Amabili Resti
Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 5 febbraio
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La trasposizione impossibile. C’era un’attesa quasi spasmodica nei confronti Amabili Resti, film di Peter Jackson tratto dall’acclamato best-seller di Alice Sebold. Difficilissimo era riuscire a portare sul grande schermo il limbo vissuto da Susie Salmon, quattordicenne barbaramente uccisa e pronta a vegliare dall’alto, prima di arrivare in Paradiso, la propria amata famiglia. Perennemente in bilico tra realtà ed aldilà, il romanzo di Alice Sebold, strizzando l’occhio al noir, ci portava in un onirico viaggio sul concetto della vita dopo la vita, riuscendo in maniera sublime a costruire personaggi e rapporti familiari estremamente convincenti.
Come far diventare tutto questo ‘cinema’, senza dimenticare la voce fuori campo che ci racconta la storia, della stessa Susie Salmon, che ci parla dall’alto dei cieli? Su Peter Jackson pendevano quindi difficoltà non indifferenti, in parte quasi tutte suparate. Amabili Resti non è infatti il capolavoro annunciato, ma un film potente, capace di volare altissimo in alcuni momenti, grazie ad una regia d’autore e ad un cast pazzesco, dominato da un fantastico Stanley Tucci, in odore di Oscar…
Un’adolescenza felice. Un amore finalmente ricambiato. Un primo bacio sognato giorno e notte. Una passione, per la fotografia, improvvisamente sbocciata. Una famiglia amorevole, felice, affiatata. Una vita da vivere ancora in tutta la sua interezza, fino a quando un vicino di casa non ti uccide barbaramente, a soli 14 anni. Un omicidio che distrugge non solo te, ma anche chi ti stava intorno, volendoti bene. Per questo finisci in una vera e propria ‘terra di mezzo’, tra cielo e terra, in un camaleontico e magico limbo dove puoi ancora vegliare sui tuoi cari, indirizzandoli verso la verità, verso colui che ti ha tolto la vita, in modo che non possa fare ad altri ciò che ha fatto a te. Un mondo misterioso da dove poter ammirare gli amabili resti cresciuti intorno alla tua assenza, dolce Susie Salmon…
Un film sulla morte, sulla vita, sull’amore incondizionato di un padre nei confronti della propria figlia, sui sogni di una bambina di 14 anni, sulla malvagità umana, un film sul destino e su come questo riesca ad influire sulla nostre esistenze, un film sul dolore e su ciò che da quel dolore può uscire di buono. Tutto questo e molto altro è Amabili Resti di Peter Jackson, riuscito, difficilissimo ma non esaltante ritorno in sala del Re del Signore degli Anelli.
Tecnicamente praticamente perfetta, la pellicola si perde dal punto di vista dell’emotività, riuscendo ad arrivare in maniera meno evidente al cuore e allo stomaco dello spettatore, se paragonata al romanzo originale. Jackson regala momenti di grandissimo cinema, volando alto con la fantasia nel dover rappresentare l’onirico limbo in cui finisce la piccola Susie, riuscendo tra l’altro a mantenere quello strato noir a tinte thriller, alternato al lato fortemente drammatico, che caratterizza la storia scritta da Alice Sebold, perdendosi però a volte per strada e dilungandosi nell’eccessiva durata.
L’impeccabile lavoro sui costumi, sulle scenografie, sulla cupa, solare, paradisiaca e minacciosa fotografia, sugli effetti speciali e sulla sceneggiatura, ben calibrata tra voce fuori campo di Susie che ci racconta gli avvenimenti e gli stessi avvenimenti, che si alternano al suo racconto, è evidente, tanto da meritare un sentito plauso. Manca però quel qualcosa che avrebbe reso il film un vero gioiello, tanto da lasciare quasi l’amaro in bocca per la sua non voluta incompiutezza. Il ‘legame’ tra il limbo di Susie e il mondo reale non è del tutto riuscito, così come non convincono le apparizioni della piccola Susie, ormai morta, tra gli umani. Qui, dal punto di vista dello script, qualcosa è mancato, finendo per dare una spiacevole sensazione di ’slegatura’, se non di pesantezza narrativa.
In stato di grazia tutti gli attori principali, decisamente sopra i loro standard abituali. Convincente e commovente la piccola e bravissima Saoirse Ronan, che si conferma dopo l’exploit in Espiazione (candidata all’Oscar a 13 anni). La sua Susie sembra uscita dalle pagine del romanzo, dolce, sognatrice, innamorata, sofferente ed ingenua 14 enne, con quegli occhi azzurri che bucano letteralmente lo schermo. In parte anche Mark Wahlberg e Rachel Weisz, genitori distrutti dalla morte della propria amata figlia. Wahlberg, soprattutto, conferma tutte le proprie capacità drammatiche, sottolineate ancora una volta da un’inedita Susan Sarandon, nonna ubriaca e cattivo esempio vivente per i dolci nipotini, fino a quando la morte non si abbatterà sulla famiglia, apparentemente perfetta, trasformandola nell’unica ad avere un minimo di giudizio.
A stupire però, finendo per stare una spanna sopra tutti gli altri, è Stanley Tucci. Il suo diabolico assassino colpisce nel segno, evitando di finire nel clichè del genere, regalando una performance esaltante. Il suo parlare sbiasciato (in lingua originale), la sua risata luciferina, gli occhi di ghiaccio che trasudano una lucida ed insensata follia, sono da Oscar. Tucci da anni non sbaglia più un film, è arrivato il momento di premiarlo come merita, soprattutto dopo questa spaventosa interpretazione. Ciò che ne resta è un film unico nel suo genere, visti i tanti generi trattati, toccati con mano e miscelati tra loro, ben amalgamati da una regia che trasuda capacità e da una colonna sonora che, strizzando l’occhio al new age, riesce perfettamente a dimenarsi tra tensione, commozione e mondi a noi sconosciuti.
Portare in sala The Lovely Bones era quasi impossibile. Peter Jackson c’ha provato e c’è quasi riuscito, lasciando purtroppo tanti ed emozionanti amabili resti allo splendido romanzo originale…
Voto: 7+