Changeling
Recensione in Anteprima
Uscita in Sala: 14 novembre
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Los Angeles, Marzo 1928: in una mattina come tante altre, Christine Collins saluta il figlio di nove anni e va a lavoro. Una volta tornata a casa il piccolo Walter è scomparso. La polizia aspetta 24 ore prima di far partire le ricerche, ma di suo figlio non c’è traccia. Dopo 5 mesi di ricerche e di polemiche, un bambino che dice di essere Walter viene riportato a Christine. Peccato che il piccolo non sia suo figlio. A questo punto Christine inizierà una battaglia storica contro la polizia di Los Angeles, sfidando l’impossibile e accettando l’umiliazione pubblica, pur di riavere suo figlio, il suo vero figlio…
5 anni dopo Mystic River e tre dopo Million Dollar Baby, Clint Eastwood realizza un nuovo piccolo capolavoro, continuando la salita verso l’olimpo dei più grandi registi della storia di Hollywood. Emozionante, sconvolgente, toccante ed incredibilmente vera, la storia di Christine Collins conferma ancora una volta le qualità registiche dell’immenso Clint, pronto ancora una volta a correre verso l’Oscar, grazie anche ad una straordinaria Angelina Jolie.
Anni difficili gli anni 20 di Los Angeles. Sono gli anni del proibizionismo, sono gli anni della polizia corrotta, violenta e sanguinaria. Sono gli anni in cui le donne vengono umiliate e trattate come ‘proprietà’ dalle alte sfere del potere. Sono gli anni in cui una di queste donne, Christine Collins, causò un terremoto all’interno di questo sistema marcio e corrotto. Una donna della classe operaia pronta a lottare, a non darsi mai per vinta, a cadere e a rialzarsi, sempre e comunque, pur di riavere suo figlio tra le braccia. Una donna a cui era stato riconsegnato un bambino non suo, chiedendole di accettarlo, di crescerlo e di portare avanti i ‘doveri da madre’, di ‘provare il piccolo per una settimana’, stare zitta, di non ‘mettere più in imbarazzo’ la polizia, già di suo in un mare di polemiche, per i modi violenti che la contraddistinguevano. Ma Christine non abbassò mai la testa. Gettata ed umiliata in un ospedale psichiatrico, riuscì nell’impresa di smascherare l’incompetenza della polizia ed il maschilismo strisciante presente al suo interno, rivoluzionando il sistema e cambiando per sempre la città di Los Angeles.
E’ una storia che ha dell’incredibile quella che Clint Eastwood porta sullo schermo. Una storia vera, non romanzata, non ‘tratta da’, ma che segue fedelmente alcuni documenti ufficiali ritrovati sul “Caso Collins”. Una storia portata in sala ancora una volta magnificamente dallo stupefacente Clint, a cui ormai Hollywood dovrebbe dedicare un monumento. Poggiando su una perfetta ricostruzione storica, Eastwood pennella cinema per 140 minuti, attraverso uno script che riesce a non trasformarsi nel solito polpettone drammatico, riuscendo incredibilmente a cambiare e a stupire minuto dopo minuto, anche quando la vicenda sembra apparentemente conclusa, e a far provare quasi compassione nei confronti del ‘mostro’, del cattivo di turno, attraverso un patibolo finale semplicemente da pelle d’oca.
Ad aiutarlo il solito fenomenale Tom Stern, direttore della fotografia che già in Mystic River, Letters from Iwo Jima, Flags of Our Fathers e soprattutto Million Dollar Baby, contribuì in maniera determinante alla realizzazione della pellicola. Dal bianco e nero iniziale, in arrivo dallo splendido logo Vintage della Universal, il colore entra in scena in maniera minimale, mantenendo sempre uno splendido e conturbante chiarore, miscelando luci ed ombre come già aveva fatto straordinariamente in Million Dollar Baby. Il rosso fuoco delle labbra pittate di Angelina Jolie arriva come un squarcio di passione e di dolore in mezzo a tanto corrotto, triste e violento grigiore.
A completare il quadro “tecnico” una toccante colonna sonora, firmata come sempre dallo stesso Eastwood, lontanamente simile alla melanconica traccia di Bianco Rosso e Verdone, mai invasiva e sempre pronta ad accompagnare i momenti estremamenti drammatici che completano il film. Con Clint stupendamente dietro la macchina da presa, davanti l’obiettivo sfilano una sfilza di attori in stato di grazia, come quasi sempre capita con lui in cabina di regia.
Assoluta protagonista ovviamente lei, Angelina Jolie. Magra come mai l’avevamo vita, Angelina porta in sala una “mamma coraggio” semplicemente straordinaria. L’intero film poggia su di lei e sulla sua incredibile interpretazione, che meriterebbe una nomination all’Oscar, se non addirittura la statuetta. Le mille facce di una madre sono dipinte sul volto di Angelina, pronta a tutto pur di riabbracciare suo figlio, anche a costo della propria vita. Emozionante come mai prima d’ora, la Jolie tocca le vette di una carriera in salita, esplosa con l’Oscar per Ragazze Interrotte e capace di migliorare e migliorarsi film dopo film, anche di fronte ad una critica che la prende sempre troppo poco in considerazione, a causa della sua ‘eccessiva bellezza’ e del gossip galoppante che la riguarda.
Al suo fianco un trasformato John Malkovich, nei panni di un reverendo “rivoluzionario”, ed un ‘pauroso’ Devon Conti, presunto figlio di Angelina, a dir poco terrorizzante con i suoi occhi pieni di menzogna. E’ un omaggio al cinema di quell’epoca, al divismo di quegli anni e soprattutto alle donne quello che fa Eastwood. Un omaggio alle mamme, per troppo tempo bistrattate, umiliate ma finalmente pronte a prendersi la loro meritata rivincita, proprio in quegli anni, grazie a Christine Collins.
Nel farlo riesce nuovamente a toccare le corde dell’emozione, con un pugno secco nella bocca dello stomaco e una sentita lacrima pronta a bagnarti il viso, come ormai lui sa fare,
Voto 8