C’è un’aria strana, attorno alla piazza del 5 marzo prossimo che vedrà il movimento glbtq scendere in strada unito a pochi giorni dal passaggio in Senato del DDL Cirinnà.
Me ne sono reso conto ieri sera all’Alpheus, discoteca gay romana. Durante la serata sono saliti sul palco due rappresentanti dell’associazionismo capitolino per ricordare l’appuntamento e ‘caricare’ i presenti, ricevendo in cambio una gelida indifferenza che mi ha lasciato di sasso. Come se a nessuno importasse niente. Come se nessuno capisse il motivo di questo ‘ritrovo’ di piazza. Come se i toni utilizzati (‘leggina’, ‘vogliamo tutto’) fossero esageratamente polemici.
E allora eccolo qui, l’ennesimo comunicato (by ARCIGAY) degli ultimi giorni su una piazza che ha diviso il mondo gayo italiano, anche perché strattonata da una parte all’altra, tra chi sbraita e chi rilancia, tra chi si incazza e chi propone. Decidetevi, ragazzi miei. Perché questo continuo sali-e-scendi sulle montagne russe fa male alla manifestazione e al movimento tutto.
“L’approvazione della legge sulle unioni civili al Senato, il dibattito politico e il percorso che l’ha segnata non può non porci degli interrogativi su cosa fare e su come proseguire la nostra azione”. “Abbiamo seguito con passione l’iter di questa legge, proseguendo l’opera della nostra associazione che da 30 anni si batte per i diritti”. “La legge licenziata dal Senato è una legge che non ci soddisfa e che poteva essere decisamente migliore, ma dobbiamo essere consapevoli che per quanto mal scritti e frutto di indicibili trattative, vi sono all’interno diritti che appartengono a molte delle nostre battaglie e costituiscono una risposta concreta ai bisogni di tante persone e non erano affatto scontati vista la mole di avversari che abbiamo avuto di fronte. Abbiamo perso sul fronte del riconoscimento legislativo della Stepchild, ma abbiamo impedito che fosse preclusa dalla stessa legge, lasciando aperta la partita su questo delicatissimo punto. Ora che questa legge si appresta a vedere la luce, osserviamo che tra le persone LGBT di questo Paese sono due i sentimenti che dominano: da una parte l’amarezza per come la legge è stata scritta e approvata e per la Stepchild che non c’è, dall’altro la soddisfazione per il primo concreto passo in avanti nel riconoscimento dei diritti, che per quanto malfatto è pur sempre il primo che cambierà realmente la vita di milioni di persone”. “Non possiamo negare che nella nostra comunità, nella nostra gente e anche in noi stessi vi siano questi due sentimenti, e non possiamo ignorare né l’uno né l’altro. Il nostro compito è riuscire a fondere insieme questi due aspetti e sfruttarli per dare forza alla nostra marcia verso l’uguaglianza canalizzando in chiave positiva sia l’arrabbiatura per quello che volevamo e non c’è ancora, sia la soddisfazione per aver strappato questo maldestro primo passo al nostro parlamento”.
“La legge sulle Unioni Civili deve ancora essere approvata dalla Camera dei Deputati e noi vigileremo affinché le tutele in esse contenute non vengano meno, così da dare la possibilità a tantissime persone di mettere in sicurezza le proprie famiglie, esigenza che ovviamente non possiamo ignorare. Dopo questo passaggio il nostro impegno continuerà, con ancora più forza e determinazione, per superare i distinguo che sono scritti in quella stessa legge e per conquistarci i diritti che in quella legge non ci sono, a partire dalla tutela dei nostri figli e figlie e al riconoscimento della nostra eguale capacità di essere genitori e cittadine e cittadini come chiunque altro”.
“Il 5 marzo a Roma noi diremo con chiarezza a coloro che pensano di poterci accontentare con questi provvedimenti che siamo solo all’inizio e che Arcigay, insieme alle altre associazioni, continuerà più decisa di prima a fare tutto ciò che serve per dire basta a coloro che pensano di poterci negare la piena cittadinanza e che pensano di poterci metterci su un gradino più basso rispetto agli altri cittadini Questa legge non è un punto di arrivo, è un punto di inizio, la strada verso l’uguaglianza, il matrimonio egualitario e la fine di ogni tipo di discriminazione è ancora lunga e noi la percorreremo con forza e determinazione perché vogliamo niente di meno che tutto.”