Waiting For Superman – Recensione in Anteprima

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Festival Internazionale del Film di Roma 2010
Waiting For Superman
Recensione in Anteprima

Dopo essersi occupato con successo dell’ambiente, con il documentario Premio Oscar Una Scomoda Verità, Davis Guggenheim porta in sala un altro autentico disastro, tutto americano, ovvero l’incredibile educazione pubblica degli Stati Uniti d’America, con Waiting for Superman. Tutte le mattine milioni di genitori portano a scuola i propri figli, con la consapevolezza di bruciare il loro futuro, a causa di un’istruzione scadente, certificata, da cui a quanto pare è impossibile scappare.

Aspettando un temerario supereroe in grado di risolvere il problema, anno dopo anno la situazione diventa sempre più drammatica, con promesse mai mantenute, miliardi di dollari sprecati, riforme annunciate e mai concretizzate ed una vera e propria lotteria pubblica che ha il potere di segnare il futuro di milioni di bambini. Perché solo chi ha i soldi può permettersi un’istruzione decente. Per tutti gli altri c’è la scuola pubblica, ed un domani praticamente rovinato…

Cosa succede a quei bambini che non hanno scelta, tra scuola pubblica e privata? Che tipo di istruzione ricevono? Come si sentiranno tutti quei genitori consapevoli della pessima istruzione ricevuta dai figli ma impossibilitati a fare altro? Cosa fare per provare a risolvere il problema? Domande che Davis Guggenheim è tornato a farsi a 10 anni da The First Year, suo primo documentario in cui raccontò l’esperienza di cinque insegnanti del primo anno in alcune delle scuole più difficili d’America. Un decennio dopo, con un Oscar in più sul comodino e dei figli mandati alla scuola privata, Guggenheim disegna un quadro scioccante ed avvilente, un’altra scomodissima verità sul vergognoso stato in cui versa l’educazione pubblica americana, snocciolando numeri e statistiche, alternando le esperienze vissute sulla propria pelle da alcuni bambini, inermi dinanzi al loro futuro, per certi versi già scritto, alle proposte innovative di chi tenta di risolvere il problema. E’ a loro che Guggenheim affida la parte più emotiva del documentario, intenso, trascinante e capace di oscillare sapientemente tra storia e statistica, puntando il dito contro chi per decenni ha contribuito ad affossare quello che fino agli anni 70 era considerata la miglior scuola del mondo.

A finire sotto la lente del regista ci sono i sindacati, da anni attaccati con le unghie e con i denti ad uno scellerato contratto nazionale che rende quasi impossibile il licenziamento di un insegnante. In media un docente su 25,000 viene licenziato negli Stati Uniti d’America, offrendo così loro la possibilità di decidere se svolgere il proprio lavoro, ovvero istruire, oppure no. In entrambi i casi non potranno essere cacciati, con i presidi scolastici costretti a dar vita al ‘valzer dei limoni’, spostando le mele marce da un istituto all’altro, sperando che a fine ballo il ‘limone’ arrivato da un’altra scuola non sia peggiore rispetto al precedente, finalmente fatto andare via dopo un anno di ’sopportazione’. Un contratto che non ha eguali, con migliaia di professori scadenti che non istruiscono milioni di bambini, facendo così crollare il livello d’istruzione nazionale. Chi arriva al primo anno del liceo ha talmente tante lacune da mollare al 2° anno, con 40,000 studenti su 60,000 mai arrivati al diploma, in uno dei licei pubblici più malfamati e frequentati di Los Angeles.

Mandare a scuola il proprio figlio significa fare un atto di fede ogni mattina, ricorda uno dei genitori intervistati e seguiti da Guggenheim, con le poche ed ambitissime scuole ‘charter’, sempre pubbliche ma con livelli qualitativi simili a quelle private, costrette a dover montare delle autentiche lotterie. Dinanzi alle troppe richieste d’ingresso, infatti, si estrae a sorte. Se il bussolotto contenente il tuo numero esce, sei ammesso, in caso contrario, respinto. Diventa così la fortuna a decidere il futuro di milioni di bambini americani, attaccati con forza ad un numeretto, stretto tra le mani, che con il pugno chiuso nascondono dita incrociate. Saggiamente Guggenheim non si limita ad attaccare, ma propone alternative, già esistenti, che stanno dando incredibili segnali di miglioramento nel campo dell’apprendimento, per dire basta agli insegnanti scansafatiche, per dire basta alle oltre 2000 ‘fabbriche di ritiri scolastici’, presenti sul territorio nazionale, per dire basta a chi crede che sia il degrado del quartiere a generare una scuola degradata, e non il contrario, per dire basta al Governo, che spende in media più denaro per mantenere un detenuto in carcere rispetto a quanto ne avrebbe speso se avesse seguito il suo intero percorso educativo in una scuola privata.

Ci sono strade per risolvere una situazione così drammatica, ricorda Guggenheim agli americani, ma vanno intraprese in prima persona, perché una buona istruzione significa dare un futuro ai propri figli e alla Nazione tutta. Ma bisogna agire, subito, prima che sia troppo tardi. Per riuscirci il regista monta un documentario denso di contenuti, dati e storie, seminando talmente bene da raccogliere impensabili ed indicibili emozioni, soprattutto attraverso uno dei finali più drammatici, perché maledettamente vero, che il cinema moderno ricordi.

Voto: 8,5

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