Cancellata Londra, per ambientare il tutto a New Orleans, abbandonato l’insostituibile personaggio di Groucho Marx, per problemi di copyright con gli eredi di Marx, lasciato a casa il celebre Bloch, ispettore di Scotland Yard, e addirittura invertito il colore del Maggiolino, nero con la cappotta bianca, sempre per problemi di diritti d’autore, stavolta con la Disney, la sensazione è che di Dylan Dog ci sia rimasto davvero poco, se non il nome. E’ indubbiamente poco professionale e sbagliato giudicare un film da un trailer, ma la sincera e infastidita sensazione, dopo aver visto il primo teaser, di ritrovarsi dinanzi ad un remake di Buffy L’Ammazzavampiri, più che di fronte all’atteso arrivo al cinema dell’Indagatore dell’Incubo, è tangibile.
Nessuno sa come e quanto Tiziano Sclavi sia stato coinvolto nella lavorazione del film, chiamato a non deludere i centinaia di migliaia di fan che da oltre 20 anni, ogni mese, corrono ad acquistare in edicola l’edizione cartacea, per una trasposizione che a questo punto è diventata veramente a rischio, viste le innumerevoli libertà prese da sceneggiatori, produttori e regista. Era il 1994 quando Michele Soavi portava in sala Dellamorte Dellamore, tratto dal romanzo omonimo di Tiziano Sclavi, chiaro alter ego di Dylan Dog, interpretato all’epoca magistralmente da Rupert Everett. La speranza è che quella pellicola, erroneamente etichettata da molti come “il film su Dylan Dog”, non debba essere ricordata come tale per pura disperazione, a causa della trasposizione ufficiale made in Hollywood. Augurandomi di essere smentito e tranquillizzato al buio della sala, per ora sottoscrivo quanto detto tanto tempo fa dal saggio Umberto Eco:
“Posso leggere la Bibbia, Omero e Dylan Dog per giorni e giorni…”.