Il cosmo sul Comò
Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 19 dicembre
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Che fine hanno fatto Aldo, Giovanni e Giacomo? Da quando hanno sposato i cinepanettoni di DeLaurentiisiana memoria? Cascano sinceramente le braccia nel vedere Il cosmo sul Comò, ultima “fatica” del trio, di ritorno in sala a 4 anni da Tu la conosci Claudia?. Venduti al Dio denaro, Aldo&Co non sono riusciti ad andare oltre a 4 storie/sketch, tutte slegate tra loro e malamente unite da un presunto filo conduttore ‘illuminato’, con tanto di maestro orientale chiamato Tsu’ Nam.
Semplicemente imbarazzanti e per nulla divertenti le prime due, le ultime due storie recuperano terreno, strappando finalmente qualche risata, incapaci però da sole di spiegare il perchè di un film simile. L’avessero portato in sala i fratelli Vanzina un prodotto di questo tipo, magari con Boldi e De Sica come protagonisti, probabilmente tutti avremmo gridato alla colossale porcata. Con Aldo, Giovanni e Giacomo si ha invece quasi il timore di dirlo, visto che in precedenza avevano sposato un altro tipo di comicità cinematografica, totalmente dimenticata in quest’ultimo lavoro…
Due discepoli, un maestro orientale, un disastroso gong ed un illuminazione da raggiungere. Da questi 3 banali e stupidotti personaggi, e dalle loro altrettanto banali e stupidotte gag, parte Il cosmo sul Comò, ovvero spaccato pseudo comico sulla specie umana, ed in particolare sulla razza italica. Quando la semplice e senza pretese commediotta italiana cerca di mascherarsi da specchio sociale tocca davvero le corde del fastidio più estremo. Spessissimo è capitato e spesso capita, con Il cosmo sul Comò che non esce da questo tunnel fintamente arredato, perchè in realtà spoglissimo e ricco d’echi, visto il palese vuoto presente in esso.
Se c’era qualcosa che ha sempre stupito di Aldo, Giovanni e Giacomo è stato il loro riuscire a costruire una comicità cinematografica differente dai cinepanettoni, poco volgare, simpatica, a volte profonda se non addirittura “alta”. Qui, tutto ciò, è stato davvero dimenticato sul comò di qualcuno dei tre. Con il primo episodio Giovanni cita/omaggia/copia il mitico Furio di verdoniana memoria, con un milanese doc estremamente rompiballe. C’è da partire per le vacanze e l’incubo inizia per tutta la famiglia, tra valigie numerate, partenza cronometrata e canzoncine da cantare in macchina. Peccato che nessuna delle 3 famiglie riuscirà per un motivo o per l’altro a scappar via dalla Milano d’agosto, rimanendo così in città. Quanto si ride? Poco o nulla. Quasi fastidioso Aldo con le sue urla, macchiettistico Giovanni, abbastanza inutile Giacomo. In sostanza si parte male, ma davvero…
Con il 2° episodio paradossalmente le cose peggiorano. Aldo veste i panni di un ingenuotto di paese innamorato della bella compaesana di turno, Giacomo quelli di un prete di una chiesa diroccata e Giovanni quelli del sacrestano che ruba dalle offerte. I tre vivranno una sorta di avventura, con una misteriosa valigetta protagonista. Trama scontatissima, gag estremamente banali, per quello che è il peggior episodio dei 4. A dir poco stancante, visto che è passata quasi un’ora e le risate non solo non arrivano ma vengono sostituite dalla noia…
Qui però arriva la sorpresa. Il terzo episodio, che sfotte Harry Potter ed i celebri quadri in movimento inventati dalla Rowling, è indubbiamente simpatico ed originale. A saltare subito all’occhio è l’ottimo lavoro fatto in post produzione, oltre ad un buon numero di gag, alla comparsata di Jean Claude di Sensualità a Corte e ad un ritmo che finalmente tiene in vita la risata dello spettatore. Dopo un’ora di sonno, vivaddio arriva qualcosa di divertente…
L’ultimo sketch, il più ‘cinematografico’ ed anche più pseudo articolato a livello di plot, risulta indubbiamente essere il più riuscito. Il tutto grazie anche ad uno strepitoso cameo di Angela Finocchiaro, nei panni di un irresistibile dottoressa. La maternità e le difficoltà che una coppia trova sulla propria strada nell’avere un bambino fanno da collante alla storia, con uno splendido Giacomo come protagonista. Qui si ride, e non poco, con tanto di finale fintamente cinico.
Peccato che due storielle su 4 non bastino alla promozione dell’opera, legata da questo sinceramente stupido ed inutile sketch con il maestro orientale ed i suoi discepoli. A salvarsi, paradossalmente, è la regia di Marcello Cesena, assolutamente promossa all’interno di una sceneggiatura, lenta, scontata e banalotta, marchiata a fuoco da un’oscena locandina che è un purtoppo un palese avvertimento. 3 al primo episodio, 2 al secondo, 6,5 al terzo, 7 al quarto, 2 a Tsu Nam e ai suoi discepoli, per una media voto di…
Voto: 4