«È difficile pensare a questa nuova libertà, alla possibilità di poter frequentare quei luoghi dove andavamo di solito e ritrovarci con gli amici senza almeno immaginare che la parola “libertà” faccia rima con “voglia di stare insieme”. Ecco, è proprio qui il punto. È questa voglia di stare insieme che dovrebbe farci apprezzare ancor di più il concetto stesso di “libertà di movimento”». «Quello che mi sento di scrivere ai miei coetanei, perché di questo si tratta, e a tutti coloro che sono abbastanza grandi da poter decidere di uscire autonomamente e frequentare altra gente, è che questa libertà ce la siamo guadagnata a caro prezzo. Il prezzo pagato dalle vite umane che ci hanno lasciato, e dagli sforzi fatti da tutti gli operatori sanitari che hanno lavorato giorno e notte, lottato senza risparmiarsi affinché si potesse curare il maggior numero di persone possibile. Ebbene è a queste persone e a chi come noi ha rispettato le regole del lockdown che dobbiamo il rispetto che ci viene richiesto in questi giorni di riapertura».
Via LaStampa, Mahmood si è così appellato ai ‘giovani’ d’Italia, che lo scorso weekend si sono riversati in strada e nelle piazze, tra un aperitivo e l’altro, causando assembramenti puntualmente diventati valvola di sfogo social.
Il punto è che se i locali sono aperti, perché ormai tutto ha fortunatamente riaperto, non ci si può neanche stupire se ragazzi e ragazze ci si catapultino, dopo 2 mesi di isolamento casalingo.
Il buonsenso dovrebbe vincere, sempre e comunque, ma la caccia ad un nuovo untore dopo gli indimenticabili runner non è accettabile nè giustificabile. L’isteria social ha stancato, e Mahmood ha ragione nel ricordare quel rispetto che dobbiamo a chi nei due mesi passati si è fatto il mazzo per salvare vite umane. Insomma, aperitivate pure se volete ma fatelo con la testa. Distanziati, e con una mascherina a portata di mano.