Kill Me Please
E il 6° giorno arrivò il favorito. Sorpresa belga al Festival Internazionale del film di Roma 2010, con il grottesco Kill Me Please pronto a far suo quel Marc’Aurelio d’Oro lo scorso anno finito tra le mani del danese Brotherhood. A contenderglielo, in quella che secondo il sottoscritto sarà una guerra a due, e all’ultimo voto, Susanne Bier e il suo applaudito In a Better World.
Grottesco, cinico e maledettamente divertente, il film di Olias Barco si permette di ‘ridere’ della morte, andando oltre la tanto discussa eutanasia per portare in sala una clinica del suicidio. Aiutato da un fantastico bianco e nero, con una fotografia sporca, sgranata e sfocata, Barco smonta letteralmente il tabù della morte, raccontando l’incredibile storia del ‘particolare’ Dottor Kruger, a capo di una clinica praticamente ’segreta’, rintracciabile solo attraverso internet, sperduta in mezzo alle innevate montagne belghe e odiata dai cittadini del paese vicino ma incredibilmente sovvenzionata dal Governo. Perché il suicidio allo Stato costa. Quanto? Secondo uno studio canadese 850,000 dollari, da moltiplicare per un milione di suicidi l’anno, in tutto il mondo. Da qui l’idea di fondare un centro che offra assistenza a chi ha deciso di farla finita una volta per tutte. Perché un giorno sulla Costituzione, come ricorda sognante il Dottor Kruger, anche il diritto alla morte sarà presente. La sua clinica non dona pace eterna, ma studia gli impulsi che spingono all’autodistruzione, per poi provare a dominarli, lasciandosi un’ultima strada in caso di sconfitta, ovvero una morte assistita, con dignità…
Coraggioso, ironico e straordinariamente politicamente scorretto, Kill Me Please è indubbamente, almeno per chi scrive, il miglior film in Concorso visto fino ad oggi in questa V° edizione del Festival romano. Riempendo la pellicola di personaggi folli, di pazienti disturbati pronti a pagare migliaia di euro per farsi ‘uccidere’, con tanto di ultimo desiderio, Olias Barco affascina, diverte e alimenta discussioni, trattando una storia che non è neanche così fuori dal mondo, visto che in Svizzera esiste realmente una clinica simile, con quasi mille suicidi organizzati negli ultimi 12 anni.
Kill Me Please è un film volutamente provocatorio, narrando con cinismo, indubbia originalità e senza freni inibitori un tema scottante e d’attualità, ‘affidato’ ad un medico sull’orlo di una crisi di nervi e ad una banda di pazienti afflitti dai disturbi più deliranti: dal comico celebre che finge di avere il cancro per convincere il dottore a farlo morire passando per il giocatore d’azzardo che ha perso la moglie sul tavolo da poker, fino al cabarettista transessuale senza più voce e alla ragazza che dall’età di 5 anni è costretta a farsi una puntura al giorno per non morire soffocata, per un totale di 15000 punture , a cui lei è allergica, con relativi segni lasciati sulle pelle. Questa è vita?, si chiede. Esausta decide di morire, ma senza avere il coraggio di compiere l’ultimo passo. E qui subentra la clinica del Dottor Kruger, se non fosse che gli abitanti del villaggio vicino iniziano ben presto a stancarsi di quella chiacchierata “fabbica della morte”…
Senza farci sapere praticamente nulla, sulla storia della clinica, sulla vita privata del dottor Kruger, su cosa stia nascondendo, sull’impatto mediatico suscitato dall’esistenza della clinica stessa, sul misterioso incidente che in piena notte crea il panico, sul perché sul posto stia indagando una finanziera, sul villaggio vicino, sul costo della ‘morte’ e sul passato di quasi tutti i pazienti, Olias Barco riesce comunque a convincere, grazie ad una commedia nera irresistibilmente affascinante ed originale, tanto da meritare di vincere questo Festival. Susanne Bier permettendo…
Voto: 7,5