Sei la mia vita, la Roma gay degli anni ’70 e ’80 tra amore e ricordi di Ferzan Ozpetek

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56enne turco naturalizzato italiano, Ferzan Özpetek ha segnato il cinema nostrano degli ultimi 20 anni.
Un’impronta inconfondibile la sua, fatta di sentimenti misto tematiche glbtq con titoli il più delle volte in grado di parlare al cuore, affrontando temi un tempo ancora tabù per il Bel Paese. Il debutto al Festival di Cannes con Il Bagno Turco; il ritorno sulla Croisette con Harem Suare; l’espolosione di critica e di pubblico alla 3° prova, con le Fate Ignoranti; la consacrazione definitiva due anni dopo con La finestra di fronte; lo scivolone immeritato con Cuore Sacro; la rinascita dopo 3 anni di silenzio con Saturno contro; la caduta rovinosa con Un giorno perfetto, sbertucciato a Venezia e dai più dimenticato; il ritorno ad un ‘suo’ cinema con Mine vaganti ed infine due progetti incompleti e insoddisfacenti rispetto ai suoi standard come Magnifica Presenza ed Allacciate le cinture.
10 film in 17 anni, 2 David e 5 nastri vinti, una mostra celebrativa al MOMA di New York e due romanzi, entrambi editi da Mondadori. Il primo, Rosso Istanbul, sarà il suo prossimo film mentre il 2°, appena pubblicato ed intitolato Sei la mia Vita, è una sorta di dialogo a cuore aperta all’amore di una vita. Simone, da oltre 14 anni al suo fianco.
Un romanzo ‘auto-biografico’ in cui Ozpetek pennella i tratti di una Roma spaventosamente bella, libera, esplosiva, viva.
La Roma degli anni ’70 ed ’80. Perché Ferzan sbarcò nella Capitale giovanissimo e quasi da subito andò a vivere proprio in quel palazzo che tutti noi abbiamo imparato a conoscere e ad amare con le Fate Ignoranti. Palazzo in cui vive tutt’ora, con vista sul Gazometro. Zona Ostiense.
Con Sei la mia vita Ozpetek scrive pagine piene d’amore nei confronti del compagno, rivelando passo passo episodi della sua esistenza romana abbondantemente visti nei suoi film. Perché è da qui, dalla quotidianità, che Ferzan trae ispirazione. I fantasmi di Magnifica Presenza, le cene domenicali in terrazza de Le Fate Ignoranti, il vecchio elegante e smemorato de La Finestra di Fronte, il doppio coming out di Mine Vaganti, le notti al capezzale dell’amico in coma di Saturno Contro. Storie realmente vissute dal regista turco, che vola con i ricordi tra le spiagge libertine e disinibite di Ostia, tra ‘Il Buco’ e la ‘Cattedrale’, ricordando gli orrori dell’Aids che terrorizzò una generazione cresciuta senza freni sessuali di alcun tipo.
40 anni da celebrare tra lunghe e fedeli amicizie, amori, delusioni, successi, lutti, eccessi e personaggi bizzarri, tra omofobia ed accettazione, tra surreali cene con le ‘mummie’ e notti di passione, rimarcando continuamente quella ‘dipendenza’ da AMORE che nel finale prende la strada della ‘fiction’, arrivando sempre e comunque a picchettare le corde emotive del lettore. Che si immedesima nel suo racconto, sognando una Roma ormai persa nel tempo, sporca e santa ma al tempo stesso candida e puttana, e un sentimento vero, sincero, strappalacrime, quello di Ferzan per il suo Simone, che potremmo quasi definire da melodramma cinematografico. Eppure reale, a pochi passi dalla pasticceria Andreotti e dall’Alpheus, con vista su quel gasometro che proprio grazie ad Ozpetek e alle sue opere  la Capitale ha imparato ad amare. Un’autobiografia ‘romanzata’ tra finzione e verità, in cui Ferzan svela tratti di se’ mai raccontati prima, fragili e al tempo stesso potenti, illuminando automaticamente la sua intera filmografia di un’aura ancor più abbagliante e ‘colorata’. Tanto da doverlo ringraziare di cuore per aver tramandato ricordi passati di una città Eterna da noi figli degli anni ’80 e ’90 mai toccata con mano e per aver ricordato ancora una volta, casomai ce ne fosse davvero il bisogno, che vuoi o non vuoi davvero tutto ruota ad un sentimento assoluto, capace di resistere a qualsiasi prova della vita: l’Amore. Gay o etero che sia.

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