Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 22 maggio
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Forse è vero. A Cannes si è vista un’Italia fastidiosa, per certi versi scioccante, difficilmente riscontrabile nei telegiornali della sera. Ma reale, tristemente reale. Insieme all’Italia terremotata ed appaltata di Draquila di Sabina Guzzanti, la Croisette ha infatti visto oggi in Concorso anche La Nostra Vita, splendido, duro ed emozionante ritorno in sala di Daniele Luchetti, a due anni da Mio Fratello è Figlio Unico. In Abruzzo i primi a muoversi a poche ore dalla devastante scossa furono i costruttori edili, senza scrupoli e dalla risata notturna facile. Ed è proprio questo mondo, quello dell’appalto facile, senza regole, fatto solo di onori e privo di oneri, completamente a nero e terribilmente minaccioso, soprattutto nelle sconfinate periferie delle grandi città, a fare da cornice al dramma italico di Lucchetti.
Un film che riporta il proletariato nostrano al ruolo di protagonista, attraverso un uomo, un lavoratore onesto, un padre di famiglia, interpretato da un intenso e straordinario Elio Germano, ditrutto dalla morte improvvisa dalla moglie e pronto ad elaborare il lutto “elaborando soldi“, con il denaro che diventa un risarcimento del dolore, trasformandolo da onesto in disonesto. Uno spaccato non tanto sociale quanto nazionale, per un paese dove non si fa altro che parlare di “soldi, soldi, soldi e di come riuscire a farli“, attraverso una cultura del denaro che è ormai tristemente predominante.
22 anni dopo Domani Accadrà Daniele Luchetti torna a Cannes ed accade che la Croisette lo accoglie con una giusta ovazione. Toccante, incredibilmente attuale e quasi pasoliniano nella rappresentazione romana dei suoi protagonisti periferici, Luchetti affascina e conquista, emozionando attraverso una storia tanto semplice quanto dura e figlia dei nostri tempi. Girato quasi interamente a Ponte di Nona, nella periferia nord della capitale, dove sconfinati mostri edilizi sorgono dal giorno alla notte, tra Centri Commerciali chiamati a trasformarsi in ‘piazze’, totem economici dove i soldi sono gli unici Dei da adorare, e centinaia di famiglie pronte a tutto pur di riuscire a fare quel salto ’sociale’ che permetterebbe loro di ostentare tutto l’ostentabile.
Claudio è un operaio edile di trent’anni che lavora in uno dei tanti cantieri della periferia romana. E’ sposato, ha due figli, ed è in attesa del terzo. Il rapporto con la dolce moglie Elena è fatto di grande complicità, vitalità, sensualità. I due sprizzano amore dagli occhi, si accontentano della semplicità che li ha avvolti, sognano una vacanza in Costa Smeralda, con cura ‘pesano’ i prezzi dei mobili di Ikea, in modo da riuscire a far tornare i conti mensili, e si circondano di amici e parenti che rendono il tutto una grande, proletaria e felice famiglia ‘allargata’. Fino a quando l’impensabile non decide di entrare dalla porta principale delle loro vita. Elena muore durante il parto. Claudio è totalmente impreparato a vivere da solo, senza la sua guida femminile, la sua parte saggia e controllata. Per rimuovere il dolore inconsapevolmente Claudio sposta il lutto nella direzione sbagliata: pensa solo a sfidare il destino, e a dare ai figli e a se stesso quello che non hanno avuto finora: il benessere, i soldi, i capricci, le vacanze, in una parola le “cose”. Per risarcire la sua famiglia, si caccia in un affare più grosso di lui, fino a quando capisce che è a un passo dall’abisso…
Un cast perfetto, una sceneggiatura tagliente come una lama ed una regia attenta, preparata e perfettamente capace di rappresentare gioie e dolori dei protagonisti che si susseguono sullo schermo. Evitando facili clichè e fastidiose forzature, Luchetti tocca con mano argomenti delicati e drammatici, realizzando forse il suo miglior film. Un film costruito sulle spalle di un Elio Germano mai così bravo e finalmente tornato ai suoi ‘livelli’ d’attore, dopo due anni deludenti dal punto di vista cinematografico, tra alti e soprattutti bassi, fatti di scelte filmiche semplicemente sbagliate. Con il suo ‘mentore’, però, Germano vola altissimo, riuscendo a rendere credibile un personaggio complesso, talmente vero da non farsi amare, mai, neanche per un minuto. Insieme a lui tanti bravissimi attori di ‘contorno’, valorizzati splendidamente dal regista. Irriconoscibile Luca Zingaretti, inedito e convincente Raoul Bova, solare Isabella Ragonese, ritrovato Giorgio Colangeli.
Tutti quanti incorniciati in una periferia romana in cui regna il degrato, sociale e culturale, ripresi con forza e sapienza da Luchetti, capace di amalgamare temi assai differenti tra loro come il lavoro nero, le morti bianche, la malavita, il malessere sociale, la paternità, il lutto. Come tante “anime fragili” i personaggi de La nostra Vita sembrano sempre essere arrivati al punto di non ritorno, per poi capire che “la vita continua, anche senza di noi“, come cantava Vasco, come canta qui un maestoso Elio Germano. Bellissimo.
Voto: 8