Vecchioni si racconta: ‘Ogni volta che passavo davanti a Procida piangevo’. Le riflessioni del cantautore sulla realtà delle carceri.
Durante il programma In altre parole in onda su La 7, Vecchioni ha rivelato una parte inedita di sé, raccontando qualche aneddoto riguardo la sua esperienza di vita, privata e non.
Roberto Vecchioni, contrariamente a quello che potrebbe sembrare, si autodefinisce secchione tremendo, una persona sempre pronta a studiare quando ce n’è bisogno.
È una persona dall’animo desideroso di sapere, curioso e questa sua parte di sé lo ha sempre spinto ad essere il cosiddetto primo della classe. Il professore di Roberto Vecchioni, quello di lettere, rappresentava per lui una figura fondamentale all’interno del percorso accademico.
Quello fra Roberto Vecchioni e tale professore era un rapporto incentrato sulla stima reciproca: “Vecchioni vieni che ti interrogo” gli diceva e Roberto era pronto ogni volta a rispondere alle sue domande con grande sicurezza.
Il rapporto di Roberto Vecchioni con le carceri
Durante l’intervista poi Vecchioni è passato dal parlare di scuola a parlare di famiglia ed ha mostrato anche qualche foto di sua mamma e suo papà. Quest’ultimo era napoletano, uomo dal classico carattere vivace che caratterizza i partenopei. Però giocava a carte, roulette e cavalli… quindi Vecchioni lo definiva giocatore incallito.
Queste sue passioni lo hanno portato a vincere una bella somma di denaro ma purtroppo, a causa del vizio del gioco, questa somma viene presto persa al casinò. Nonostante questo però Roberto Vecchioni ci tiene a sottolineare quanta forza d’animo e quanta laboriosità avesse suo padre, ammettendo:
“I napoletani sono grandi lavoratori, che nessuno si metta in testa che non lo siano”.
Quello che ha fatto Vecchioni è un ritratto affettuoso e vivido di un grande uomo che ha avuto, fra pregi e difetti, un fondamentale ruolo all’interno della vita dell’artista.
Poi passa ad un argomento totalmente diverso e racconta il suo personale punto di vista riguardo le carceri.
“Quando andavo in vacanza da bambino, a Ischia, si passava davanti a Procida, l’isola. Ogni volta che passavo davanti a Procida io piangevo, avevo sei o sette anni e mio padre mi chiedeva perché io piangessi e io dicevo ‘perché chi sono quei signori lassù?’. C’era il penitenziario di Procida, stavano tutti affacciati alle inferiate e io stavo malissimo a vederli così da lontano, mi sembrava che loro fossero fuori dall’umanità, fuori da tutto e non era assolutamente giusto”.