Centinaia di appuntamenti in tutta Italia, piazze piene, associazioni in strada, iniziative ovunque.
La Giornata Internazionale contro l’omo-bi-transfobia non è mai stata tanto partecipata, nel Bel Paese, 14 anni dopo la prima volta.
Negare che l’omo-bi-transfobia esista significa semplicemente sbugiardare la realtà quotidiana, che vede tutti noi, tra lavoro, scuola e vita comune, vittime di atteggiamenti discriminatori.
Perché non esiste solo la violenza fisica, ma anche quella verbale, che il più delle volte fa ancor più male di un pugno.
Ogni giorno, fa sapere il numero verde Gay Help Line, 50 persone telefonano per chiedere aiuto, per denunciare un abuso.
La stragrande maggioranza delle persone LGBT non denuncia quanto avvenuto, perché timorose, quasi imbarazzate. Ecco perché non esistono statistiche ‘attendibili’, nei confronti dell’omo-bi-transfobia, ma fingere che non ci sia e che non sia un problema centrale da dover immediatamente affrontare significa semplicemente negare l’evidenza, discriminare ulteriormente una fetta di popolazione ancora oggi priva di diritti.
Da 5 anni è ferma in Parlamento una legge contro l’omofobia, mentre 5 Stelle e Lega, da 80 giorni protagonisti di una ridicola soap opera politica, non ne hanno mai parlato in tutta la campagna elettorale, cancellandola persino dai propri programmi.
Eppure l’urgenza c’è, è evidente, e a raccontarlo è la cronaca di questi ultimi mesi, con pestaggi da nord a sud, dall’accogliente Milano alla Capitale Roma.
Perché l’omofobia non conosce limiti regionali.
Monica Cirinnà, sempre lei, ha presentato un DDL formato da 4 articoli a nome del Partito Democratico, chiedendo al Parlamento di sposarlo, perché non c’è più tempo da perdere.
Oltre le parole, che oggi saranno tante, tantissime, vorremmo ‘fatti’.
Concreti, rapidi, prima che ci scappi il morto.