Due vite per Caso
Recensione in Anteprima
Uscita in Sala: 7 maggio
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Presentato al Festival di Berlino, arriva finalmente in sala Due vite per Caso, ritorno al cinema di quel Lorenzo Balducci che negli ultimi mesi è stato al centro di inchieste mediatiche che nulla hanno a che fare con la settima arte. Travolto dallo scandalo legato al G8, l’attore ha preferito desertare la conferenza stampa romana della pellicola, il chè é a dir poco paradossale, visto che ne è l’assoluto ed indiscusso protagonista.
Opera prima del giovane Alessandro Aronadio, Due vite per Caso ci racconta e ci ricorda l’altra Italia portata a Cannes da Sabina Guzzanti, con una generazione di precari senza presente e soprattutto senza futuro, con il destino segnato. Un destino che si sdoppia magicamente, come nell’indimenticato Sliding Doors, mostrandoci l’esistenza di un ventenne qualunque, ingabbiato in una vita che non trova sbocchi, facendo montare in lui rabbia, paura, angoscia e violenza. Quella stessa violenza che porta proprio oggi una città, Roma, a militarizzarsi per una finale di Coppa Italia, pur di non finire in mano ad un branco di giovani frustrati, spesso non realizzati, cresciuti a pane, odio e xenofobia e ‘costretti’ a “tirare a campare” già a 20 anni…
Liberamente tratto dal racconto Morte di un diciottenne perplesso di Marco Bosonetto, Due vite per Caso segna il riuscito esordio di Alessandro Aronadio, interessato a portare al cinema un argomento da lui già toccato con mano attraverso la propria tesi di laurea, ovvero il ‘doppelgänger‘. Cosa sarebbe successo se… ? Partendo dal celebre e più volte visto “what if“, Aronadio disegna uno spaccato sociale dell’Italia di oggi, concentrandosi su una generazione, quella dei famosi ‘bamboccioni’ brunettiani, in realtà ‘costretti’ a rimanere in casa perchè ingabbiati da stipendi ridicoli e lavori precari, incapaci di disegnare un presente, quindi figurarsi un futuro.
Può un episodio apparentemente insignificante cambiarci l’esistenza? Se lo chiedeva Peter Howitt nel 1998 con Sliding Doors, mostrandoci la doppia vita di Gwyneth Paltrow, pronta a vivere due destini apparentemente differenti a causa di una banale porta di una carrozza della metropolitana. Se lo chiede oggi Aronadio, attraverso il personaggio di Matteo, interpretato da un più che convincente Lorenzo Balducci. Forse troppo forzata nella parte iniziale, la recitazione del giovane Balducci sale di intensità con il passare dei minuti, confermando quanto da tempo già si sapeva. Questo ragazzo ha qualità. Tralasciando lo scandalo che ha coinvolto lui e suo padre, tralasciando le apparenti ed ipotetiche spintarelle politiche che l’hanno portato negli ultimi anni a lavorare, sia al cinema che in televisione, Balducci resta uno dei misteri della cinematografia nazionale. Pochissimi film l’anno, spesso d’autore e di nicchia, una carriera ormai decennale e praticamente mai decollata, con una nomea di ‘raccomandato’ che l’ha ormai ingiustamente fatto suo, dal punto di vista recitativo, visto che nel cinema nostrano, per quanto riguarda la sua generazione, si trova molto, ma molto di peggio (e non facciamo i nomi che è meglio. Vaporidis? Scamarcio? Ok facciamoli).
Matteo è un poco più che ventenne di oggi, con un lavoro da 600 euro al mese, ancora in casa con i genitori, la ‘cricca’ di amici che lo attende al solito pub ed un futuro fosco e privo di certezze. Una sera, di corsa in macchina per accompagnare un amico al pronto soccorso, tampona un auto di poliziotti in borghese. Questi lo picchiano, lo minacciano, privandolo dei propri diritti, sconvolgendo definitivamente un’esistenza. Ma cosa sarebbe successo se quell’improvvisa e tardiva frenata fosse riuscita ad evitare l’impatto? Un altro destino avrebbe atteso Matteo, fatto comunque di dubbi, incertezze, rabbia repressa e violenza.
Omaggiando Godard e François Truffaut, con la celebre scena finale de I 400 Colpi raccontata con vigore da un accorato professore di cinema, interpretato dal mitico Tatti Sanguineti, Alessandro Aronadio realizza un’opera prima interessante, attuale, che tristemente ricorda i drammatici giorni del G8 di Genova, registicamente attenta e precisa, con campi e controcampi che ci si alternano raccontando la stessa identica scena, giocando sul parallelismo narrativo, ripreso e seguito con filo logico.
Non una semplice commedia giovanilistica ma un’opera politica a tutti gli effetti, figlia di una generazione illusa e disillusa, intrappolata come un branco di mosche impazzite in una clessidra da dove è più facile sprofondare che riuscire ad uscire, annegando in una sabbia che sembra non finire mai. Persosi in alcuni personaggi, poco chiari e mal delineati, come il misterioso ceco che segue ed indirizza il destino di ‘uno’ dei due Matteo, e in esagerati sofismi figli della tipica e pericolosa eccitazione dell’esordio, e per questo giustificati, Aronadio si circonda di bravi e giovani attori come Isabella Ragonese e Sarah Felberbaum, ‘compagne’ femminili dei ‘due’ Balducci, senza dimenticare lo splendido Rocco Papaleo, impegnato in una piccola e cinica ma riuscitissima parte.
Di sicuro impatto, visivo e narrativo, Due vite per Caso ci regala un regista da tenere d’occhio con attenzione, cosiderando le innegabili difficoltà di un esordio, tra l’altro di nicchia e d’autore, e anche per questo, se non soprattutto, piacevolmente e inaspettatamente interessante.