Barbarossa – di Renzo Martinelli: Recensione in Anteprima

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Barbarossa
Recensione in Anteprima
Uscita in Sala: 9 ottobre
Postata da me anche QUI

“Io ho visto un film che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Pontida, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino al bollente telefono di Saccà. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo… come lacrime nella pioggia. È tempo… di morire“.

Omaggiando Rutger Hauer, mitico replicante di Blade Runner e qui incredibile Barbarossa, si può commentare ciò che è la nuova discussa fatica di Renzo Martinelli, costata 30 milioni di euro, quasi del tutto sborsati da Mamma Rai, ovvero anche da noi contribuenti, e realizzato con il folle sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. In 24 anni di cinema non avevo mai vista nulla di simile. Mai nessun “film” era arrivato così vicino al senso del ridicolo. Mai nessun film era arrivato così vicino ad infangare il senso stesso di “settima arte”. Fino all’arrivo di questo Barbarossa, autentico mix propagandistico e parodistico a metà tra Braveheart, Fantaghirò, Giovanna d’Arco e Robin Hood – Un eroe in Calzamaglia

E’ difficile. E’ sinceramente difficile riuscire a commentare un film come questo Barbarossa. Difficile perchè risulta quasi impossibile non passare per faziosi, prevenuti, eccessivi, se non addirittura politicizzati, nel dover annunciare una porcheria di simili proporzioni, che nulla ha a che vedere con il Cinema.

Pensato anche come prodotto televisivo, visto che il film sbarcherà a breve sulla Rai in due puntate, il Barbarossa cinematografico non ha appigli a cui aggrapparsi. Dal 1° al lontanissimo 138° minuto si procede navigando a vista, in un mare di fastidiosissima finzione (d’altronde questa non è storia, ma semplice leggenda). Fosse un B-Movie, girato con quattro soldi e da una banda di principianti, ci si potrebbe passare anche sopra. Peccato che qui si stia parlando di uno dei film più costosi della storia del cinema italiano. Renzo Martinelli, che in passato ci aveva già fatto assaporare oscenità di vario tipo, raschia qui il fondo del barile, realizzando in assoluto il suo capolavoro di bruttezza. Nel farlo ridisegna la geografia, trasformando Milano nella “porta per la Sicilia“, fino a far sorgere il Colosseo a pochi metri dal Tevere, senza dimenticarsi di portare in sala una Roma ovviamente “debole e appestata“.

Siamo nel XII° Secolo. Le terre del Nord Italia sono governate da un imperatore tedesco, Federico Hohenstaufen, detto Barbarossa. Il sogno del “Barbarossa” è quello di conquistare le terre del Centro e del Sud, così da far rivivere l’impero che fu di Carlo Magno, ovvero un Impero Universale. Peccato che nelle terre del Nord ci sia un giovane milanese di nome Alberto da Giussano, che, dopo vari soprusi e la distruzione di Milano, riuscirà ad unire quelle stesse terre in una Lega Lombarda, a dar vita ad una Compagnia della Morte e a sconfiggere il terribile Re, riconquistando la libertà

Cosa ci faranno mai attori del calibro di Rutger Hauer e F. Murray Abraham in un film simile? Domanda a cui difficilmente si riesce a trovare risposta, visto la ‘qualità’ dell’opera. Perchè, perchè, perchè? Saranno solo fatti loro, parafradando un celebre spot di un altro dei protagonisti del film, ovvero Raz Degan. Soprattutto il secondo, F. Murray Abraham, lascia basiti. Diventato attore feticcio di Renzo Martinelli, Abraham 25 anni fa incantava il mondo in Amadeus. Il suo fantastico Antonio Salieri gli permise di vincere un Oscar e un Golden Globe. Per 25 anni Abraham è sempre stato associato a quel celebre personaggio, fino ad oggi, visto che grazie a questo Barbarossa Abraham sarà per tutti sempre e solo… Siniscalco Barozzi.

Dalla vetta dell’Olimpo ai bassifondi più impensabili, F. Murray Abraham paga caro la scelta di esser diventato l’attore feticcio di Renzo Martinelli, a cui si deve questa storica trasformazione. Da Antonio Salieri a Siniscalco Barozzi, ebbene sì. Al suo fianco Rutger Hauer, che probabilmente qualche pezzo di pane in bocca dovrà pur metterlo a fine mese, nei panni del temibile Barbarossa, combattuto con onore dal figlio di un fabbro, trasformatosi ad un certo punto del film in gioielliere, Alberto Da Giussano, ovvero Raz Degan, che a forza di bere Jagermeister è riuscito a diventare addirittura il William Wallace della Lega Nord.

In 140 minuti Renzo Martinelli ci riporta così indietro nella storia, bagnandola completamente di leggenda e propaganda, facendo diventare la “falce” presagio di sconfitta per Barbarossa, arrivando fino ai Re Magi e a una Giovanna d’Arco in salsa leghista, qui interpretata da una psicotica e insopportabile Kasia Smutniak, ragazzina ‘toccata dal fulmine’ capace di predire il futuro attraverso mal riuscite visioni.

Attorno a questo desolante quadretto attoriale, Martinelli ci infila una serie di comparse assolutamente imperdibili. Non c’è scena, infatti, in cui i ‘figuranti’ non regalino espressioni da morir dal ridere, facendo precipitare tutto sempre più nel patetico. Patetico come gli “effetti speciali”, sinceramente ridicoli, il miliardo di ralenty, il gratuito e pesantissimo finale pulp, l’onnipresente colonna sonora che strizza più di un occhiolino al Gladiatore, la fotografia alla “Centro Vetrine” o le scene di presunta azione, caotiche, zeppe di primissimi piani, quasi sempre incomprensibili e non aiutate da un montaggio televisivo che finisce per ammazzare definitivamente il tutto.

Arrivasse negli States, Barbarossa trionferebbe di diritto ai Razzies Awards, rischiando probabilmente di battere record su record, facendo forse impallidire addirittura Uwe Boll. Questo non è il cinema italiano. Questo non ha nulla a che vedere con l’industria cinematografica nazionale. Questo semplicemente non è cinema. Questo è aver buttato 30 milioni di euro. Questo è il Barbarossa di Renzo Martinelli. Questo è il film più brutto che ho visto al buio di una sala in tutta la mia vita.

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