Sanremo 2013: voti e considerazioni sulla prima serata

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La peggior serata d’esordio da molto, troppi anni a questa parte? Forse sì.
Perché diciamocelo pure, Sanremo è Sanremo, ma dalla coppia Fazio-Littizzetto era lecito, se non doveroso, aspettarsi ‘altro’.
Dopo 4 lunghe, sfiancanti e noiose ore di diretta, si è arrivati alla conclusione con l’amarezza di non aver visto nulla, se non l’incredibile Corrida firmata Maurizio Crozza. Con una squadra monster di autori alle proprie spalle, la strana coppia di Che Tempo che Fa è riuscita nell’impresa di far rimpiangere alcune edizioni passate, attaccate e contestate in lungo e in largo, a causa di una banalità di contenuti ‘socialmente utili’ che potremmo quasi definire fastidiosi, perché così a lungo ripetuti. Se le canzoni dovevano essere il fiore all’occhiello di questa manifestazione low budget (12 milioni di euro, alla faccia del low budget) e fatta in casa, anche qui c’è da alzare le mani in segno di stupore, per non dire resa, a causa di una qualità medio-bassa che fa a pugni con quanto annunciato alla vigilia. Nel complesso, una prima serata che farà il boom di share (causa anche inesistente concorrenza), ma che dal punto di vista contenutistico ha lasciato enormemente a desiderare. Dopo il saltino, suddiviso in voti, il commento finale:

– regolamento – voto 2: che senso ha portare due canzoni a testa, se una delle 2 presentate viene subito eliminata nella serata d’esordio e di fatto non verrà mai più riascoltata? Nessuno. Scelta discutibile alla vigilia, e ancor più ridicola dopo la sua effettiva attuazione, la doppia canzone sanremese nasce e morirà con questa edizione. Si accettano scommesse.

– ospiti – voto 1: ma le sorelle Parodi con i Marta sui Tubi, che ch’azzeccano? Un cazzo. Pescando dei bussolotti da una teca, gli autori del Festival hanno così scelto gli ospiti d’accompagnamento per i 14 chiamiamoli big in concorso. Abbiamo così visto di tutto nell’arco della serata. Dal ‘non chiamiamolo fidanzato’ ex di Lucio Dalla alla tennista Pennetta, da Ilaria d’Amico a Vincenzo Montella. Gente buttata a cazzo sul palco dell’Ariston, senza un reale e preciso motivo. Ancor più agghiaccianti gli ospiti ‘internazionali’ della serata di debutto. Dalla terribile scenetta con protagonista Felix Baumgartner all’infinito siparietto con Toto Cutugno. Fino ad arrivare a lui, Maurizio Crozza.

– Maurizio Crozza – voto 4: fischi, buu, contestazioni. Una scena pietosa. Indegna. Ma scontata. Perché dopo le polemiche dei giorni scorsi, con Berlusconi pronto a fare una campagna contro il Canone Rai per salvaguardare la propria immagine, e in piena campagna elettorale, era a dir poco sconsigliabile la satira politica ANCHE a Sanremo. Ma Maurizio Crozza è caduto nel tranello. Come se fosse su Rai 3 a Ballarò, o su La7 nel Paese delle Meraviglie. Peccato fosse sul palco dell’Ariston, in prima serata, davanti a 17 milioni di italiani. Entrare in studio nei panni di Silvio Berlusconi è stato stupido, inutilmente provocatorio ed evitabile. 2/3 persone tra il pubblico hanno reagito malamente, lo stesso Crozza è rimasto di sasso. Senza più salivazione, paralizzato, quasi incapace di proseguire, per poi completare la propria scenetta dopo quasi un’interminabile ora. Un monologo lunghissimo, e detto tra noi poco divertente. Perché già visto, e soprattutto fuori luogo. Si poteva parlare di altro, si poteva far satira su altro. Persino la parodia sul Papa sarebbe stata più consigliabile. Amo Crozza, il martedì sera la copertina di Ballarò è un appuntamento fisso, così come corro, quando posso il venerdì, davanti al suo Paese delle Meraviglie. Ma ieri, maleducazione a parte dei presenti all’Ariston, ha giocato con i nervi dello spettatore, che non ne può più di politica. Di satira politica, a 10 giorni dal voto. Sanremo era chiamato a farci staccare la spina anche se non soprattutto da questo. Non arrivarci è stato incredibilmente stupido. O paraculo. Perché oggi si parlerà solo di questo, e Crozza, vuoi o non vuoi, è arrivato al suo obiettivo.

– Luciana Littizzetto – voto 4: ma come mai alla Littizzetto non danno mai nient’altro che non siano i 15 minuti finale di Che Tempo che Fa? Risposta ottenuta, ieri sera, su Rai 1. Perché Luciana Littizzetto (che il qui presente solitamente stima ed adora) non regge una trasmissione di 4 ore. Non je la po’ fa. Tralasciando la sfilza di abiti osceni, la voce strillante che dopo 30 minuti ti abbatte l’udito e il suo portamento da scaricatore di porto abusivo, Lucianina non ha lasciato il segno. In niente. Letterina iniziale compresa. Chiamare poi in Concorso i Marta sui Tubi perché ‘fa figo’ e rimproverarli con la faccia come il culo perché hanno osato salire sul palco dell’Ariston con i jeans strappati è sinceramente ridicolo. Perché cara Lucianina in quanto ad eleganza tu sei l’ultima a poter parlare. Ti sei tolta le scarpe a 5 minuti dalla fine, hai sceso le scale come neanche un troll sui tacchi, e ti permetti di fare lezione di eleganza agli altri? Guardarsi allo specchio, prima di bacchettare come una maestrina, sarebbe cosa buona e giusta. Dalla Littizzetto PRETENDO il massimo, perché ne ha le potenzialità e l’intelligenza, che equivale a MOLTO altro. Per questo ieri sera ho detto NO.

– Fabio Fazio – voto 5: caricatelo. Svegliatelo. Dategli una mossa. Un cazzo di gobbo elettronico, o in alternativa una cartellina che non sia di cartone pieghevole, e soprattutto una cravatta decente. Oltre a non fargli mai più imitare Bruno Vespa. Grazie.

– Mancanza di gnocca – voto 4: e la patata? Sparita, dimenticata, archiviata. 4 ore di Luciana Littizzetto con le calze 8000 denari sono state troppe. Sanremo deve essere anche gnocca. Un minimo di stile. Abiti da cambiare e da sfoggiare. Acconciature su 2 piani da ammirare. E invece una mazza. Non una valletta, non una presenza femminile che facesse pensare ‘w la figa’. Nulla di nulla. Oggi ci sarà la Rafaeli, e sabato la Balti, ma allora perché non prenderne una diversa per serata? Perché due sere sì e le altre 3 no? Aridatece Belen e la Canalis. Il che è un tutto dire.

– Scenografia – voto 4: inizialmente affascinato, ho poi cominciato ad odiare la scenografia di quest’anno. Perché in arrivo da Gardaland. Prima o poi vedremo delle palle giganti roteare sul palco, con tanto di cascata ad effetto per lanciare l’ingresso in scena di Indiana Jones. Promossa l’orchestra a piani nella roccia, a tradire è l’agghiacciante sfilza di sedie sottovetro davanti al palco. Serviranno a qualcosa, ci siam chiesti tutti all’inizio della puntata. No. Non servono ad una mazza. E allora perché non coprirle del tutto, invece che lasciarle in bella vista con tanto di ‘teca di vetro’? Domanda da un milione di dollari.

– scena gay – voto 4: sono saliti sul palco con i loro cartelli. Si son seduti. Hanno mostrato i propri cartelli che parlavano d’amore allo spettatore italiano. E se ne sono andati. Senza bacio, censurato perché su Rai 1, e senza neanche una domanda che una posta dai due conduttori. Stefano e Federico sono state due meteore sanremesi. Volute per far parlare di se’, per poi non farle parlare. Non un quesito, non una parola, niente di niente. Buonasera e arrivederci nel giro di 2 minuti. Semplicemente inutile, e strumentalizzato.

– CANTANTI – media 5: canzoni mediocri. In alcuni casi inascoltabili, e spesso condite da quesiti inevitabili, ovvero: ma questi chi cazzo sono? Cast maledettamente sbagliato. Lo dissi a caldo, dopo l’annuncio dei 14 big in concorso, e lo dico ora. Sanremo deve essere anche tradizione, e non un Primo Maggio anticipato di 80 giorni, soprattutto se quella che si vuol annunciare come ‘innovazione’ non è altro che robaccia, tra pochi giorni già dimenticata.

-Marco Mengoni: voto 7+ – tralasciando il baffetto osceno e l’abito da Al Capone, è sua la miglior canzone nella serata di debutto. Sanremese nel DNA, cantata con forza ed eleganza, l’Essenziale funziona, tanto da poter serenamente ambire al podio.

– Daniele Silvestri: voto 7 – suo il miglior look maschile della serata, sua la seconda miglior canzone della serata. A bocca chiusa arriva al punto senza troppi indugi, riportandoci ai tempi del miglior Silvestri d’annata. Piacevole.

– Chiara Galiazzo: voto 5 – dimenticata dietro le quinte fino alla mezzanotte e un quarto (vergogna), e vestita di merda, Chiara era una delle voci più attese di questa manifestazione. Anche perché accompagnata da due brani teoricamente potenti, scritti da Zampaglione e Bianconi dei Baustelle. Della serie mica pizza e fighi. Peccato che entrambi facciano cagare (il secondo è un Matia Bazar dei poracci). Diciamocelo senza troppi peli sulla lingua. In confronto il pezzo ramazzottiano di X-Factor era Imagine di John Lennon. Visibilmente emozionata, e ancora una volta fuori dalle corde della canzone cantata in italiano, la Galiazzo è forse la più cocente delusione di questa serata. Perché tanto attesa quanto rovinosamente caduta su dei brani evitabili, e semplicemente brutti.

– Maria Nazionale: voto 2 – sconcerto, imbarazzo, fastidio. La presenza di Maria Nazionale al Festival di Sanremo non è motivabile. Uscita direttamente dal matrimonio garroniano di Reality, la cantante partenopea è piombata sul palco dell’Ariston con due canzoni di una mediocrità sconcertante. Oscena la prima, da sottotitoli la seconda. Il perché la giustamente incazzata Anna Oxa stia a casa e questa macchietta napoletana tra i BIG (no dico BIG) concorso qualcuno dovrà prima o poi spiegarcelo. Facendo magari mea culpa.

– Raphael Gualazzi – voto 6,5 – l’orso Yoghi è tornato, con tutta la sua inesistente eleganza ma con meno voce del solito. Eppure Gualazzi ha colpito ancora, soprattutto con la giustamente promossa Sai (ci basta un sogno), che dovrò risentire per poterla realmente apprezzare. Ma già così, al primo ascolto, funziona.

– Marta sui Tubi – voto 6 – alieni venuti da Marte piombati sul palco dell’Ariston, i Marta sui Tubi potrebbero regalare piacevoli sorprese. Perché Vorrei ha delle potenzialità nascoste che potrebbero esplodere con il passare degli ascolti, o più semplicemente con una versione radio edit. Peccato per lo styling, da Piazza San Giovanni, e non da Ariston.

– Simona Molinari e Peter Cincotti – voto 4 – Arisa sotto glitter. O anche Paola Cortellesi che imita una trapezista lanciata nel mondo della musica. Sono 12 ore che mi chiedo, ma chi cazzo sono questi 2? Non ci ho dormito la notte. Giuro. Colpa anche del delicatissimo abito della cantante, che ha completamente rubato attenzione al pezzo presentato, praticamente mai realmente ascoltato, perché abbagliato da quel vestitino che neanche Nicole Minetti avrebbe avuto il coraggio di indossare. Paura.

Il VINCITORE – lo spot Coconuda con Anna Tatangelo protagonista. Inatteso, sconvolgente, trash, inimitabile, e soprattutto da vedere e rivedere fino alla nausea. Coconuda vince il Festival di Sanremo 2013. E non ci sono cazzi.

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