Visto nei migliori festival di cinema di tutto il mondo, dal Sundance Film Festival al BFI London Film Festival, nominato agli European Film Awards nella categoria Documentario Europeo, La scomparsa di mia madre di Beniamino Barrese arriva domani sera, mercoledì 18 dicembre alle ore 21.00, in prima tv assoluta su laF (Sky 135).
Protagonista è Benedetta Barzini, icona di bellezza e stile degli anni ’60, musa di artisti e fotografi internazionali come Andy Warhol, Salvador Dalì, Irving Penn, scrittrice, giornalista e docente, con il figlio Beniamino alla regia.
“La scomparsa di mia madre” è la trasposizione visiva dell’intimo dialogo tra un figlio e una madre, che, a 75 anni, sceglie di “scomparire”, di lasciare la propria quotidianità e gli affetti e iniziare un’altra vita, lontana da tutto ciò che ha sempre conosciuto.
“Ho sempre avuto l’illusione che nessuno mi abbia mai fotografata. Ho interpretato dei ruoli, con le ciglia lunghe, il trucco, gli infiniti cambi d’abito, ma la mia persona non è fotografabile”. È così che Benedetta Barzini introduce il tema cardine del documentario, quello dell’immagine: della donna nella società degli anni ’70, vincolata allo stereotipo della maternità quale sublimazione del suo ruolo biologico e sociale, e di se stessa come icona di una bellezza sfuggente che non riconosce come merito.
In un’alternanza tra girati contemporanei e video di repertorio, tra il racconto in prima persona e senza filtri della protagonista e la scelta di affidare a diverse attrici la narrazione di alcuni momenti cruciali della sua vita e della sua carriera, emerge la poliedrica personalità di Benedetta Barzini: modella e antropologa della moda controcorrente, femminista e attivista per i diritti delle donne, madre che sceglie di “ferire se stessa” per assecondare il desiderio del figlio di riprendere il periodo antecedente alla propria scomparsa.
“Il lavoro che stiamo facendo, è un lavoro di separazione” – racconta la Barzini alla telecamera del figlio. “Tutto il lavoro si basa esclusivamente sul tuo desiderio di farlo, e non sul mio desiderio di vederlo fatto. Come fai a dimenticarti ogni volta che io non ho niente a che fare mentre tu hai tutto a che vedere con l’immagine? Questo problema è insolvibile e lo sarà fino alla fine”; “Io odio la memoria, non la voglio, non la capisco. Non ci serve per andare avanti. Capisco che il cinema voglia le immagini, ma le immagini sono quello che io disprezzo”.