8 giorni dopo le nomination (“solo” 3 per il suo Gli anni più Belli) e le agghiaccianti polemiche con Favolacce dei fratelli d’Innocenzo, Gabriele Muccino sta ancora così.
A raschiare il fondo del ridicolo.
Ma attenzione, NON PER INVIDIA.
Ce lo ritroviamo così a denunciare “schermaglie”, quando ogni anno, puntualmente, è lui l’unico a farle. L’unico.
A parlare di film “sconosciuti” (c’è anche Checco Zalone…) e “minori”, manco fossero degli appestati, come se i David di Donatello dovessero essere gli MTV Movie Awards, da votare con i like social. Come se gli incassi fossero sinonimo di “amore” da parte del pubblico. Come se tutti i premi del mondo, Oscar in testa, non vedessero sempre più in nomination titoli che hanno incassato due spicci, lasciando ai margini i blockbuster. Com’è giusto e normale che sia, visto e considerato che gli Oscar, esattamente come i David, dovrebbero premiare la qualità, ricevendo voti da chi il Cinema lo fa. Attori, registi, sceneggiatori, tecnici.
Ce lo ritroviamo a denunciare il “clienterismo”, per poi vederlo correre a fare la riverenza per la super mega ultra direttora del Premio.
Da anni Gabriele Muccino regala perle social, ad ogni nomination mancata, ma mai aveva raggiunto simili livelli di incoerenza e tristezza.
Basta meditare, Gabriele. Saluta pure l’Accademia, ce ne faremo tutti una ragione.