Il Riccio
Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 5 gennaio
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Un raro caso. Chi scrive non ha particolarmente amato L’eleganza del Riccio di Muriel Barbery, best seller mondiale, con oltre un milione di copie vendute solo in Italia. Maledettamente ‘furbo’, il romanzo arriva oggi al cinema con l’attesa e temuta trasposizione, ad opera della giovanissima ed esordiente Mona Achache, capace probabilmente di superare l’originale cartaceo.
Ad aiutarla in tale impresa una magnifica Josiane Balasko, splendidamente calatasi nei panni della brutta portinaia, vedova, piccola, grassottella, con le cipolle ai piedi e l’alito di Mammut, e la minuta ed occhialuta Garance Le Guillermic, deliziosa nell’interpretare la saccente Paloma Josse. Attorno a queste due donne, la regista costruisce una commovente favola moderna, in cui tutti noi, chiusi a riccio nelle nostre insicurezze, possiamo in qualche modo specchiarci.
Parigi, rue de Grenelle numero 7. In uno splendido palazzo, abitato da famiglie dell’altissima borghesia francese, vive la portinaia Renée, che dalla sua triste e deprimente guardiola assiste allo scorrere della loro lussuosa e vuota vita. Con forza e determinazione, Renée cerca in ogni modo di rientrare nel clichè della portinaia grassa, brutta, sciatta, ignorante, teledipendente e scorbutica. Peccato che, una volta chiusa la guardiola, Renéè, finalmente nella sua tana, si tolga la maschera. Autodidatta, innamorata dell’arte, della musica, della filosofia, della cultura giapponese e della letteratura, Renée è esattamente l’opposto di chi vuol far credere di essere. Nessuno sembra però accorgersene, tranne due persone. Ad andare oltre la sua semplice brutta facciata è Paloma, figlia di un ministro che in casa non c’è mai e di una madre perennemente sotto antidepressivi, decisa a togliersi la vita il giorno del proprio 12° compleanno. La piccola, brillante, cinica e lucida Paloma attende quel fatidico giorno osservando con sguardo critico ed ironico il mondo che la cironda, scoprendo Renéè solo grazie all’arrivo di un nuovo vicino di casa, monsieur Ozu, ricco giapponese che smaschererà la portinaia, brutto e pungente riccio fuori, fintamente indolente, risolutamente solitario e terribilmente elegante dentro…
Un successo letterario di tale portata da rendere necessario, se non obbligatorio, l’adattamento cinematografico. A dover eseguire l’arduo compito una donna, Mona Achache, bravissima nel raccontare con tanta eleganza, originalità e maestria le storie di due splendidi e complessi personaggi come quelli di Renèe e Paloma. Per riuscirci la Achache si è concessa delle libertà rispetto al romanzo originale, senza però tradirlo, riuscendo così a contestualizzarle all’aspetto filmico. Il diario scritto da Paloma nel romanzo viene così lasciato da parte, evitando di riempire la pellicola di una fastidiosa voce fuori campo, trasformandosi in bellissimi disegni, che prendono vita, e in una macchina da presa, con cui la piccola riprenderà ciò che la circonda, registrando pensieri ed immagini, propri e degli altri.
Piccoli espedienti necessari, nel passaggio da carta a celluloide, ben strutturati e decisamente inseriti all’interno della trama stessa. Se inizialmente, infatti, la pellicola appare slegata, lenta ed eccessivamente ridondante, con il passare dei minuti si amalgama, coinvolgendo emotivamente lo spettatore. Costruito su più piani, come il ricco palazzo borghese in cui la storia si svolge, il plot incrocia continuamente i punti di vista di Renée e Paloma, fino a farli incontrare, grazie all’arrivo del Principe Azzurro, Oku, in grado di trasformare la brutta e grassa portinaia in autentica Cenerentola.
A dominare la scena, ovviamente, le due protagoniste. Sublime Josiane Balasko, trasformata nella brutta Renèé, sensibile vedova di oltre 50 anni che da oltre due decenni si è rifugiata nella solitudine, perchè terrorizzata dagli sguardi e dal giudizio degli altri. Talmente occupata a nascondersi, Renèe si è dimenticata di se stessa, rinunciando alla propria femminilità e al socializzare con gli altri. Chiusa come un riccio, solo attraverso le proprie letture, l’amato thè e le barrette di cioccolato fondente, Renèe riesce a sorridere, perchè invisibile a chiunque. Al suo fianco, la piccola, riccia ed occhialuta Paloma, decisa a non voler vivere una vita come se fosse un pesce rosso, costretto dentro una brocca d’acqua. Ad interpretarla la sorprendente Garance Le Guillermic, deliziosa 11enne ossessionata dalla morte, fino a quando questa, per la prima volta, non arriverà ad incrociare la sua strada. Una si nasconde dalla vita, l’altra vorrebbe fuggirne.
Aiutata dall’animazione, spesso omaggiata, e da un toccante tema musicale, che alterna il pianoforte a violini ed archi nei momenti più toccanti e drammatici, la giovane regista Mona Achache è così riuscita perfettamente a portare in sala l’essenza stessa del celebrato romanzo di Muriel Barbery. Cavalcando la morte per l’intera propria durata, il film si conclude con uno splendido inno alla vita, sottolineando come l’importante non sia morire, ma come in realtà si arrivi a quel temuto momento. Si può vivere, essendo in realtà morti dentro, e si può morire vivi, innamorati, felici, finalmente sorridenti e con estrema eleganza. A noi la scelta di quale strada intraprendere, prima che sia troppo tardi…
Voto: 7,5