo, che avrebbe il potere di far sparire la paura della morte. È per questo che l’autore 87enne è impegnato, con la moglie, nel dare asilo, da due anni a questa parte, a due famiglie ucraine. Ma non solo: in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, Mogol ha avviato un progetto che ha come protagonisti i carcerati, invitati a scrivere poesie che saranno pubblicate.

I suoi progetti, comunque, non finiscono qui: domani, 4 luglio, l’autore sarà impegnato in un concerto evento insieme a Gianmarco Carroccia e Emozioni Orchestra: il focus sarà Lucio Battisti, ma si parlerà anche dei numerosi “numeri uno” che insieme a lui hanno fatto la storia della musica italiana. Musica che, secondo Mogol, continua ad essere l’antidoto per “rendere la vita un po’ più bella”.

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