La vita segreta delle api
Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 17 aprile
Postata da ME anche su Cineblog.it
Carolina del Sud, anni 60. Lily Owens è una quattordicenne che deve convivere con un macigno sulla coscenza, la morte della madre. E’ stata lei accidentalmente ad ucciderla, e da allora non passa giorno senza che una lacrima non le attraversi il viso, ripensando a quel tragico giorno. A non darle quel necessario bisogno d’amore nemmeno il padre, scorbutico e violento nei suoi confronti. Lily decide così di scappare da casa, accompagnata dalla sua tata di colore Rosaleen, per le strade di un’America ancora fortemente razzista ma pronta al cambiamento, alla ricerca di un misterioso luogo che lei sente in qualche modo legato alla defunta madre. Lily incrocerà così la strada delle sorelle Boatwright, che accolgono lei e Rosaleen in casa. August, June e May, a capo di una fiorente attività di apicoltura, le daranno finalmente quel bosgno d’amore che da una vita andava cercando, assaporando così per la prima volta il nettare della vita…
Autentico caso letterario, quasi 5 milioni di copie vendute in tutto il mondo, arriva finalmente anche in Italia la trasposizione cinematografica de La vita segreta delle api, da mesi passato attraverso le forche caudine del botteghino americano, sbancato con 37 milioni di dollari, dopo esserne costati 11. A portarlo in sala l’acerba ed inesperta Gina Prince-Bythewood, pronta a circondarsi di un cast tutto al femminile, dominato da una sempre più sorprendente Dakota Fanning, ormai cresciuta e ancor più brava. Peccato che il film ‘chiami’ la lacrima a comando, risultando non stucchevole ma sicuramente troppo smielato…
Un film sull’America degli anni 60, sui diritti dei neri, sul movimento per i diritti civili, sulle ‘ronde’ cittadine nei confroni di chi voleva avvalersi di quei diritti inalienabili, appena resi legge da Lyndon B. Johnson, con il Civil Rights Act, ma soprattutto una storia sul bisogno di amore e di una famiglia, che tutti noi sentiamo.
Questo è La vita segreta delle Api, commovente opera tanto delicata e calibrata quanto scontata e a tratti surreale nel suo evolversi. La piccola Lucy che fugge dal padre in cerca di una casa misteriosa, in realtà autentico Paradiso Terrestre, ‘comandata’ da una donna dalla bontà talmente infinita da risultare fastidiosa, fa leggermente storcere il naso. Eccessivo è dire poco. Ma su questi punti, come nel caso di Come un Uragano, la colpa è sicuramente da far ricadere sul romanzo originale, più che sul film stesso. Attraverso gli occhi di quattro donne di colore vediamo così l’America di quegli anni. Un’America a tratti generosa, sempre pronta ad aprire la propria porta di casa per fare del bene, ma al tempo stesso un’America impaurita, fragile e scettica, perennemente restia a fidarsi dello straniero, soprattutto se di colore.
A portare in sala queste quattro “madri” un cast stranamente ‘musicale’. La giunonica, prosperosa e generosa Queen Latifah, la silenziosa, testarda ed orgogliosa Jennifer Hudson, la bellissima, glaciale e combattiva Alicia Keys e la depressa dal sorriso illuminante Sophie Okonedo. Quattro donne per dare amore a lei, la piccola Lucy, interpretata da una sorprendente Dakota Fanning. La piccola Dakota che faceva ombra a Tom Cruise ne La guerra dei Mondi è finalmente cresciuta, trasformandosi nel fisico ed acquistando ancor più emotività nei ruoli drammatici come questo, che la esaltano in maniera impressionante. Da sola, come visto recentemente anche in Push, Dakota tiene sulle proprie spalle l’intera pellicola, che sicuramente non brilla in quanto ad originalità.
L’inesperta Gina Prince-Bythewood offre poco alla causa, senza riuscire a ’spettacolarizzare’ nemmeno i tanti momenti in cui sono le api a diventare protagoniste. Il paragone con Pomodori Verdi fritti alla Fermata del Treno di Jon Avnet viene quasi spontaneo, viste le difficoltà razziali presenti nella storia, gli anni 30 nel film di Avnet, gli anni 60 in questo, le tante protagoniste femminili, la genesi su carta, la drammaticità della trama e la centralità delle api e del loro nettare, ma sinceramente è un paragone che non sussiste.
Qui la lacrima viene paradossalmente quasi sempre ‘anticipata’, presentata e avvisata da una scontatezza che fa parte della storia stessa, finendo raramente per commuovere veramente. A tener su la trama un cast indubbiamente azzeccato, con un terribile padre padrone, interpretato da un odioso Paul Bettany, a vestire i panni dell’uomo bianco razzista ed incapace d’amare.
Probabilmente sotto mani più esperte, anche in cabina di sceneggiatura, sempre opera di Gina Prince-Bythewood, si sarebbe potuto molto fare di più. Ciò che ne resta è un film ‘vedibile’, soprattutto per chi ha letto ed amato il romanzo da cui è tratto, senza però andare troppo oltre. Se poi qualcuno ci spiega come mai sono state chiamate a recitare cantanti della levatura di Queen Latifah, Jennifer Hudson e Alicia Keys, senza farle mai cantare “veramente” neache una piccola canzoncina, ci farebbe un enorme piacere…
Voto:5,5