G-force – Superspie in missione
Recensione in Anteprima
Postata da me anche QUI
Uscita in Sala: 24 settembre
Jerry Bruckheimer ha colpito ancora. Il Re Mida dei produttori hollywoodiani, il padre dei blockbuster, ha fatto nuovamente centro. Prendendo a piene mani dal cinema ’spionistico’ di genere, Bruckheimer ha partorito un possibile franchise dagli introiti infiniti, realizzando un buon titolo per tutta la famiglia, irresistibile per i più piccoli ma decisamente sopportabile anche per i più grandi.
In cabina di regia il quasi esordiente Hoyt Yeatman, mago degli effetti speciali, premiato con l’Oscar e al lavoro con Bruckheimer in altre ‘americanate’ come Armageddon, The Rock, Con Air e Kangaroo Jack. Promosso dietro la macchina da presa, Yeatman è riuscito a rendere credibili degli adorabili porcellini d’India trasformati in agenti super segreti, attraverso un mix di azione, comicità, citazioni e un’ottima CGI, chiamata a soccorrere una trama, e degli attori in carne ed ossa, quasi inesistente…
Il Governo degli Stati Uniti d’America sta addestrando in gran segreto degli animali, dalle razze più varie, in modo da trasformarli in spie. Dotati di un equipaggiamento ultratecnologico, questi animali si ritrovano a dover salvare il mondo dalla sua assoluta distruzione! In missione andranno così i porcellini d’India Darwin, Blaster, Juarez, la mosca Mooch e la talpa Speckles, tutti uniti sotto un unico obiettivo… sconfiggere il super nemico e diventare agenti F.B.I. a tutti gli effetti.
James Bond, Bourne, Alvin Superstar, Mission Impossibile, True Lies, sono tanti i ‘classici’ di Hollywood a cui Bruckheimer e Cormac Wibberley, sceneggiatore, hanno attinto per questo primo capitolo di una sicura ed inevitabile saga. Tutto ruota attorno ai protagonisti ‘animali’ della pellicola, autentici protagonisti, con gli attori ‘reali’, Bill Nighy e Zach Galifianakis, appena visto in Una notte da Leoni, autentiche comparse.
A dominare la scena gli effetti speciali, chiamati a supportare e a rendere credibili dei porcellini d’India che parlano, saltano, corrono, camminano ed interagiscono come esseri umani, con tanto di vestiti, pose e mimiche facciali. Su questo campo, da assoluto specialista, Hoyt Yeatman colpisce nel segno, spingendo sull’accelleratore dell’azione pura, grazie anche alla velocità dei piccoli protagonisti e alla loro minuta stazza, che gli permette di ‘volare’ con la macchina da presa a proprio piacimento. Da questo punto di vista piaceranno ai più piccoli le tante scene con protagonista la mosca, pronta a regalarci attraverso la sua ’soggettiva’ delle belle corse aeree tra rischi e ostacoli di ogni tipo.
Vedere i porcellini interagire tra loro è assai divertente, grazie anche alle quattro semplici e banalotte personalità che ovviamente li contraddistinguono. Abbiamo così Darwin, il capo, il leader della squadra, convinto di essere speciale e pronto a tutto pur di raggiungere gli scopi della missione; Blaster, “l’action man” della situazione, esperto in armi, sbruffone, spaccone ed amante del pericolo; Juarez, sexy porcellina d’India che fa patire i due ‘masculi’ del gruppo, esperta d’arti marziali e chiamata sempre a risolvere le situazioni più complicate; ed infine Hurley, dolce, casinista, cicciottello e fifone porcellino che non fa parte della squadra, essendo finito casualmente sulla sua strada, in cerca di una famiglia che gli voglia bene.
A loro si affiancono anche altre specie animali ’super speciali’, come la talpa Speckles, specialista informatico, e la mosca Mooch, dotata di microfoni e telecamerine in modo da carpire ogni segreto. Peccato che attorno a questi personaggi computerizzati il lavoro in cabina di sceneggiatura si sia sprecato ai minimi sindacali, con una trama che troppo spesso presenta delle ‘mozzature’ evidenti, non aiutata dalla regia poco fluida e troppo spesso balbettante di Yeatman, palesemente poco avezzo e abituato a responsabilità simili. A risentirne anche gli attori in carne ed ossa, che si limitano davvero ad un semplice compitino, tanto da ‘infastidire’ la scena quando devono interagire con gli animaletti parlanti.
Appunti che passano automaticamente in secondo piano dinanzi ad un pubblico ‘meno adulto’ e interessato al puro svago, qui evidente negli appena 80 minuti di durata. Il film diverte, strappa diversi sorrisi e non annoia, lanciando nello stagno anche quei temi tipicamente disneyani come l’importanza dell’amicizia, del credere in se stessi, sempre e comunque, e della famiglia, non per forza di cose ‘tradizionale’. Caratteristiche qui ben evidenziate, tra una canzone e l’altra dei Black Eyed Peas, secchiate di azione ed un 3D poco caratterizzante, tanto da non risultare assolutamente necessario per la visione della pellicola.
Chi si aspetta o cerca un capolavoro, che guardi da tutt’altra parte. Chi invece cerca un’ora e venti di svago da far passare ai propri figli/nipoti, punti pure il proprio obiettivo su questi 4 porcellini d’India, pronti a far arricchire ancora di più il proprio geniale ‘papà’, grazie a camionate di merchandising che già da soli “giustificano” cascate di sequel…
Voto: 6+