Australia
Recensione in Anteprima
Uscita in sala: 16 gennaio
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Australia 1939. Dall’Inghilterra arriva con i suoi corpetti e la sua spocchia Lady Sarah Ashley, nobildonna dal matrimonio infelice in cerca del proprio marito, da riportare a casa. Peccato che una volta arrivata, in un mondo agli antipodi del suo, la donna si ritrovi catapultata in un impensabile avventura. Improvvisamente vedova e con una mandria di 1500 capi di bestiame da portare immediatamente in città, Lady Ashley dovrà combattere contro il barone del bestiame King Carney, che vuole la sua proprietà, ed il suo terribile tirapiedi. Ad aiutarla un magico bambino meticcio ed uno scontroso e rude Mandriano, che la porterà lungo le sperdute ed immense lande dell’amore…
7 anni dopo Moulin Rouge!, 2 anni di lavoro e 140 milioni di dollari, Baz Luhrmann porta finalmente in sala il film della vita, da sempre sognato ed ora diventato realtà. Un Kolossal epico che punta dritto alle emozioni dello spettatore, senza però convincere troppo, tra “post produzione” deludente ed un storia che probabilmente mette troppa carne al fuoco…
Chi scrive venera Baz Luhrmann, autentico genio visionario capace di realizzare un capolavoro come Moulin Rouge! ed un autentico gioellino come Romeo + Juliet. Questo Australia però, forse troppo atteso, lascia dell’amaro in bocca, un senso di “eccesso” e di incompiutezza assolutamente inaspettato.
In una terra magnifica, immensa, stupefacente se non brutale, Luhrmann ci racconta la storia di questi due personaggi, così diversi ed ovviamente così inclini all’esplosione dell’amore più puro. Lei, Nicole Kidman, aristocratica, snob, altezzosa e cinica, parte dalla comoda Inghilterra per l’Australia, con l’intento di cercare di rattoppare un matrimonio deludente ed incapace di donargli un figlio, perchè impossibilitata a farne. Lui, Hugh Jackman, rude, bestiale, sempre pronto alla rissa, vero e proprio Mandriano, visto malamente in città perchè ‘amico’ degli aborigeni, con tanto di ex moglie di colore. Le strade dei due ovviamente si incrocieranno, con un odio iniziale, necessario a nascondere una palese attrazione, pronto a sforciare in amore e passione…
Il romanticismo, il dramma, l’avventura, la guerra, il mito del west, il tema del razzismo. Tutto questo e molto di più è Australia, eccessivo nel suo voler toccare troppi argomenti, cercando di amalgamare una storia che alla fine risulta troppo lunga e paradossalmente ‘fredda’, per via di un pessimo lavoro di post produzione. Se in Moulin Rouge le scenografie pop palesemente rifatte al computer avevano un magnifico senso, in Austrlia alla lunga finiscono per infastidire, se non addirittura ‘gelare’ l’atmosfera, per colpa di una fotografia eccessivamente ritoccata.
Il voler trovare sempre e comunque il colore perfetto, quasi pastello nel suo romantico bagliore passionale, finisce per creare l’effetto contrario, con decine di scene quasi “rovinate” da questi magnifici sfondi australiani passati in post produzione. Il perchè si sia cavalcata con forza questa strada, così a lungo e così tante volte , resta sinceramente un mistero. Ed è un vero peccato, visto che l’inizio è semplicemente folgorante…
Il genio visionario di Luhrmann esplode nei primissimi 15 minuti di film, con il preambolo raccontato dal piccolo Nullah, voce narrante dell’intera storia, uno straordinario omicidio e l’arrivo di Nicole Kidman in Australia. Qui, tra trovate registiche ed incredibili movimenti della macchina da presa, con dolly magicamente ariosi, Baz centra in pieno l’obiettivo, ammaliando. Con il passare dei minuti però la storia prende una strada particolare, se non mistica, con il ‘nonno stregone’ di Nullah involontario protagonista ed una serie impressionante di sottotracce, che finiscono quasi per pestarsi i piedi…
Le obbligate tappe che porteranno all’esplosione dell’amore tra Nicole Kidman e Hugh Jackman, ovviamente inizialmente portati ad odiarsi, sono abbastanza scontate anche se ben articolate sui due attori, con una Kidman che svetta per bravura, in un film epico che strizza l’occhio ai classici del genere, omaggiandone uno in maniera forse decisamente eccessiva. Il richiamo al Mago di Oz di Baz è delizioso quanto commovente, ma scippare il tema musicale cantato da Judy Garland, Somewhere over the rainbow, e trasformarlo praticamente nel tema musicale di Australia è stato ‘forse’ troppo.
Con la parte centrale e la parte finale abbiamo lo sfociare dell’amore tra Nicole e Hugh, malamente rappresentato dal punto di vista passionale, l’impossibile missione portata a termine, l’aumento vertiginoso del potere del ‘cattivo’ di turno, fino all’arrivo degli giapponesi, pronti a bombardare Darwin dopo aver fatto lo stesso con Pearl Harbor. Proprio quest’ultima parte, quella della guerra, risulta forse la meno riuscita, anche dal punto di vista degli effetti speciali. Baz non è tipo da bombardamenti e si nota immediatamente, con questi aereoplani in arrivo in picchiata che lanciano bombe dall’esplosione ridicola, soprattutto di fronte ad un budget da 140 milioni di dollari.
Tra le macerie e l’acre fumo torna il tocco di Baz, capace di commuovere con un finale che non potrà strappare più di qualche lacrima. Resta però la sincera sensazione di non aver visto un “capolavoro” ne tantomeno il miglior film di Luhrmann, anzi. L’impronta visionaria del geniale regista australiano si presenta anche in questa occasione, dilatandosi però in un pamphlet di 165 minuti, che sono assolutamente troppi. Tante le scene dipinte con il pennello, magiche nelle loro atmosfere e capaci di strappare tavolozze di emozioni, ma accanto a queste ne svettano diverse che fanno storcere la bocca, se non addirittura sbadigliare, con un uso del ralenty che diventa quasi odioso.
Promossa Nicole Kidman, tornata finalmente ai suoi antichi splendori, sinceramente rimandato Hugh Jackman, troppo ‘bello’ da risultare quasi finto, buon cattivo David Wenham mentre è adorabile il piccolo Brandon Walters, con quegli occhioni e quel sorriso capaci di parlare da soli. In mano resta un mega kolossal epico alla Via col Vento, forse troppo pretenzioso e per questo incapace di ammaliare. Un mezzo passo falso ( se così si può chiamare ) in una carriera, tanto giovane tanto da ricca di ‘cult movie’, da far ripartire immediatamente. Forza Baz, ora però non farci aspettare altri 7 anni per rivederti in sala!
Voto: 6