L’omofoba Italia vista da Mykonos – il desolante quadro di un Paese indifendibile

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7 giorni di totale ‘stacco’, perché per uno come me che vive 50 settimane l’anno praticamente sempre connesso, cestinare per 10 giorni il computer equivale di fatto ad un orgasmo con doppia panna. Eppure anche dalla meravigliosa Mykonos, solitamente tornato dall’aperitivo e con il wi-fi di nuovo a disposizione, un’occhiata alla mia amata Italia l’ho sempre data. 15/20 minuti al giorno, via iPad, per capire cosa stesse capitando nel Bel Paese e rimanere basiti. Perché l’incancrenita omofobia tricolore vista dall’estero fa ancora più paura e sconcerto. In 7 giorni appena ho dovuto mandar giù tanti di quegli orrori da voler chiedere asilo politico a Tsipras, da poco dimessosi e alla guida di uno dei pochi Paesi democratici ed occidentali a non avere tutele nei confronti dei diritti glbtq. Insieme al nostro, ovviamente. Eppure la Grecia non è l’Italia e Mykonos, da sempre meta gay per antonomasia, ne è la colorata, esagerata e clamorosa dimostrazione.
La folle polemica che ha avuto come protagonisti il becero neo Sindaco di Venezia ed Elton John ha avuto risonanza mondiale, con quello sfondo Twitter legato al ‘frocio’ nei confronti di Mika che grida immonda pena, ma la settimana agostiana tricolore è poi proseguita continuando a partorire autentiche assurdità. Mentre il qui presente sorseggiava mojito tra centinaia di etero (coatti) e gay (palestrati) tutti appassionatamente e serenamente ammassati in una spiaggia greca, quotidianamente illuminata dalla sublime drag napoletana Priscilla, a 1000 km di distanza un ragazzo veniva ‘cacciato’ e insultato dal lido siciliano perché gay, mentre a Venezia una coppia veniva aggredita da 5 balordi per un semplice bacio. Sempre e solo perché omosessuali. In quel di Milano, invece, ha preso vita un nuovo convegno omofobo con logo EXPO made in MARONI, mentre Domenico Dolce e Stefano Gabbana, improvvisamente, si sono  rivolti ad un magazine internazionale per chiedere scusa delle fregnacce vomitate 6 mesi or sono nei confronti dei figli ‘surrogati’ e dei loro genitori. Dopo aver difeso l’indifendibile per 200 giorni, appellandosi con evidente e sfacciato coraggio al paravento del ‘diritto di parola’, i due stilisti hanno finalmente fatto marcia indietro, perché probabilmente toccati nel portafoglio (vedi calo vendite?). ‘Meglio tardi che mai’, direte voi. ‘Meglio collegare il cervello alla bocca prima di aprirla’, dico io. Se questo fosse successo, è evidente, ci saremmo evitati sterili e imbarazzanti polemiche sul nulla cosmico con vista panoramica sull’ostentata ignoranza.
Se i miei miseri 7 giorni di vacanza greca sono apparsi al sottoscritto come un rapido scocchio di dita, perché letteralmente volati, qui, nel Bel Paese, in 7 giorni sono andati in scena episodi che in altri angoli del mondo avrebbero caratterizzato interi mesi d’agenda setting. E’ infatti la loro enorme e sempre più frequente ‘quantità’ a sconcertare. Anche perché portatrice sana di assuefazione. Il vergognoso caso di omofobia del dì deve troppo spesso lasciar spazio mediatico ad un baldanzoso ‘collega’, che prontamente arriva in sua sostituzione. Come se fossimo in una staffetta xenofoba, in cui i passaggi si fanno purtroppo sempre più rapidi.
Con il Parlamento chiuso, i ministri in vacanza e il Premier in altre faccende affaccendato, l’omofoba Italia è così riuscita a dare il peggio di se’ persino in vacanza, tra una notte delle stelle e un pranzo di Ferragosto, ampliando ancor di più quella siderale distanza che ci separa dal resto del mondo ‘civile’. Tornare a casa dalle ferie con questa triste consapevolezza è sconfortante, eppure questo siamo diventati. Un Paese miseramente e sempre più indifendibile.

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