Chéri
Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 29 agosto
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Parigi, 1906. Nel bel mezzo della Belle Époque la capitale francese pullula di cocotte d’alto bordo, prostitute di rango, ‘cortigiane’ sensuali e bellissime capaci di far cadere le teste di regnanti e ricchi uomini d’affari, che vengono nella libertina e avanguardista Parigi per divertirsi e trovare l’amore. Un sentimento, quest’ultimo, sconosciuto a queste donne che segnarono un’epoca, come la splendida e raffinata Léa de Lonval, ormai 40 enne e pronta a nuotare nel lusso più sfrenato, fatto suo dopo aver passato una vita sotto le lenzuola. Fino a quando la sua strada non incontra quella di Chèri, 19enne viziato, bisognoso di crescere e per questo dato ‘in pasto’ dalla madre, anche lei cortigiana, Madame Peloux, all’amica/rivale Lèa. Peccato che i sentimenti arrivino a rovinare i piani di Lèa, Madame Peloux e Cherì, in un crescendo di passione, amore, gelosia e sensi di colpa, finendo per appassirsi come uno splendido, affascinante ma vecchio fiore…
20 anni dopo Le Relazioni Pericolose, Stephen Frears, Michelle Pfeiffer e lo sceneggiatore Christopher Hamtpon tornano a lavorare insieme con questo Chèri, delizioso, delicato, raffinato e perfettamente riuscito dramma in costume. Ispirato al celebre romanzo omonimo di Gabrielle Colette, Chèri conferma le incredibili e indiscusse qualità registiche dell’ormai settantenne Frears, autentico maestro inglese, supportato da una sceneggiatura frizzante e da due attrici, Michelle Pfeiffer e Kathy Bates, semplicemente strepitose.
Tre anni dopo il boom di The Queen Stephen Frears rischia seriamente di rifare il ‘colpaccio’ con la Notte degli Oscar. Sarebbe un delitto se all’Academy non tenessero conto di questo Chèri per i magnifici costumi di Alan MacDonald, le scenografie d’epoca, la deliziosa colonna sonora di Alexandre Desplat, capace di essere al tempo stesso epica, farzesca, roboante, se non addirittura circense e felliniana, e la fresca, divertente, dissacrante e ricchissima di dialoghi sceneggiatura di Christopher Hamtpon.
Tutto questo immortalato dal delicato tocco del regista inglese, che sin dall’inizio, grazie ad una voce fuori campo quasi parodistica, ci accompagna per mano nella Parigi dell’inizio del 900, portandoci in un mondo, quello delle cortigiane, tanto affascinante quanto misterioso. A vestire i panni delle due protagoniste due donne tanto differenti quanto complementari. Elegante, ancora bellissima, ricca, apparentemente glaciale e di gran classe Léa de Lonval, interpretata da una affascinante e ‘appassita’ Michelle Pfeiffer. Possente, subdola, sgradevole, cinica e ormai antico ricordo di una giovinezza che fu Madame Peloux, portata in sala da una strabordante Kathy Bates.
Le due attrici, per la prima volta in coppia, fanno furore, grazie anche alle tantissime battute taglienti regalate dall’incisiva sceneggiatura di Hamtpon. Léa de Lonval e Madame Peloux non si sopportano, si odiano, in passato sono state addirittura ‘rivali’, pronte a contendersi i clienti, ma da una vita sono ‘costrette’ ad essere amiche. Questo perchè sono viste malamente dal resto della società, che le coccola, le paga e le seduce in camera da letto, per poi evitarle alla luce del sole. Donne che vivono con la consapevolezza che nel momento in cui verrà a mancare la loro bellezza, fonte di guadagno e di fortuna, perderanno tutte quelle attenzioni che hanno permesso loro di essere sempre adulate e coccolate nel corso della giovinezza, ormai antico ricordo.
Tra le due donne il rapporto si fa ancora più saldo nel momento in cui Madame Peloux ‘affida’ suo figlio Chèri, 19enne, a Léa de Lonval. L’intenzione è quello di farlo crescere, sotto tutti i punti di vista. Peccato che il rapporto tra i due, che inizialmente doveva durare un paio di settimane, vada avanti per sei lunghi anni, ovvero fino a quando Madame Peloux non organizza un matrimonio combinato, di convenienza, per l’ormai 25enne Chèri. In ballo c’è la rispettabilità e un ricco patrimonio. Chèri deve decidere, prendendo finalmente la sua strada, lasciando così Léa de Lonval nuovamente sola, vecchia ed incredibilmente innamorata…
Ciò che impressiona, come in quasi tutti i film di Frears, è la maniacalità e l’attenzione nei minimi particolari portata avanti dal regista, estremo perfezionista. Le diversità tra le due donne, ad esempio, vengono, rese ancora più evidenti attraverso l’arredamento delle case, solare, chic, minimalista e moderna quella della prima, cupa, kitsch e quasi ‘volgare’ quella della seconda, per non parlare dei ricchi e diversissimi guardaroba, in un trionfo di dettagli che fa volare via la pellicola in modo meraviglioso.
Convincente anche la prova del giovane Rupert Friend, tanto candido quanto sessualmente etereo, con tanto di omaggio finale all’indimenticato Le Relazioni Pericolose, con un magnifico primo piano su una stanca, invecchiata, triste e smunta Michelle Pfeiffer, che tanto ricorda quello di una struccata e strepitosa Glenn Close. In conclusione, monumentale Stephen Frears.
Voto: 7,5