Cucumber, quando il gay represso diventa omofobo – la puntata capolavoro di Russell T Davies (SPOILER)

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Lance Edward Sullivan 1966–2015”.
Inizia così, con questo annuncio mortuario, la sesta straordinaria puntata di Cucumber, serie britannica a tinte gay che Russell T Davies è riuscito a far decollare puntata dopo puntata, grazie anche all’aiuto dello ‘spin-off’ Banana.
45 minuti per rivivere l’intera esistenza di un quasi cinquantenne. Dalla nascita all’adolescenza, dalla prima ragazza ai primi ragazzi, dai Natali lontani di casa perché omosessuale all’incontro in discoteca con l’uomo della sua vita, fino alla storica litigata vista nella prima puntata e a quella pericolosa vicinanza con il collega di lavoro Daniel. Eterosessuale ma con apparente ‘vizietto’. I due escono insieme, passano del tempo insieme, fanno allusioni sessuali insieme. Per settimane abbiamo visto crescere in Lance la ‘voglia’, la carica erotica nei confronti del palestrato collega, fino al culmine di questo episodio sei, che ha visto i due andare ben oltre.
Russell T Davies semina presagi di morte nel cammino di Lance, con tanto di ‘fantasma’ che prova a deviare il suo triste destino, ma è l’ormone a vincere. E a farlo morire. Perché non c’è cosa peggiore al mondo del gay represso, incattivito con il mondo e con se’ stesso, dell’omosessuale che vive una vita di finzione e di privazioni solo e soltanto perché incapace di accettarsi. Di vedersi per quello che è. In Cucumber questo terrificante personaggio ha i lineamenti del bel muscoloso Daniel.
Gli ultimi minuti di Cucumber 1.6 sono scioccanti e strazianti. Dopo aver visto 49 anni di vita in 40 minuti, negli ultimi 5 entriamo nel corpo di Lance per rivivere la sua intera esistenza in 5 minuti. Perché quando stai per morire, si sa, hai pochi secondi per rivedere come un flash tutto quel che hai fatto. E negli occhi del co-protagonista Lance, in lacrime, increduli e doloranti, mentre dalla tempia presa a sprangate sgorga sangue a profusione, si fa spazio lui,  l’amato Henry Best. Lo stesso Henry che poche ore prima era tornato a casa per dirgli che lo amava, per provare a ricominciare. Insieme. Ed è qui che compare un sorriso, l’ultimo sorriso dinanzi all’ultima immagine della propria vita.
Quello dell’uomo che ami e che ti sei lasciato scappare. E per cosa poi? Per un pompino ad un gay represso, trasformatosi in assassino.
Sbalorditivo eppure terribilmente credibile, visto il mondo in cui viviamo, Cucumber 1.6 meriterebbe di volare agli EMMY. Non succederà mai, ovviamente, ma Russell T Davies, che ha con coraggio fatto morire uno dei suoi protagonisti dopo solo sei puntate per sottolineare il ‘peso’ della morte dovuta all’omofobia che aleggia su ognuno di noi,  ha realizzato la sua puntata capolavoro.

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