In un paese in cui il Premier denuncia e porta in Tribunale giornalisti e quotidiani a lui ostili, la critica, l’opinione, soggettiva ed assolutamente opinabile, diventa sempre più merce ‘scomoda’, a cui reagire con forza ed aggressività.
L’ho capito ieri sera sulla mia pelle, per la prima volta dopo 6,365 post e 4 anni e mezzo di Spetteguless, quando Imma Battaglia è venuta ad aggredirmi verbalmente.
La mia colpa? Aver OSATO parlare di Gianni Alemanno al Gay Village, anche se non fisicamente presente.
Come se io avessi parlato della serata o della sua splendida passerella frocia, tra sorrisi, strette di mano e lunghe chiacchierate con i presenti, come se il mio giudizio DOVESSE essere in qualche modo edulcorato dall’immagine, dall’apparenza e non dal contenuto.
Per parlare di Gianni Alemanno al Gay Village, secondo Imma Battaglia, dovevo ESSERE al Gay Village. Come se non bastassero le sue parole, le sue dichiarazioni rilasciate alla STAMPA e riportate ovunque. Come se un virgolettato non bastasse per poter esprimere un GIUDIZIO, una critica, un parere, un opinione.
Per Imma Battaglia a quanto pare no, misteriosamente non bastano.
Così alle 5 del mattino, mentre il sottoscritto si faceva beatamente i cazzi propri in mezzo alla pista, Imma Battaglia è dovuta venire a farmelo presente, con la sua solita strabordante, fastidiosa e minacciosa irruenza.
TU NON SEI UN GIORNALISTA, NON ERI AL GAY VILLAGE, NON POTEVI PARLARNE, NON POTEVI SCRIVERE QUELLO CHE HAI SCRITTO SU ALEMANNO. SEI UN CHIACCHIERONE, SEI RIDICOLO, SEI UN CHIACCHIERONE, SEI UNA CHECCA ISTERICA. E MI RACCOMANDO SCRIVILO CHE TI HO DETTO CHE SEI UNA CHECCA ISTERICA, VOGLIO LEGGERLO DOMANI!
Un fiume in piena, un’aggressione verbale, che ha lasciato di stucco anche un mio amico presente alla scena, a cui non mi è stato minimamente dato modo di reagire. Ho gentilmente chiesto ad Imma quali fossero le “cazzate” o le “menzogne” scritte da me su Gianni Alemanno al Gay Village, ma lei non ha ovviamente risposto, continuando a sputarmi addosso questo “checca isterica” in tono dispregiativo e sinceramente imbarazzante (ovviamente per lei).
Un insulto omofobo in arrivo non dallo “Svastichella” di turno ma da colei che da anni DICE di lottare per i nostri diritti. Un insulto che esce dai binari della “battuta” (chi di noi non ha dato almeno una volta della “checca isterica ad un amico?), perchè detto con rabbia, con forza, con disprezzo, senza sorrisi sulle labbra ma con una smorfia di fastidio, urlandomelo e sbattendomelo in faccia con tanto di SFIDA finale, con quel provocatorio “e mi raccomando scrivilo che te l’ho detto, voglio vederlo scritto domani!”.
Detto, fatto, cara Imma. Eccoti accontentata.
Come tu possa farti venire l’acido per colpa di un ragazzo che scrive le proprie opinioni su un blog dal ridicolo nome resterà uno degli interrogativi della mia vita.
Per anni ti ho sempre visto come un moderno “cane pavloviano”, schiumante rabbia al solo rumore della campanellina, per te rappresentata dalla critica di turno. Sei irruenta e aggressiva, “doti” che probabilmente ti hanno aiutato ad ottenere gli indiscussi successi che hai ottenuto in 20 anni di lotte con il movimento glbt.
Un movimento che dovrebbe però TREMARE al sol pensiero di essere rappresentato da una persona che troppo spesso è incapace di dialogare PACIFICAMENTE, di ascoltare e di rispondere educatamente, di reagire senza aggredire, verbalmente e ‘fisicamente’ chi ha davanti, evitando di andare sempre “sotto” all’interlecutore, in una sorta di sfida perenne a chi ce l’ha più duro, neanche fossimo a Pontida tra camicie verdi e ampolle.
Un movimento che dovrebbe riflettere dinanzi ad una persona che con tanta disarmante e dispregiativa semplicità si trasforma in un autentico distributore di insulti omofobi, teoricamente combattuti ma poi impugnati al momento del “bisogno” (o della difficoltà).
Un “insulto” che il sottoscritto non solo ha fatto suo con il proprio immancabile sorriso sulle labbra (sono checca e sono isterico, trovatemi un gay che non lo sia e mi taglio l’uccello), ma che ha sposato e messo in cassaforte, insieme ai tanti altri ricevuti in passato e ai tanti altri che riceverò in futuro, ridendo però del fatto che ad affibiarmelo, paradossalmente, sia stata una “lella” incredibilmente maleducata, se non semplicemente cafona.