Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 5 febbraio
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Un autentico gioiello. Accolto trionfalmente al Festival di Roma, Radu Mihaileanu torna finalmente in sala 12 anni dopo Train de Vie e 5 dopo Vai e Vivrai con questo splendido, divertente e commovente Il Concerto. Giocando con la sua inimitabile ironia, Mihaileanu si conferma il “Benigni rumeno”, portando in sala la stramba, surreale, originale e deliziosa stroria di Andrei Filipov, il più grande direttore d’orchestra dell’Unione Sovietica, licenziato in tronco ed umiliato per essersi rifiutato di cacciare alcuni musicisti ebrei, nel pieno del regime comunista. Un genio musicale che si ritrova così, dopo 30 anni, sempre al Bolshoi, storica Orchestra russa, ma come uomo delle pulizie. Il destino bussa però alla porta di Filipov, con un fax, indirizzato al Direttore del Bolshoi, che finisce casualmente tra le sue mani. La comunicazione arriva da Parigi, dal Theatre du Chatelet, che invita l’orchestra ufficiale a suonare nella capitale francese. Un’occasione più unica che rara per Andrei, da tre decenni desideroso di riscatto ed ora pronto ad approfittarne, riunendo i suoi vecchi amici musicisti, spacciandoli per l’Orchestra del Bolshoi…
Si può rendere un film totalmente incentrato sulla musica classica un piccolo, godibile ed emozionante capolavoro di comicità? Sì, se siete Radu Mihaileanu. Candidato a 6 Oscar francesi, Miglior Film, Regia, Sceneggiatura, Suono, Colonna Sonora, Montaggio, Il Concerto riesce a portare al cinema una fine e sublime metafora del comunismo che fu, con il classico di Cajkovskij chiamato a rappresentare l’equilibrio perfetto tra singolo e collettività, arrivando così all’armonia assoluta, e quindi al benessere sociale…
Un trionfo di emozioni. Al Festival del Cinema di Roma Il Concerto convinse tutti, critica e pubblico, riuscendo tanto a commuovere quanto a strappare sincere risate, esattamente come riuscì a fare 12 anni fa Train de Vie. Giocando con le diversità etniche, Radu Mihaileanu ne ha una “buona” per tutti anche in questa occasione: zingari, rumeni, ebrei, russi, francesi e comunisti, tutti finiscono nel suo grottesco ed ironico calderone, alimentato a tempo di musica classica, partendo da Mozart e finendo con lo strepitoso concerto in re maggiore n° 35 per violino ed orchestra di Cajkovskij. Tanto diversi e sempre pronti ad imbrogliare il prossimo, tutti i protagonisti della pellicola riescono ad abbattere le barriere sociali e culturali che li dividono grazie all’ineguagliabile magia della musica, capace di far così crollare diversità apparentemente insormontabili.
Attraverso uno script fulminante nelle battute, surreale nella sua follia ed esaltante nella sua ‘partitura’ musicale, Il Concerto conferma le qualità di un autore che nel 1998 ebbe solo la ’sfortuna’ di trovare sulla propria strada un certo Roberto Benigni, che con La Vita è Bella andò a toccare con mano proprio il tema trattato dal suo 2° film, Train de Vie, trionfando agli Oscar. Mischiando francese, russo, romeno, inglese e una cascata di dialetti, Mihaileanu si concede ad un cast di attori semi sconosciuti, capitanati da un convincente Aleksey Guskov, nei panni di un sognante direttore d’orchestra, e dalla bella e brava Mélanie Laurent, passata dai Bastardi di Tarantino ai concertisti folli del regista rumeno. Affidandosi ad un sapiente montaggio, Mihaileanu alimenta la storia seminandola d’attesa in vista del roboante, tecnicamente complicatissimo e straordinario concerto finale, pronto ad esplodere in un trionfo di emozioni.
Da vedere possibilmente in lingua originale e con i sottotitoli in italiano (imperdibili alcune storpiature linguistiche) Il Concerto si candida da subito ad autentica sorpresa di questa stagione cinematografica appena iniziata.