Recensione in Anteprima
Uscita in Sala: 28 maggio
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12 anni dopo il primo episodio, 6 dopo la fine della serie e due dopo il primo capitolo cinematografico, tornano le ‘ragazze’ più famose ed amate del piccolo schermo. Con oltre 400 milioni di dollari in tasca, grazie al box office del primo capitolo, era ovvio che avremmo visto un Sex and the City 2, anche se critici e parte dei fan non rimasero del tutto conquistati dall’approdo in sala di Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte. Lo ’smalto’ glitterato della leggendaria e premiatissima serie tv della Hbo, si disse a suo tempo, si è andato perso negli anni. E ahinoi, ormai è ufficiale, non è stato ritrovato.
Trasformando il tutto in un concentrato ancora più gayo, kitsch e demenziale, Michael Patrick King si è evidentemente perso in cabina di montaggio, portando in sala un Signore degli Anelli in tacchi a spillo, grazie alla mastodontica ed assolutamente inspiegabile durata di 145 minuti.. Se ne dovevano e se ne potevano sforbiciare almeno 30. A risentirne il ritmo, a causa di lunghi ed inutili momenti morti, e la storia stessa, sinceramente noiosa, prevedibile in tutto il suo svolgimento e decisamente penalizzata dalla mancanza di tagli, con sempre meno “Sex” e soprattutto sempre meno “City”, visto l’approdo delle ‘ragazze’ in Medio Oriente. Qui, in un trionfo del lusso più sfrenato, perchè la crisi c’è e allora meglio non pensarci e sognare ad occhi aperti, il divertimento, spesso becero, e le gag, raramente esilaranti, finiscono per ricordare tristemente i nostrani cinepanettoni, come se fossimo in un fashion ed hollywoodiano Natale ad Abu Dhabi. Solo che al posto di De Sica&Co ci ritroviamo quattro attempate signore, con indosso vestiti improponibili e ai piedi Manolo Blanhik, da ostentare sulle dorate dune del deserto…
Cosa è stato Sex and the City per l’universo femminile, ancor prima che televisivo? Un fenomeno di costume, una rivoluzione culturare, uno tsunami sessuale mai vista prima sul piccolo e politicamente corretto tubo catodico. Costruito in maniera impeccabile, scritto da Dio, poggiato su quattro donne, quattro ragazze, quattro amiche, tanto diverse e tanto uguali, in qui qualunque donna del pianeta si poteva rivedere, Sex and the City ha fatto storia, segnando un’epoca (oltre 50 nomination agli Emmy, 7 vinti, 24 nomination ai Golden Globes, 8 vinti). Quelle quattro donne, che dal 1998 al 2004, attraverso quasi 100 episodi, parlavano dei loro problemi sessuali, lavorativi e soprattutto di cuore, ponendosi quesiti sull’universo maschile e su quello femminile, e dandosi delle risposte, sono cresciute. Prima erano single, oggi sono sposate, se non addirittura madri. I 30 anni sono un lontano ricordo, gli ‘anta’ sono arrivati da un pezzo, con la menopausa che bussa inesorabilmente alla porta della più ‘matura’, e paradossalmente ancora ‘zitella’, anche se per scelta. In sostanza, molto meno ’sex’ di cui sparlare.
Sbandierando sempre con orgoglio lo scettro femminista, Sex and the City 2 da questo punto di vista continua con orgoglio a marcare il proprio territorio, anche se in maniera sempre più ovvia e scontata. Portando inopinatamente il tutto ad Abu Dhabi, Michael Patrick King ci catapulta nuovamente nel 1998, come se fossimo saliti su una giostra del tempo, quando le sue ‘ragazze’ facevano scandalo in tv, ma vedendo il tutto con altri occhi, coperti in quest’occasione da un burka. Se oggi nel mondo occidentale tutto questo è assolutamente normale, e per certi versi anche grazie a Sex and the City che sdoganò il tutto, ci sono altri mondi, come quello medio orientale, dove tutto ciò è semplicemente impensabile. L’immagine casta e repressa della donna di Abu Dhabi si scontra così con quella frivola e sessualmente esplosiva di Samantha Jones, tanto esplicita quanto funzionale al telefonato ‘messaggio’, finendo poi per esplodere in un trionfo di femminilità al grido “I’m Woman“, attraverso un liberatorio e mai così sentito karaoke. Il presunto ‘nuovo’ Medio Oriente che ancora oggi vede la donna come puro oggetto, da nascondere ed utilizzare a proprio piacimento, viene letteralmente schiaffeggiato da un’attempata Samantha, pronta a sbattere in faccia a decine di uomini con il turbante decenni di lotte sessuali e femministe attraverso un semplice oggetto come il condom. Potente, divertente e d’effetto, anche se terribilmente banale.
Abbracciando ed omaggiando come forse mai fatto prima la causa gay, a cui la serie tv ha sempre strizzato più di un occhio, con un lunghissimo, eccessivo, sontuoso e divertente matrimonio omosessuale iniziale, in cui compare addirittura Liza Minnelli (sinceramente ridicola nel “cantare” e ballare Single Ladies di Beyonce), Sex and The City 2 sembra essersi venduto alla risata facile e spesso becera, al trionfo della banalità e del ‘volemose bene’, trasformando il tutto in quattro amiche che se la spassano dall’altra parte del mondo, dimenticando mariti e figli, e quindi i ‘problemi a carico’, per poi ripiombare ovviamente nell’amara ed ovvia realtà, da affrontare dopo 145 interminabili minuti. Tecnicamente superiore al primo capitolo, con una regia molto più attenta e meno televisiva, una fotografia calda e ’scintillante’ e con uno sforzo produttivo palesemente più articolato, il film si regala due inutili comparsate come quelle di Miley Cyrus e Penelope Cruz, impegnate circa 30 secondi a testa, e una serie infinita di marchi sparati più o meno esplicitamente, in quello che è un vero e proprio trionfo del product placement.
Due anni dopo essersi sposati, Carrie e Mr. Big vivono un momento di difficoltà matrimoniale. La tenutissima vita da ’sposi tradizionali’ è ormai dietro l’angolo, con cene fuori sempre più rare e una maledetta televisione al plasma che compare in camera da letto, frantumando l’intimità dei due. Carrie è un’anima in pena, perennemente insoddisfatta. Lo era prima, quando girovagava per New York in cerca dell’attenzione del suo unico vero amore. Lo è ora, con quell’amore finalmente ricambiato ma diverso da come se l’era immaginato. Da qui i dubbi, le perplessità, le paure, le ansie. Soprattutto sue e in parte di Mr. Big.
Charlotte vive apparentemente un matrimonio perfetto. L’arrivo della seconda figlia lo sta però martellando alle fondamenta. Il ruolo di mamma è più complesso di quanto potesse immaginare, con una bravissima ma giunonica tata, inizialmente vista con gioia ma diventata dal giorno alla notte una possibile minaccia per lei e il suo matrimonio. Un matrimonio vissuto sempre meno esplicitamente da Miranda, perennemente a lavoro a causa di un capo che la detesta, tanto da costringerla a non poter toccare con mano l’infanzia del suo unico ed adorato figlio. A completare il quadro, come sempre, lei, l’indomabile Samantha Jones. Con 52 cazzutissimi anni sulle spalle, Samantha è ad un passo dalla fatidica menopausa, cacciata via giorno dopo giorno attraverso 42 pillole di ormoni, da prendere sempre e comunque. Incapace di accettare un’età che inesorabilmente avanza, proprio Samantha darà a tutte e 4 le ‘ragazze’ la possibilità di staccare la spina per una settimana, volando ad Abu Dhabi grazie ad un ricchissimo sceicco, pronto a pagare ogni centesimo. In tempo di crisi, come poter dire di no? Peccato che qui, tra le dune del deserto, e a più di 6000 km di distanza da ‘casa’, ognuna di loro si ritroverà dinanzi al proprio passato, presente e futuro, tra tradimenti, erezioni, giocatori di rugby, cocktail, pianti, scenate isteriche e tanti, tantissimi incredibili ed inappropriati vestiti…
Più commercialotto, meno trasgressivo, molto meno originale, più noioso, maledettamente più lungo, meno romantico, meno divertente. Questo e poco altro è più o meno Sex and the City 2, sequel pensato e prodotto per quell’enorme fetta di fan della serie che mai, per nulla al mondo, si perderebbero una nuova ‘puntata’ con Carrie, Miranda, Charlotte e Samantha protagoniste. Uno zoccolo di fedelissimi disposti a vederle e rivederle, ancora una, due, tre volte, perchè mai si potrebbe dire basta a Sex and the City e a quei 4 celebri e splendidi personaggi, qui sempre più ‘macchiettistici’. Una certezza, purtroppo, che tanto in passato ha fatto bene alla serie, contribuendo a crearne il “mito”, ma che tanto male sta facendo a questa rivistazione cinematografica. Perchè di questo passo, sequel dopo sequel, capitolo dopo capitolo, avventura dopo avventura, del vero, unico ed originale Sex and the City non ne rimarrà davvero più nulla. Ed è un peccato.
Voto: 4