Recensione in Anteprima
Uscita in Sala: 18 agosto
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C’era una volta un uomo ad Hollywood che non sbagliava un film. Sbancava i botteghini, collezionava nomination all’Oscar e tutto quello che toccava sembrava toccarsi in oro. Quell’uomo si chiamava e si chiama tutt’ora Jerry Bruckheimer, Re Mida del cinema americano. Peccato che da un paio d’anni a questa parte Bruckheimer abbia smarrito la bussola, perdendola del tutto con quest’ultimo blockbuster fantasy da 150 milioni di dollari, L’Apprendista Stregone.
Affidato a Jon Turteltaub, padre dei fortunati ‘Misteri dei Templari’, e figlio più o meno legittimo del poema scritto da Johann Wolfang von Goethe nel 1797, portato magnificamente in sala da Walt Disney nel 1937 con il capolavoro animato Fantasia, questo Apprendista Stregone in formato kolossal per famiglie lascia di sasso per quanto stupido. Se l’ennesima parrucca di Nicolas Cage finisce ormai per non infastidire più, perché abituati a ben di peggio, a non convincere sono il giovane protagonista, Jay Baruchel, lontano anni luce dall’avere il “phisique du role” per ruoli simili, e la sua amata pulzella, ovvero la terribile Teresa Palmer, con una ciliegina avvelenata a fare da contorno ad una torta già scadente di suo: Monica Bellucci.
Terzo flop consecutivo in patria per Jerry Bruckheimer, L’Apprendista Stregone ha fatto suonare più di qualche campanello ad Hollywood. Accolto malamente dal box office, il film paga caro in realtà il folle ed inspiegabile budegt. Detto che i 150 milioni di dollari sullo schermo sono assolutamente ingiustificati, ciò che stupisce è come Bruckheimer e la Disney, dopo aver letto la sceneggiatura del film, abbiano potuto approvare una cifra simile. Dinanzi ad uno script così confusionario, per niente divertente, a tratti lento, poco avvincente, con personaggi tagliati con l’accetta e dialoghi da film tv, solo un folle poteva pensare di poter sbancare il botteghino, dando vita magari ad un inedito franchise.
Se il buongiorno di vede dal mattino, il marchio de L’Apprendista Stregone si nota immediatamente dalle primissime scene, con un terribile mega spiegone di pochi minuti che mette subito le cose in chiaro. Neanche iniziato il film, Jon Turteltaub si perde nel montaggio, dando vita a 5 minuti iniziali da brividi. Presentata la storia, partendo addirittura dal 700 d.c, e tornati al 2000, seguiamo passo passo la scoperta e la crescita de L’Apprendista Stregone, ovvero l’inadatto Jay Baruchel, seguito da un mentore, un autentico maestro della magia, ovvero Balthazar Blake, interpretato da una parrucca dai capelli lunghi e da un lungo cappotto, con al suo interno Nicolas Cage, a suo tempo studente del leggendario Merlino.
Balthazar è chiamato a difendere il mondo dalle perfide grinfie della sua nemesi perfetta, Maxim Horvath, un tempo suo fidato amico, pronto a ridare vita alla terribile Maga Morgana, desiderosa di riportare i morti sulla Terra, ponendo così fine all’umanità. Peccato che per farlo Balthazar abbia bisogno di un aiuto, di un giovane mago nelle cui vene scorra il sangue di Merlino. Una volta trovato, il mentore e il suo apprendista dovranno riuscire a fermare Horvath e Morgana, prima che la fine avvolga il mondo, ma senza dimenticare l’amore che provano nei confronti delle uniche donne della loro vita…
A (rari) tratti spettacolare e a tratti patetico, L’Apprendista Stregone fallisce sia come film per famiglie, perché troppo infantile, sia come film per adulti, perché decisamente poco avvincente, credibile, convincente e anche solo emozionante. Senza fare follie neanche nel campo degli effetti speciali, la pellicola deraglia sull’intero cast, tenuto a galla da un Alfred Molina che prova a fare qualcosa di decente ed affondato miseramente con la nostra Monica Bellucci, nei pochi minuti in cui compare sullo schermo, prendendo purtroppo parola. Come sempre doppiatasi, la Bellucci conferma una dote a dir poco unica, che ormai la contraddistingue, facendo sganasciare lo spettatore ad ogni battuta sbiascicata con espressione da diva addolorata degli anni 50, anche se qui nei panni di una temibile ed affascinante ‘maga’. Presente in poco meno di 10 minuti di film, Monica lascia comunque il segno, purtroppo per lei in negativo, a causa del suo ‘posizionamento’ all’interno dell’opera. Vedendola all’inizio della pellicola e soprattutto alla fine, le sue espressioni e immancabilmente le sue battute finiranno per lasciare un marchio indelebile e involontariamente demenziale.
Il voler alternare momenti di comicità a momenti di azione fallisce minuto dopo minuto, a causa di uno script decisamente poco salvabile, escluse rare scene e poche idee originali, come quella che vede uno specchio protagonista di un folle inseguimento automobilistico nel cuore della Grande Mela, tanto da rendere il tutto quasi noioso e sicuramente infinitamente lungo (110 minuti sono troppi). Apprezzato l’omaggio al capolavoro animato Disney del 1937, uscirete dal cinema chiedendovi perché la stessa Disney abbia voluto rovinarne il ricordo 73 anni dopo.
Voto: 3,5