Il 17 marzo 1861 il parlamento subalpino proclamò Vittorio Emanuele II non re degli italiani ma «re d’Italia, per grazia di Dio e volontà della nazione».
Oggi, 150 anni dopo, siamo qui a festeggiare l’Unità della nazione.
150 di Italia ‘Unita’.
Sulla carta.
Perché la triste realtà vede un’Italia più che mai DIVISA, egoista, ignorante, razzista, maschilista, omofoba.
Unità dovrebbe significare anche eguaglianza, pari diritti, dignità sociale.
Viviamo invece in un magnifico paese che fa distinzione tra cittadini di Serie A e di Serie B.
Sesso, colore della pelle, estrazione sociale, orientamento sessuale, elementi che quasi ridicolizzano il concetto di ‘Italia Unita’.
Perché ancora oggi, 17 marzo del 2011, ci sono italiani che non possono sposarsi, che non sono neanche legalmente riconosciuti come ‘coppia’, che non possono essere accompagnati in ospedale dall’uomo o dalla donna che da una vita vivono al loro fianco, che non possono decidere come e quando morire, se staccare o non staccare la celebre ‘spina’, uomini che non possono adottare, che non possono far parte dell’Esercito, uomini che non hanno diritti, a differenza di altri, ma solo e soltanto doveri.
150 anni e sentirsi ancora diversi, 150 anni e sentirsi quasi ‘ospiti’ nel proprio Paese, 150 anni ed essere quasi costretti ad abbandonarlo, questo straordinario Paese, che come ti ha visto nascere ti vede ora andare via, in Terre dove invece sei ben accolto, anche se ‘straniero’.
La speranza, nel festeggiare questo storico anniversario intriso di bellezza e cultura, è di non ritrovarci ancora qui, in quanto italiani, tra 150 anni, a sottolineare nuovamente le stesse e paradossali diseguaglianze.
Nell’attesa, incrociamo le dita, e buona ‘Unità d’Italia’ a tutti… (con un’imperdibile Roberta Bonanno Trash e una VERGOGNOSA classe politica, che IGNORA il perché oggi sia Festa Nazionale).