Benvenuti al Sud: Recensione in Anteprima

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Benvenuti al Sud
Recensione in Anteprima
Uscita in Sala: 1° ottobre

Due anni fa la Francia intera si è riversata in sala per vedere Bienvenue chez le Ch’tis, film fenomeno scritto, diretto e interpretato da Dany Boon, entrato nella storia del botteghino transalpino dopo aver incassato qualcosa come 120 milioni di euro. Arrivato in Itaia con il titolo di Giù al Nord, il film torna ora nei cinema grazie al remake italico, Benvenuti al Sud.

Diretto da Luca Miniero, e con Claudio Bisio nei panni del protagonista, Benvenuti al Sud segue esattamente la trama del cugino francese, gag comprese, portando al cinema clichè e stereotipi della Penisola, divisa tra ‘terroni’ e ‘leghisti’, convinti che il Sud Italia sia Bologna. Senza raggiungere i livelli dell’originale, il remake targato Medusa diverte, alternando pregi e difetti esattamente come fatto dalla pellicola di Boon, giocando sapientemente con i luoghi comuni tipici dell’italiano medio, finendo per dare l’immagine di un paese pronto ad abbattere muri e barriere sociali, cavalcando così lo stesso populismo che in parte ha contribuito al boom di Bienvenue chez le Ch’tis. E in tempi di scuole pubbliche trasformate in ’sedi di partito’, con Sindaci che vietano l’Inno di Mameli e Ministri della Repubblica che danno dei ‘porci’ a milioni di cittadini, se non è una bella boccata d’aria fresca poco ci manca…

Alberto da anni è responsabile dell’ufficio postale di una cittadina della Brianza, fredda e nebbiosa. Sotto pressione della moglie Silvia, il povero Alberto è disposto a tutto pur di ottenere il trasferimento a Milano, tanto da fingersi invalido per salire in graduatoria! Peccato che la furbata venga scoperta, finendo per causare una conseguenza devastante: trasferito sì, ma al Sud Italia, vicino Napoli. Un incubo in piena regola per il povero Alberto, accecato dai pregiudizi e pronto a partire all’avventura, senza moglie e figli, ovviamente rimasti al Nord. Arrivato a destinazione, Alberto scoprirà con sua immena sorpresa un paesino bellissimo, popolato da gente cordiale, ospitale sorridente e solare, tanto da dover mentire alla moglie, diventata più affettuosa nei suoi confronti da quando lo crede nel ‘paese della camorra’…

Ogni paese ha nord e sud, ogni paese è attraversato da luoghi comuni e diffidenza, ogni paese ha la sua ‘Lombardia’ e la sua ‘Campania’. Se in Francia erano quelli del Sud a vedere come ‘terroni’ quelli del Nord, in Italia la situazione ovviamente si ribalta, con tutte le conseguenze del caso. Trasformare la commedia di Boon, rendendola fruibile per il mercato italiano, era tanto semplice quanto rischioso. D’altronde viviamo in un paese che da decenni, anche a livello governativo, alimenta stereotipi sociali tra nord e sud, con una visione ovviamente distorta e volutamente malata della realtà. Per Massimo Gaudioso, già coautore del copione di Gomorra, e Luca Miniero, regista del film, è stato così abbastanza naturale prendere lo script scritto e diretto da Boon per rivederlo e correggerlo.

Tralasciando gli eccessi e il populismo becero, presenti in massa anche nella pellicola originale, il remake di Miniero nel suo piccolo funziona. I due protagonisti, Bisio e Siani, non raggiungono i livelli dei due attori originali, ovvero l’irresistibile Kad Merad e lo stesso Dany Boon. Se Bisio più o meno convince, è Siani a deludere, non riuscendo praticamente mai ad andare oltre ad un’unica espressione del viso. Aiutato dal suo napoletano a tratti irresistibile, l’attore è affiancato da un cast di comprimari sicuramente più in palla di lui. Basti pensare a Nando Paone e a Giacomo Rizzo, senza dimenticare la procace Valentina Lodovini, bella e brava attrice che il cinema italiano non vuole proprio far decollare. Eccessivamente macchiettistica e a tratti quasi ridicola, come quando all’inizio chiede uno scontrino fiscale ad un venditore ambulante di palloncini, risulta invece Angela Finocchiaro, vista in parti decisamente più riuscite.

Omaggiato Boon con una piccola ed inattesa comparsata, il film, che ovviamente gioca come fatto dal ‘cugino’ con i dialetti, ma senza quasi mai toccare l’ilarità delle storpiature linguistiche del titolo francese, prova a riunire almeno simbolicamente un paese politicamente lacerato, tra terroni e lumbard, regalando un finale alla ‘volemose bene’ tanto scontato, quanto ‘piacevole’, considerando soprattutto i cupi tempi che da anni ci avvolgono e tolgono il fiato. Un vero e proprio frullato di pregiudizi, con un richiamo alla tipica commedia napoletana di Eduardo De Filippo, tra momenti morti e altri indubbiamente esilaranti, legati dall’evidente intenzione di rappresentare non solo la realtà del Sud Italia bensì quella dell’Italia intera, paese tanto spaccato quanto unito. Per chi non ha mai visto l’originale una probabile e piacevole sorpresa, mentre per tutti gli altri un evidente e marcata sensazione di ‘già visto’. Due consigli ad entrambi: recuperare la pellicola francese per i primi, provare a godersi anche il remake, giustificatamente e al tempo stesso fastidiosamente populista, per tutti gli altri
Voto: 6+

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