Recensione in Anteprima
Uscita in Sala: 27 giugno
Progetto importante, atteso e rischioso questo Un’estate al Mare, prodotto dalla Medusa con l’intento di portare gli italiani in sala anche durante l’estate, seguendo il filone del cine-panettone, qui trasformato in cine-cocomero. Per riuscire nell’impresa sono stati chiamati gli inventori dei film di stampo natalizio, i Vanzina Brothers, ed è stato messo su un cast di ‘all-star’ cine-televisive, con annesse ‘bellone’ seminude, in modo da abbracciare tutti i gusti della commedia tipicamente e tristemente italiana degli ultimi anni.
In 7 mesi è stata così partorita una sceneggiatura, è stato girato e montato il tutto, dividendo la pellicola in 7 episodi, girati ognuno in un tempo massimo di 7 giorni. E cosa saranno riusciti a ricavare da tutto ciò, vi starete chiedendo? Uno dei peggiori prodotti vanziniani di sempre, tenuto a galla solamente dal solito straordinario Gigi Proietti, capace di salvare da solo una barca che fa acqua da tutte le parti e, soprattutto, tutto fa tranne che ridere…
Chi sta scrivendo solitamente odia le critiche snob e preconcette che vengono quasi sempre fatte nei confronti dei fratelli Vanzina, distrutti a prescindere ogni volta che escono in sala con una nuova pellicola. Critiche che solitamente vengono poi sempre smentite dal pubblico, che si accalca in sala per andare a vedere film simili. Viviamo d’altronde in un paese che da anni ormai vede trionfare, a fine stagione, il cine-panettone di turno, capace di star sempre davanti a tutti, alla facciaccia di chi poi scrive e stronca.
Ma questa volta è obiettivamente impossibile rimanere indifferenti di fronte a questo prodotto, dal punto di vista produttivo e strategico addirittura fondamentale per il futuro del cinema italiano. Sono anni che si cerca di lanciare la stagione estiva cinematografica italiana, e questo film, scritto, diretto e pensato per portare in sala tutti quegli italiani che vanno al cinema solitamente solo a Natale, purtroppo rischia di far affondare il progetto ancor prima che parta.
Imparentare questo titolo alla commedia all’italiana è un vero e proprio insulto alla nostra storia cinematografica. Giusto la divisione in ‘capitoli’ può accumunarlo a titoli storici, ma qui è giusto che ci si fermi.
Delle 7 storie portate sullo schermo solo una è pienamente promossa, ed è ovviamente quella che vede l’immenso Gigi Proietti, voce narrante dell’intero film, omaggiare Dino Verde in una rivisitazione farsesca della Signora delle Camelie. Con Gigi si ride, e di gusto, ma la sua storiella è ovviamente l’ultima, con la conseguenza che nei 90 minuti precedenti si rimane basiti dalla disarmante mancanza di comicità.
Se per ridere dobbiamo ancora rifarci alla sdraio che si rompe, alla pallonata in faccia, all’attacco di colite, al lassativo potente e all’ennesimo sketch del pomata che ci rifà il fattone di turno, stiamo davvero alla frutta.
Il primo episodio vede un Lino Banfi a dir poco spaesato, immobile come un tronco e portato a dover vestire i personaggi del solito ‘cornutazzo’ di turno, costretto a dover parlare il solito pugliese stretto e a dover dire una serie di battute agghiaccianti per la la loro banalità. Storiella triste, telefonatissima e piatta, da 3 in classifica.
Dopo Banfi arriva forse l’episodio più inutile e brutto, con Massimo Ceccherini come protagonista. Una storia che verrà ricordata grazie al peggior product placement della storia del cinema italiano, con un vero e proprio spot nei confronti di una celebre marca di liquori, talmente sfacciato da far nascere un sorriso di profondo sconcerto. E’ incomprensibile constatare come in Italia ancora oggi non si sappia utilizzare una risorsa come il Product Placement. Episodio da 2 in classifica.
Il terzo episodio è il più godibile dei 7, escluso quello che vede Proietti mattatore. Girato in appena 3 giorni, lo sketch vede protagonisti Nancy Brilli ed Enrico Brignano, amanti chiusi in un ascensore. Buona l’alchimia tra i due, pronti a scannarsi a forza di battute. Voto: 5
Finita con Brignano e la Brilli, ecco che arriva un fastidiosissimo Biagio Izzo, chiamato per l’ennesima volta a dover vestire i panni di un gay, trasformato nella macchietta delle macchiette. In questo caso i Vanzina hanno preso lo stereotipo dell’omosessuale e l’hanno reso ancor più ridicolo, giusto per non farsi mancare nulla e continuare a rasentare il fondo della decenza. Quando scopriranno che è finita l’epoca del Vizietto probabilmente pioveranno rospi. Voto: 2
Con l’arrivo del quinto episodio tocca a Enzo Salvi tornare a vestire i panni del coatto romano, tutto parolacce e impropri. In 15 minuti verrano sparate una quarantina di battutacce di bassa lega da far accapponare la pelle, in un tripudio di volgarità che ci riporta ai tempi di Natale in India. Il finale pseudo melanconico non riesce a tirar sù un’altra fastidiosa macchietta che, per finire in bellezza, ci riporta Salvi nelle vesti del Cipolla, giusto per non farsi mancare proprio nulla. Voto: 3
Con il penultimo episodio arrivano Ezio Greggio e Anna Falchi, accompagnati da una serie di gag scolastiche che potevano far ridere ai tempi del cinema muto, ma che oggi lasciano di sasso. La ‘grassona’ di turno che cade addosso al marito, che rompe sdraio e letti, che si abbuffa e che finisce sulla tazza del water per una botta di lassativo è quanto di più banale i Vanzina potessero tirar fuori dalle loro penne. Se a tutto ciò ci mettete le battute che Greggio solitamente faceva ai tempi di Drive In, avrete il desolante quadro completo della situazione. Voto:2
Dopo 90 minuti di ‘non ci posso credere‘, ecco che finalmente qualche risata arriva davvero, grazie all’inimitabile Gigi Proietti, che tutti più o meno ci chiediamo cosa ci faccia all’interno di questo ‘film’. Dopo aver regalato scenette e battute da applausi lungo tutta la pellicola, facendo da voce narrante introduttiva ai 6 sketch precedenti, il Gigi nazionale se ne prende uno tutto suo, dandosi alla farsa teatrale, omaggiando Dino Verde. In questo caso finalmente si ride, e non poco, grazie all’unicità comica dell’ex Mandrake, che sarebbe capace di regalare sorrisi anche leggendo l’elenco del telefono. Astutamente la sua storiella è stata montata come ultima, giusto per lasciare quel sorriso in bocca a fine film, dando l’impressione che ‘in fin dei conti ci si è divertiti’.
Peccato che così non è. Pensato e girato troppo in fretta, con i movimenti della macchina da presa ridotti all’osso e gli attori chiamati a muoversi davanti ad essa, Un’estate al mare inaugura in modo pessimo la storia dei cine-cocomeri italiani.
Pronto ad invadere 700 sale e a cercare di rientrare dei costi di produzione, che dovrebbero aggirarsi attorno ai 6/7 milioni di euro, promozione compresa, molti dei quali sicuramente ripresi con i tantissimi prodotti malamente pubblicizzati, il film dovrà rispondere alla secolare domanda che da sempre ci affligge, ovvero: sono compatibili cinema ed estate in Italia?
Che a questo quesito millenario debba rispondere un film come Un’Estate al Mare non può che infastidirci, ma se proprio dovessimo barattare l’atteso arrivo dell’estate cinematografica anche in Italia con il suo successo di questo, che sbanchi pure… ce ne faremo l’ennesima ragione.
Voto:3