“It’s #HUMAN Pride” – ecco la campagna dell’Onda Pride 2015

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In questo 2015 ancora senza diritti per i gay d’Italia, saranno in tutto quindici le città che tra giugno e luglio saranno attraversate dall’Onda Pride, la grande mobilitazione dell’orgoglio che chiede riconoscimento e diritti per le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali. “It’s #HUMAN Pride” è lo slogan che unisce le quindici tappe di questa Onda, che partirà il 6 giugno da Verona, Pavia e Benevento fino ad arrivare a Reggio Calabria il 1° agosto, dopo aver attraversato tutto il paese: il 13 giugno a Roma, il 27 giugno a Torino, Milano, Bologna, Perugia, Palermo, Cagliari, il 4 luglio a Foggia, Genova e Catania, l’11 luglio a Napoli.
Darà il “la” alla mobilitazione il festival Cromatica, prima kermesse di cori lgbt in Italia, in programma a Bologna il 30 e 31 maggio.
Quindici Pride, un solo grido: “It’s #HUMAN Pride!”. Non un grido di sofferenza, ma un grido d’orgoglio. Un grido assertivo, non aggressivo. Un grido per qualcosa e non contro qualcuno. Questo grido caratterizza la campagna nazionale “It’s #HUMAN Pride!”, che scandirà i giorni che ci separano dalla mobilitazione e la accompagnerà nelle sue tappe. La campagna racconterà le storie vere di persone di ogni genere e orientamento sessuale. Le storie, assieme al documento politico, ai video e a tutte le informazioni relative ai quindici Pride, sono consultabili online sul sito www.ondapride.it.
Questo il documento POLITICO ufficiale:

Quest’anno il movimento dei Pride, che dagli anni Novanta a oggi ha percorso tutto lo Stivale, rinnova il suo appuntamento con la piazza. Anzi, le piazze: ancora una volta la rivendicazione dei diritti, dell’autodeterminazione, della visibilità gay, lesbica transgender, bisessuale, queer e intersessuale, della liberazione dei corpi, si articolerà in un’onda che attraverserà 15 città, per risvegliare nel Paese il sentimento dell’orgoglio.
Quindici cortei in un’unica potente cornice, per dare più forza e coerenza alle nostre rivendicazioni e battaglie. Tutte e tutti assieme offriamo al Paese il nostro impegno e la volontà di rappresentare una risorsa di cambiamento e crescita di tutta la società.
Negli anni, anche e soprattutto grazie a forme di lotta e di mobilitazione come i Pride, la società e i media generalisti sono in gran parte entrati in relazione positiva con la nostra comunità producendo in molti casi sensibili miglioramenti nella percezione delle persone LGBTQI, dei nostri bisogni e delle nostre richieste e stimolando una cultura che valorizzi le differenze, le relazioni, lo scambio e il confronto. Un progresso non lineare né tantomeno unanime, purtroppo: all’evolvere del dibattito e del riconoscimento pubblico delle persone lgbtqi corrisponde il radicalizzarsi del conflitto con gruppi minoritari di conservatori, ultracattolici e neofascisti, presenti tanto nella società civile quanto nelle istituzioni e resi forti dalla lobby vaticana. I dodici mesi che abbiamo alle spalle forniscono un racconto quotidiano della loro trincea, fatta di manifestazioni di piazza (dai Family day, alle Sentinelle in Piedi ai presidi dei prolife), mistificazioni mediatiche, ostruzionismo parlamentare, veti politici, abusi di potere, invettive dai pulpiti, sabotaggio di diritti acquisiti. Attacchi che per quanto ci sforziamo di relegare nell’invisibile, affinché invisibili siano davvero, non possiamo negare abbiamo una loro efficacia, infierendo sulle vite delle persone lgbtqi, minando la loro sicurezza e quella degli ambienti in cui vivono.
Il nodo del problema in Italia persiste e sta nelle Istituzioni e nei partiti politici che le compongono: su quel fronte registriamo non solo l’ennesimo “nulla di fatto” ma anche una serie allarmante di aggravanti, tra cui quella di un dibattito pubblico iniettato di superstizione e incompetenza o addirittura l’uso improprio di ruoli istituzionali per condurre battaglie ideologiche ai danni delle persone lgbtqi. Le istituzioni nazionali ancora oggi non sono in grado di mettere in campo risposte legislative convincenti alle rivendicazioni che il nostro movimento esprime e di fatto aumentano la distanza tra una realtà in rapida evoluzione e lo Stato che dovrebbe governarla. Questa dolosa inerzia del legislatore appare tanto più grave ed evidente se messa in relazione ai progressi che si
sono registrati sul fronte dei diritti delle persone LGBTQI in sempre più numerosi paesi europei e nel resto del mondo.
Il teatro in cui si svolge il nostro agire quotidiano – di singole persone lgbtqi e di associazioni – porta in sé i caratteri non mutati della crisi che ci colpisce ormai da troppo tempo e che nel nostro Paese in particolare ristagna, mentre in altre parti d’Europa e del mondo già si vedono i segnali di una ripresa. Crisi economica, certo, ma anche crisi di idee, di sentimenti, di desideri. Un fenomeno frutto di strategie sovranazionali irresponsabili che hanno messo in secondo piano l’economia reale e i bisogni sociali rispetto alle dinamiche della finanza internazionale, e che hanno prodotto un restringimento di fatto degli spazi di libertà e aggravato la condizione di discriminazione e di esclusione dei gruppi sociali più deboli. La crisi ha inoltre favorito l’ampliarsi delle disparità sociali e il dilagare di estremismi e populismi, quasi sempre caratterizzati da venature violentemente razziste, sessiste e omofobe. Ed è proprio la crisi a fornire alle forze politiche l’alibi per rinviare, svilire e svuotare la risposta alla nostra domanda di piena uguaglianza e di contrasto a ogni forma di discriminazione. Non solo: sono questi i tempi in cui anche le conquiste che parevano più consolidate rischiano di venir messe nuovamente in discussione, dipingendo scenari di vera e propria regressione. Tra i casi più eclatanti quello legato al diritto delle donne di accedere alla contraccezione di emergenza o di praticare l’IGV, contro i quali agisce nei presidi sanitari pubblici un’imposizione di coscienza, confessionale o carrieristica, che di fatto neutralizza le disposizioni della legge 194. Anche il ddl Buona scuola voluta dal Governo Renzi punta a stravolgere gli equilibri all’interno del delicato mondo dell’istruzione. Assegnando ampi poteri discrezionali ai dirigenti, tra le altre cose, accresce enormemente i rischi di discriminazioni o pressioni su insegnanti potenzialmente scomodi a causa del loro orientamento sessuale o identità di genere o per le loro idee o per delle proposte educative che non dovessero risultare gradite. A questo si unisce la scelta di non aver voluto menzionare, nella riforma, percorsi di contrasto al bullismo e di educazione alle differenze fortemente avversati dagli integralisti. Ribadiamo con forza la libertà di insegnamento garantita dalla nostra Costituzione alle e agli insegnanti, in una scuola pubblica e davvero laica. E analoghe derive si manifestano in numerosi altri ambiti – dall’immigrazione, al lavoro, alla salute, all’accesso ai servizi – dove si percepisce un progressivo sgretolarsi delle rare politiche di inclusione messe in campo.
!Nella latitanza della politica, è il potere giudiziario a rappresentare l’unico argine a questa deriva. Sono infatti le sentenze dei tribunali e delle Alte Corti ad aver aperto in questi anni le poche brecce di riconoscimento per i diritti delle persone lgbtqi e ad averle tutelate da chi, abusando di ruoli e funzioni pubbliche, reiterava la negazione.
I quindici Pride che compongono la nostra Onda sono l’antidoto e la risposta, sociale e culturale, per chi in questo paese ancora erige muri. Tutti assieme esprimono con forza il coraggio di rappresentare l’arcobaleno dei nostri desideri: per una vita differente, per un amore rivoluzionario, per un corpo in salute e rispettato comunque si manifesti, per la fruizione di diritti, per autodeterminarsi in piena autentica libertà. La prospettiva delle nostre rivendicazioni spazia dall’ambito dei diritti civili e umani a quello dell’identità, dell’autodeterminazione delle scelte, della laicità, della lotta alla schiavitù di mafia e ‘ndrangheta, della liberazione. La nostra visione della società, infatti, non segmenta le nostre esistenze ma propone un’ottica integrata in cui la promozione dei diritti umani e civili delle persone LGBTQI va di pari passo ai diritti di tutti i gruppi sociali discriminati, marginalizzati e sotto attacco, con le istanze delle
donne, del mondo del lavoro, della precarietà, delle nuove povertà, di giovani, disabili, migranti.
Le richieste storiche del movimento lgbtqi, di piena parità, dignità e libertà declinate in leggi e diritti come il matrimonio egualitario, il riconoscimento delle unioni civili e di fatto, della genitorialità, dell’identità trans, della tutela della salute e del contrasto alle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere e del diritto di scelta e autodeterminazione si arricchiscono, quindi, di una visione integrata della società e su una democrazia che si regga sul confronto, la valorizzazione delle differenze, la solidarietà.
I Pride, con la loro carica di visibilità per qualcuno ancora eversiva, con la forza dei nostri corpi e delle nostre vite che scendono in piazza, sono la risposta più potente all’imperativo di omologazione che domina lo spazio pubblico. I quindici cortei dell’Onda Pride rappresenteranno anche quest’anno il punto di massima espressione pubblica della nostra comunità, della forza e molteplicità dei nostri affetti e delle nostre famiglie non omologate. Un’eterogeneità alla quale dà voce l’ampio panorama delle nostre diverse realtà associative, che tutti i giorni, sui territori, offrono servizi e punti di riferimento per la comunità lgbtqi e si battono in difesa dei valori fondanti la democrazia e la libertà, con i mezzi dell’attivismo, del volontariato e della passione politica e civile.
Scendendo in piazza, sollevando lungo tutto il Paese l’onda dell’orgoglio, prendiamo parola per rivendicare il diritto a una piena cittadinanza in Italia per le persone gay, lesbiche, transgender, bisessuali, queer, intersessuali. Servono leggi che parlino di uguaglianza, di laicità, di autodeterminazione. Servono azioni concrete di contrasto ai crimini e alle parole d’odio, alle discriminazioni, alla messa ai margini. Servono una cultura delle differenze e una nuova educazione alle affettività, scuole inclusive e al sicuro dalle manipolazioni dei poteri forti, luoghi sani in cui investire sulle future generazioni di cittadini e cittadine; servono politiche del lavoro che sappiano farsi carico della diversità e valorizzarla, anziché considerarla un ostacolo per l’accesso. Pensiamo, in particolare, alle persone trans che a causa della loro visibilità e dell’incongruenza tra i documenti di identità e il loro aspetto esteriore troppo spesso sono escluse dal mondo del lavoro e perciò condannate alla marginalità. D’altronde in Italia il cambio di sesso anagrafico è vincolato all’intervento chirurgico definitivo, cioè la sterilizzazione del soggetto. Un’inciviltà che è costata all’Italia numerosi richiami in sede internazionale, mentre la proposta di legge che ne permetterebbe il superamento giace depositata in Parlamento senza alcuna prospettiva di essere calendarizzata in questa legislatura.
Inoltre va rimesso al centro il diritto inalienabile per tutte le persone alla salute, a ricevere cure e assistenza. Le Istituzioni, a tutti i livelli e competenze, devono tornare a investire sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, sulla comunicazione in merito e sull’educazione sessuale. Il Movimento lgbtqi e i Pride respingono con forza la discriminazione e lo stigma nei confronti delle persone in HIV e in AIDS e chiedono che il Sistema Sanitario Nazionale continui a garantire anche per il futuro la gratuità, qualità e adeguatezza delle cure.
Infine siamo fermamente convinti che la libertà di ogni persona possa esprimersi solamente in un contesto sociale e politico estraneo alla criminalità organizzata: mafia, camorra, ‘ndrangheta sono nemiche della civiltà e pertanto un ostacolo evidente al radicamento di una vera cultura dei diritti. Tra le nuove frontiere di azione e rivendicazione del movimento, oggi più che mai è necessario focalizzare la lotta a tutte le mafie, così come l’opposizione ai clientelismi e alle subculture che operano attraverso l’oppressione.

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