Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 9 aprile
Postata da me anche qui
E chi l’ha detto che devono essere sempre e solo gli uomini a chiedere la mano della propria dolce metà? In Irlanda c’è una secolare tradizione che da l’opportunità a tutte le donne di poter fare altrettanto, ma solo una volta ogni quattro anni, ogni 29 febbraio, allo scoccare dell’anno bisestile. Partendo da questa celebre e curiosa tradizione, Deborah Kaplan e Harry Elfont hanno partorito Leap Year, diventato in Italia Una proposta per dire Sì, scrivendo soggetto e buona parte della sceneggiatura in poco meno di un mese.
Una velocità di scrittura che si vede e si sente all’interno del film diretto da Anand Tucker, senza infamia e senza lode, ricco di luoghi comuni sui ‘bifolchi irlandesi’, scontato in tutto il suo evolversi ma capace di recuperare leggermente terreno nell’ovvio happy endindg, facilitato dai magnifici tramonti d’Irlanda e dalla sublime Amy Adams, adorabile e solare come suo solito anche in un titolo deludente come questo…
Tra le poche commedie romantiche made in Usa uscite in questo 2010 (Appuntamento con l’Amore e Che fine hanno fatto i Morgan?), Leap Year è sicuramente la ‘meno peggio’. Prendendo a piene mani da un classico come Bridget Jones, Anand Tucker, regista di Shopgirl e di Hilary e Jackie, gioca con una plasmabile Amy Adams, newyorkese ed arredatrice di appartamenti in vendita per renderli più allettanti agli acquirenti, stufa di aspettare l’agognata proposta di matrimonio dal proprio amato fidanzato, cardiochirurgo che da ben 4 anni tira per le lunghe il fatidico ‘mi vuoi sposare?’. Approfittando di un suo viaggio di lavoro in Irlanda, la dolce e perfetta Amy parte per Dublino, cercando di far propria quell’antica tradizione che vuole le donne, ogni 29 febbraio, chiedere la mano del proprio uomo. Peccato che il viaggio diventi un calvario, a causa di un atterraggio di fortuna che porterà l’aereo della dolce pulzella da tutt’altra parte, addirittura in Galles. Qui, tra peripezie di ogni tipo, Amy cercherà di raggiungere la capitale irlandese entro lo scoccare del 29 del mese, accompagnata da un burbero, antipatico, ubriacone del posto, che ovviamente, giorno dopo giorno, riuscirà ad insinuarle più di qualche dubbio su chi sia realmente il vero amato da sposare…
Storia sulla carta originale ma dosata malamente, con clichè irlandesi sui generis ed intermezzi pseudo comici visti, rivisti e soprattutto poco divertenti. Ci vuole tempo per far carburare l’alchimia tra i due protagonisti, ovvero la solare Amy Adams ed il guascone Matthew Goode, già visto in Watchmen, tra battutine acide, con i due che ovviamente non si sopportano ma al tempo stesso non si resistono, sketch spesso demenziali ed ammiccamenti vari. Si ride poco, si sbuffa molto.
Partendo dal presupposto che chi scrive la adora, a portare sulle spalle l’intero film è lei, la Adams, luminosa ed in forma, tanto da far chiudere più di un occhio di fronte a tutto quello che funziona poco o nulla. Esplosa proprio con una commedia romantica, Come d’Incanto, l’attrice conferma tutte le proprie qualità, riuscendo perfettamente a passare da un genere all’altro. Non che il suo personaggio entri nella storia del cinema, anzi, ma se il film riesce a farsi sopportare fino alla fine è solo ed esclusivamente grazie a lei, per 90 minuti chiamata a dover attraversare Galles ed Irlanda su dei vertiginosi tacchi, trascinandosi dietro un bel valigione di Louis Vuitton ed un impertinente ma sensualissimo irlandese.
Diretto in modo mediocre, il film ha tra le colpe maggiori quella di essere trascinato da una sceneggiatura flebile, mostruosamente scontata e poco accattivamente, capace comunque di risollevarsi nel romanticissimo finale, in cui tutto è prevedibile ma discretamente confezionato. Ciò che ne resta è una commedia romantica che si sopporta, senza troppe pretese ne virtù, confermando la forza di un’attrice ormai in rampa di lancio, qui però inciampata in uno script decisamente evitabile, e la crisi, sempre più lampante, di un genere cinematografico ormai incapace di colpire al cuore dello spettatore. A.A.A. cercasi commedie romantiche disperatamente.
Voto: 5 – –