#DirittiAllaMeta, partecipazione mediocre ma rivendicazioni sacrosante

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  CczKB40UcAAsuZL C’erano vento e freddo, e alla fine è arrivata persino la pioggia.
3 ore abbondanti di manifestazione (tante, troppe), con decine di interventi (tanti, troppi e alcuni esageratamente polemici), un paio di inutili balletti, un discutibile sketch di satira cattoestremista con finta suora e una Piazza del Popolo piena a metà. O vuota a metà, dipende dai punti di vista.
E allora lo dico subito, perché odio l’ipocrisia spinta.
Mi aspettavo molta ma molta più gente, per questo 5 marzo capitolino che dopo anni richiamava in piazza l’intero associazionismo omosessuale italiano. E non attraverso un gay pride bensì con un evento statico, di dibattito politico. Un palco, un microfono e delle chiare e sacrosante rivendicazioni. Decine di pullman sono arrivati a Roma da più parti dell’Italia così come tanta gente è piombata nella Capitale in treno, eppure la 3° piazza romana in ordine di grandezza (17.100 metri quadrati, capienza massima di 65.000 persone) non è probabilmente andata oltre i 20.000 manifestanti (per la gioia degli Adinolfi del Bel Paese). Pochi, troppo pochi. Ce n’erano di più in Duomo due settimane fa, probabilmente, e non si può festeggiare perché ‘abbiamo fatto più di Salvini un anno fa’, come sottolineato dalla Innocenzi. Ed allora bisognerebbe porsi qualche domanda, sulla pigrizia dell’omosessuale romano che troppo spesso se ne sta a casa dinanzi ad eventi che non prevedano carri musicali, sul peso dell’associazionismo glbtq nazionale e sul mancato recepimento esterno del SENSO di una simile manifestazione, evolutasi nel corso degli ultimi 10 giorni a suon di comunicati. Prima traboccanti anacronistica rabbia nei confronti della Cirinnà e del Governo, poi leggermente più docili ed infine centrati esclusivamente sul matrimonio egualitario. Non propriamente un chiaro biglietto da visita per lanciare una manifestazione nazionale.


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Chi c’era, fregandosene di vento e freddo, ha comunque vinto, perché partecipe di un qualcosa che potremmo quasi dire epocale, visto e considerato che mai l’associazionismo glbtq italiano, di suo sempre assai stupidamente rissoso, si era visto tanto unito sotto un’unica bandiera arcobaleno. Quella dei diritti uguali per tutti.
A trionfare, con i passeggini, le bandiere viola, i nonni, i genitori, i ciucci e i palloncini, i bimbi delle famiglie arcobaleno, ovvero i veri sconfitti della partita giocata al Senato sul DDL Cirinnà. Figli che esistono all’interno di famiglie piene d’amore che meritano rispetto, e a cui il parlamento tutto dovrà prima o poi ascoltare. Applausi anche a quegli artisti che hanno voluto metterci la faccia, vedi Emma Marrone e Paola Turci che sono andate oltre lo stato social, per una sequela infinita di interventi tendenzialmente centrati sullo stesso argomento, e vuoi o non vuoi ripetitivi, tanto da poter tranquillamente andare incontro ad una sana sforbiciata. Però dopo decenni di silenzio tutti, ma proprio tutti, hanno voluto prender parola per ribadire ciò che a molti può sembrare eccessivo, ‘perché sti froci non s’accontentano mai’, ma che non è altro se non una sacrosanta e doverosa pretesa. Perché i diritti, da che mondo e mondo, chiedono il pacchetto completo.
E allora sì, signori miei, noi vogliamo tutto, senza limitazioni e accordi al ribasso che continuino a discriminare, separando i cittadini in base al loro orientamento sessuale. E se non ora, perché la realtà italiana fa purtroppo a pugni con la realtà civile e democratica di molti altri paesi occidentali, il prima possibile.

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Un'onda immensa…tutta arcobaleno!

Pubblicato da Marilena Grassadonia su Sabato 5 marzo 2016

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