‘Siamo 700.000’, hanno urlato gli organizzatori una volta arrivati alle porte di Piazza Venezia.
Numeri non ne voglio dare, perché è un giochino al rialzo/ribasso come sempre assai discutibile, ma in 15 anni di Pride romani raramente avevo visto tanta gente sfilare.
Strade intasate per quasi l’intero percorso, con i carri in difficoltà a farsi spazio tra centinaia di migliaia di persone festanti, colorate, allegre, felici per i primi diritti ottenuti ma ancora non del tutto soddisfatte a causa dei tanti ancora assenti. Per arrivare da Piazza della Repubblica a Piazza Venezia ci sono volute quasi 3 ore. Questo per far capire il pazzesco colpo d’occhio, immortalato dagli increduli turisti in finestra.
Grandi applausi per le famiglie arcobaleno e per il carro Agedo, con Monica Cirinnà regina di selfie tra la gente comune. T-shirt nera del World Pride per la disponibilissima senatrice che si è fatta l’intero corteo a piedi, senza negare una foto a nessuno. Era dall’EuroPride che vide Lady Gaga cantare al Circo Massimo che non si vedeva una simile partecipazione.

Massiccia, rumorosa e travolgente, con tantissimi giovani che rappresentano il felice futuro di una generazione che si è orgogliosamente accettata, tanto da non porsi neanche il problema del ‘perché’ partecipare. Roma sembra essersi risvegliata da un lungo letargo, che l’ha finalmente resa un pelo più civile al cospetto delle altri grandi Capitali europee. Quel che si è percepito, in questo lungo, caldo e stupendo pomeriggio romano, è il senso di ‘libertà’ che fino a poche settimane fa si sentiva quasi frenato dall’assenza di diritti nei nostri confronti. Come se si fosse sbloccato un qualcosa che ha automaticamente riversato uno tsunami di omosessuali a cielo aperto, senza maschere costrittive, perché ‘uguali’ agli altri. Ma non ancora del tutto, ed è anche per questo motivo che un Pride così partecipato, gaio, variegato e scengoraficamente unico al mondo ha la necessità di esistere.