“Il quesito è di tipo statistico-demografico, assolutamente quindi non di fisio-patologia, infatti era inserito nell’ambito del questionario (150 quesiti) svolti la mattina quando il Progress test è orientato sulle Scienze di Base (fra cui la statistica, la demografia e la sociologia, oltre alle scienze bio-mediche pre-cliniche)”.
“La Conferenza afferma con forza che l’insegnamento svolto nei Corsi di Studio di medicina e chirurgia italiani, di cui la stessa si fa garante, è libero da ogni condizionamento politico, religioso, sociale, razziale e comportamentale e che chiunque conosca il lavoro svolto dalla Conferenza e da tutti i suoi componenti, sa bene della coerenza, su questo punto, di tutti i suoi componenti che si applicano costantemente alla migliore preparazione dei nostri studenti sia nel lavoro giornaliero di coordinamento dei Corsi di Studio sia nelle frequenti riunioni di confronto e nelle pubblicazioni sulla propria rivista”.
“Qualsiasi altra interpretazione del quesito in questione è destituita da ogni fondamento ed è frutto esclusivamente di una non informazione sulla struttura e sulla modalità di esecuzione del Progress test“.
Così il professor Andrea Lenzi, presidente della Conferenza dei presidenti di Medicina e Chirurgia, ha difeso e motivato il quesito posto a 33.000 studenti di Medicina che nella giornata di ieri aveva suscitato scandalo.
Persino la Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli aveva esternato imbarazzo e fastidio nei confronti di quel test, con queste parole.
«È francamente incredibile e a dir poco inaccettabile che l’omosessualità sia stata inserita nella categoria delle malattie. Mi auguro che la Conferenza dei corsi di laurea in medicina provveda ad eliminare dall’elenco delle domande del Progress test quel vergognoso quesito, che le risposte ad esso date non siano tenute in considerazione ai fini della valutazione del progresso nell’apprendimento di studentesse e studenti, e che il responsabile di quanto accaduto sia adeguatamente sanzionato. Discriminazioni, totale mancanza di rispetto, simili livelli di ignoranza sono elementi con cui mai vorremmo venire a contatto tanto meno nelle università italiane, che sono luoghi deputati non solo alla conoscenza, ma all’alta formazione, con tutto quel che questo significa. In termini culturali e di civiltà».