Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 14 maggio
Postata DA ME anche qui
Tratto dall’omonimo romanzo di Amara Lakhous, Scontro di Civiltà per un Ascensore a Piazza Vittorio porta al cinema un paese multietnico e al tempo stesso xenofobo come il nostro, dove troppo spesso il diverso terrorizza, al grido “l’Italia agli italiani”. Affiancata da un cast notevole e di tutto rispetto, l’esordiente Isotta Toso ci porta così nella centralissima Piazza Vittorio, a due passi dalla Stazione Termini di Roma, dove decine di culture si affrontano e scontrano quotidianamente.
Concentrati in un condominio della Piazza, i protagonisti della pellicola sono uniti nelle loro diversità da un’ascensore, “barriera fra la barbaria e la civiltà“, tra extracomunitari senza permesso di soggiorno, rifugiati politici in arrivo dall’Iran, algerini che si fingono del Sud Italia, romanisti sfegatati, fascisti, cani da combattimento, fotografi ed avvocati falliti, finendo però per dare vita ad un melting pot cinematografico semplicemente insostenibile…
Per realizzare un film non basta una semplice ed intrigante idea o un romanzo da cui partire, un soggetto che funziona, trovare dei finanziamenti statali e riuscire a mettere in piedi un cast di grido. Tutto, sempre e comunque, deve partire dalla sceneggiatura. In questo Scontro di Civiltà per un Ascensore a Piazza Vittorio è proprio lo script ad essere semplicemente indifendibile, per non dire fastidioso.
Trascinato da dialoghi involontariamente surreali e grotteschi, tutto finisce per apparire ridicolo, scena dopo scena, tanto da diventare parodistico, per non dire insopportabile. Al centro dell’Esquilino, storico quartiere romano, residenza borghese della burocrazia di fine Ottocento, sorge ormai una città nella città, abitata da decine di culture diverse, in arrivo dai quattro angoli del pianeta. Qui, in un vecchio palazzo umbertino, si snodano le vicende di un eterogeneo gruppo di inquilini, una piccola “folla multietnica” segnata da forti differenze culturali, di provenienza, di religione, di modi di intendere la vita. Nell’ambiente chiuso del palazzo e del condominio si consuma lo “scontro di civiltà” in cui tali differenze emergono prepotentemente nel quotidiano e diventano malintesi, piccole prevaricazioni, diffidenze. Ognuno di questi personaggi esprime la sua solitudine, il suo male di vivere, offrendo uno spaccato, un sunto della sua esperienza di vita, le sue riflessioni e i suoi sentimenti in una prospettiva sociale. Fino a quando una morte improvvisa e per certi versi prevedibile rompe il già instabile equilibrio condominiale. Tutti possono essere potenziali assassini e tutti si trovano ad incolparsi l’un l’altro, in modo da aiutare ‘uno di loro’, anche se apparentemente ‘diverso’…
Le nostre città sono ormai un ring perenne, dove lo ’scontro tra civiltà’ quotidianamente fa le sue vittime. La paura del diverso, alimentata da irresponsabili slogan politici, è ormai sempre più dilagante, con le grandi metropoli chiamate a dover convivere con quei grandi quartieri, nati negli anni, dove etnie e culture diverse si sono riunite sotto un unico ‘tetto’. Cercare di portarle in sala, amalgamandole in un unico condominio, dove contrasti, litigi ed amicizie si incrociano tra un piano e l’altro, era ed è una buona idea. Una sorta di ‘appartamento spagnolo’ rivisto e corretto, con l’Italia contemporanea di oggi che si specchia e si vede impaurita e xenofoba. Peccato che Isotta Toso abbia dato vita ad un film spesso senza senso, con personaggi caricaturali, mal interpretati e soprattutto ingabbiati in dialoghi e battute agghiaccianti, stupidamente costrette a volare ‘alto’.
Tutto in Scontro di Civiltà per un Ascensore a Piazza Vittorio è mostruosamente finto e poco credibile. C’è un evidente algerino, interpretato da Hamed Hafiene, che si finge del Sud Italia, sconvolgendo il mondo quando si verrà a scoprire la sua vera identità (’mascherata’ dalla regista con un doppiaggio bestiale, quando tutti gli altri recitano in presa diretta, roba da ridere), c’è un cane da combattimento alimentato con conigli vivi che si trasforma in un docile agnellino dal giorno alla notte, c’è un Daniele Liotti mai così deludente, una Kasia Smutniak incapace di indovinare un film, una Serra Yilmaz che farebbe bene a tornare dal fido Ozpetek, una Milena Vukotich nei panni della matta di turno, un simpatico e romanaccio Francesco Pannofino ed un bravo ed interessante Marco Rossetti, vera piacevole sorpresa. L’unica, insieme ad Anpalagan, canzone dei titoli di testa della Piccola Banda Ikona.
Per il resto Scontro di Civiltà per un Ascensore a Piazza Vittorio, dal punto di vista registico troppo televisivo, merita di essere cestinato proprio perchè stereotipato, forzato, inutilmente filosofeggiante, troppo attento a prendersi mostruosamente sul serio ed incapace di tratteggiare e delineare le tante anime protagoniste di quello ’scontro’ del titolo, a conti fatti non tra ‘civiltà’ bensì tra senso della realtà e senso della scrittura, qui, come direbbe Massimo D’Alema, andata a farsi fottere.
Voto: 3