6 giugno 1998.
Quella sera, sulla HBO, andava in onda la prima storica puntata di Sex and the City, serie ideata da Darren Star, già creatore di Beverly Hills 90210 e di Melrose Place, tratta dall’omonimo romanzo di Candace Bushnell.
Fu da subito un successo clamoroso, perché mai sul piccolo schermo qualcuno aveva ritratto le donne in quel modo. Così franco, onesto, sessualmente libertino, con gli uomini per la prima volta ai margini di una storia centrata sull’amicizia, sul sesso, sulla ricerca dell’amore.
Inarrivabile cult LGBT, anche se assai ricco di cliché nella rappresentazione della nostra comunità, Sex and the City ha cambiato per sempre la serialità televisiva.
94 puntate in sei stagioni, oltre cinquanta candidature agli Emmy Award, vincendone sette, e ventiquattro ai Golden Globe, vincendone otto.
Due film in grado di incassare rispettivamente 415,253,641 e 288,347,692 dollari in tutto il mondo, ma soprattutto personaggi iconici, episodi conosciuti a memoria, cofanetti home-video venduti come l’acqua al supermercato e rapporti tutt’altro che inaffondabili, visto l’odio maturato negli anni da Kim Cattrall nei confronti delle tre colleghe Sarah Jessica Parker, Kristin Davis e Cynthia Nixon, fresca candidata Governatrice di New York.
20 anni dopo Sex and the City è indubbiamente invecchiato, e neanche benissimo (soprattutto le prime stagioni), ma quanto fatto in quegli ultimi anni di fine millennio sparigliò le carte in tavola.
Ecco perché ancora oggi, 20 anni dopo, Sex and the City è Sex and the City.