Primo maggio ‘al nord’, per la prima volta in vita mia.
Bocciata l’idea di tornare a Roma, tra beatificazioni, concertoni, cazzi e mazzi, prendo e me ne vado a Torino con la mia dolce metà . Ad accompagnarci un clamoroso e inatteso caldo e soprattutto lei, Madonna, da rispolverare con un cd che non ascoltavo da almeno 7/8 anni, ovvero American Life. Il suo album meno venduto, forse quello meno amato, e decisamente più sottovalutato. Perché riascoltandolo in tutta la sua interezza dopo una vita mi son ritrovato dinanzi ad una clamorosa verità . American Life più che ‘di’ Madonna è un album ‘della’ Madonna! Non solo politicamente impegnato, intimo e personale, ma straordinariamente elettronico, dai suoni ricercati, dalla voce robotica, e soprattutto dall’evidente e quasi maniacale sforzo produttivo. Purtroppo non soddisfatto in termini di vendita. 670.000 copie smerciate negli Usa, ovvero il peggior risultato di sempre per Miss Ciccone, poco meno di 7 milioni in tutto il mondo. Numeri a cui chiunque oggi come oggi brinderebbe con successo, ma che nel 2003 contribuirono ad etichettarlo come ‘flop’. Immeritatamente. Perché 9 anni dopo la sua uscita, posso dire di averlo finalmente ‘capito’, e soprattutto applaudito per quello che è: un cazzo di gioiello. Forse il più riuscito di Madonna (che a queste sonorità dovrebbe TORNARE) dopo Ray of Light e poco sopra il Confessions.
Un gioiello come la nostra meta finale nella giornata di ieri, Torino, che sembra sinceramente appartenere ad un altro paese. E’ l’Italia, lo so, ma un’altra Italia. Distante anni luci dal resto della penisola. La giornata è splendida, i palazzi sono ‘affrescati’ con tricolori in ogni dove, e in centro ci sono varie manifestazioni ad hoc, per festeggiare come si deve il Primo Maggio. Centinaia di coccarde e di bandiere ROSSE annunciano la pesante presenza in piazza dei ‘Comunisti Italiani’, la cui esistenza pensavo appartenesse ormai al passato, con i centri sociali che animano cortei e piazza a suon di musica. Dietro la magnifica Mole Antonelliana da pochi giorni è iniziato il Festival Internazionale del Cinema Gay, pubblicizzato OVUNQUE in tutta la città . Davanti al cinema troneggia un banchetto EuroPride 2011, con gadget, pacchetti ‘vacanze’ per partire per Roma, con annesso pernottamento. Nel vederlo resto quasi di sasso. In pieno centro e con tanta visibilità . Per me, romano, pura fantascienza. Eppure qui nessuno inveisce contro nessuno, non ci sono slogan fascisti o urla contro il Festival GLBTQ che ‘colora’ la città . La tranquillità , la gentilezza, l’educazione e l’accettazione dominano tutto e tutti. Se nella ‘gay-friendly’ Milano passeggiare abbracciato al mio lui comporta occhiatacce di sdegno, anche nella parte più finocchia del quadrilatero modaiolo, qui la cosa passa ‘quasi’ inosservata. La città , che da quel poco che ho potuto vedere perfetta NON è soprattutto nella parte periferica, trasuda comunque cultura e impegno politico, colpendo nel segno. Perché un’altra Italia è forse possibile. Perché un’altra Italia forse già esiste. E si trova a Torino.