Recensione in Anteprima
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Uscita in sala: 3 marzo
Il più visionario e gotico dei registi americani che incontra una delle favole più visionarie e folli della letteratura inglese dell’800. Di ingredienti, per alimentare l’attesa nei confronti di questo Alice in Wonderland, ce n’erano a bizzeffe.
Quasi 60 anni fa la Disney realizzava un capolavoro animato, all’opoca massacrato dalla critica e snobbato in sala. Oggi, dopo quasi 60 anni, la casa di Mickey Mouse riporta in sala un mito, miscelando live action, performance-capture ed animazione, tutto in Digital 3D.
Cosa ne è venuto fuori? Un divertente e pazzo viaggio a ritroso nel tempo, per i più grandi, imperfetto negli effetti speciali, per buona parte poco fluido e troppo infantile, ma visivamente sicuramente affascinante.
Sottolineando l’assoluta gratuità del 3D (film che si può tranquillamente vedere anche in due dimensioni), Alice in Wonderland prende a pieni mani da Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e da Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò, capolavori indimenticati di Lewis Carroll datati 1865 e 1871, rielaborandoli a proprio piacimento secondo la vena creativa di Tim Burton, visibilmente tenuta a freno, e alla penna di Linda Woolverton, in passato sceneggiatrice de La Bella e la Bestia, Il Re Leone e Mulan. Spaziando dall’immancabile gotico burtoniano al ‘fantastico’ disneyano, Alice si ritrova così ‘nuovamente’ nel Sottomondo, conteso da due sorelle regine e follemente vissuto da un Cappellaio Matto, ben più che personaggio secondario, interpretato da un Johnny Depp ancora più ‘cartoon’ del solito.Vanno indubbiamente analizzati attentamente più livelli per dover recensire, o comunque anche solo commentare, un film tanto atteso, importante e imponente come Alice in Wonderland.
Dal punto di vista prettamente tecnico, il film non regala nulla di nuovo. Dovendo fare un paragone con il recente Avatar di James Cameron, la sfida semplicemente non sussiste proprio perchè ci ritroviamo su due mondi completamente differenti. Il ‘paese delle meraviglie’ creato da Burton è sì visibilmente affascinante, ma anche visibilmente finto. L’utilizzo del green screen si vede lontano un miglio, le tante ‘creature’ parlanti del Sottomondo sono esageratamente computerizzate, tanto da far quasi rimpiangere gli animali di Narnia. Il bianconiglio, solo per fare un esempio, sembra uscito da un videogame. L’interazione degli ‘umani’ con l’universo che ruota attorno a loro non è affatto credibile, dando sempre l’impressione “dell’effetto speciale”, purtroppo non eccelso. Uno su tutti, il Fante di Cuori Ilosovic Stanye, rende perfettamente l’idea, muovendosi a ’scatti’ in tante, troppe scene.A non aiutare ci si mette poi anche il 3D, sinceramente ‘regalato’, nel senso che se ne poteva fare tranquillamente a meno. A parte qualche banale ma dovuto ‘effetto’ per accontentare lo spettatore (vedi oggetti che piovono ‘verso’ la sala), l’utilizzo del 3D appare decisamente non inglobato all’interno della trama stessa, tanto da non risultare necessario.
Dettagli tecnici a parte, comunque non di poco conto visto il loro massiccio utilizzo, il film conquista ed ammalia sia grandi che piccini, riuscendo a bilanciare sketch infantili a momenti più cupi, tipici del regista. Un regista, Tim Burton, apparso forse ‘frenato’, quasi impaurito dalla responsabilità capitatagli addosso, tagliando probabilmente molto in fase di montaggio, vista la scarsa fluidità a cui va incontro la pellicola nella sua parte iniziale e centrale. Ai personaggi già conosciuti se ne aggiungono così altri, con Alice pronta a tornare nel ‘paese delle meraviglie’ 13 anni dopo il primo ‘viaggio’. Spetterà a lei, infatti, sconfiggere il terribile paladino che permette alla diabolica Regina Rossa di governare il Sottomondo, ridando così la corona alla sorella, l’amorevole Regina Bianca, da troppo tempo ingiustamente detronizzata. Tornata tra vecchi amici, ovvero il Cappellaio Matto, lo Stregatto, Pinco Panco e Panco Pinco, il Bianconiglio, il Brucaliffo e il Leprotto Bisestile, Alice, che nulla ricorda del suo viaggio passato, dovrà così farsi coraggio e tornare l’impavida bambina di un tempo, prima di risalire nel suo vero mondo, dove c’è un “sì matrimoniale” ad attenderla…
Tante ‘concessioni’, un’Alice convincente, interpretata dalla sconosciuta e giovane Mia Wasikowska, vera femminista in pieno 800 e pronta a sbandierare l’indipendenza femminile, un Bianconiglio troppo ‘finto’, uno Stregatto bellissimo, delle Rane Servitrici esilaranti, un adorabile cane da ‘caccia’ e un cast di contorno di livello. A dominare la scena, e a far decollare il film nel momento stesso in cui entrano in azione, una fantastica e divertente Helena Bonham Carter, nei panni della Regina Rossa, e una disneyana, ma terribilmente dark, Anne Hathaway, in quelli della Regina Bianca. Perfida, grottesca, spaventosamente brutta, divertente e deliziosa la prima, autentica protagonista del film (da vero villain), con tanto di testa enorme, assolutamente credibile e superiore a tutto il restante carrozzone degli effetti speciali. Più di nicchia (perchè non approfondire di più e dare maggiore spazio a questo personaggio?) ma comunque convincente la seconda, principessa Disney nei movimenti e terribilmente gotica nel look, con tanto di ciglia e labbra color pece.
A completare il ‘terzetto’ di grandi nomi ovviamente lui, l’atteso Cappellaio Matto, Johnny Depp. Autentico co-protagonista della pellicola, e vero capopopolo contro la Regina Rossa, Depp si trasforma in un “cartoon vivente”, con movimenti irreali, capelli color Milva, occhi giganteschi verde rubino e un ossessivo indovinello, che finalmente torna in una trasposizione cinematografica del classico di Carroll, da ripetere in continuazione, ovvero: “tu hai idea del perchè un corvo assomiglia ad una scrivania?“. Matto fino al midollo, e leggermente malinconico, il Cappellaio di Depp farà impazzire i più piccoli, con tanto di infantile (ed evitabile) “deliranza” finale, senza però andare oltre ad una sincera simpatia, visto che l’attore a ben altre prove ci aveva abituato. Qui fa il suo e nulla più, senza strafare più di tanto.
Per niente musicale (ed è un peccato), Alice in Wonderland si fa così strada inizialmente lentamente, per poi crescere minuto dopo minuto, fino al finale rivoluzionario da giocare come una partita a scacchi, in cui a vincere è sicuramente la Disney, pronta a battere cassa al botteghino e soprattutto in ‘casa merchandising’. Tim Burton, dal canto suo, ha fatto quello che probabilmente gli era stato chiesto (freno a mano compreso). Scenografie da urlo, costumi sublimi, alcune idee più che interessanti (le guardie ‘carte’ della Regina Rossa e quelle da ’scacchi’ della Regina Bianca sono fantastiche), e un Sottomondo sicuramente notevole (ma attenzione, anche qui si potevano prendere libertà maggiori), ma anche effetti speciali non esaltanti e una sceneggiatura poco emozionante, trascinante e decisamente poco fluida, tanto da farsi ammirare, farsi vedere e farsi anche apprezzare ma senza andare oltre.
Forse troppo atteso, Alice in Wonderland è indubbiamente un buon film, visionario, sognante, avventuroso e gotico al tempo stesso, ma fermiamoci qui. Tim Burton in passato ha fatto di meglio, molto di meglio, non dimentichiamocelo.
Voto: 6,5