Sanguepazzo
Recensione in Anteprima
Uscita in sala: Venerdì 23 maggio
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30 aprile del 1945, cinque giorni dopo la liberazione, in una Milano devastata dalla guerra, vengono trovati i cadaveri di Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, giustiziati poche ore prima dai partigiani.
Coppia celebre e amatissima, erano dei veri divi di quel cinema degli anni 30 e 40, tenuto saldamente in mano dal fascismo, con parti che non si scostavano mai dal ‘villain’ per lui, e dalla donna amante o vittima di un destino avverso per lei.
Con l’armistizio dell’8 settembre, e la trasformazione dei tedeschi da alleati a esercito d’occupazione, i due si trasferirono al nord e aderirono alla Repubblica di Salò, passando da Venezia a Milano, dandosi alla borsa nera e arruolandosi ad una banda di torturatori guidata dallo psicopatico Pietro Koch. Si consegnarono ai partigiani pochi giorni prima della Liberazione, con una serie di ‘voci metropolitane’ che li etichettavano come fascisti. I due negarono tutte le accuse, ma il Comitato di Liberazione pretese una punizione esemplare, e la parola fine, dopo un processo farsa, cadde come una mannaia sulle loro turbolente vite…
Dopo 25 anni di tentativi Marco Tullio Giordana è finalmente riuscito a portare sul grande schermo una pagina di storia di questo paese, ancora oggi avvolta dal mistero, attraverso un film forte, emozionante, d’impatto, coraggioso e tecnicamente d’applausi.
Due divi del grande schermo, egocentrico, eccentrico,vanesio, guascone, incontrollabile e cocainomane lui, affascinante, volitiva, forte e divisa dall’amore verso due uomini lei, così uguali e così diversi, incontratisi su un set di Cinecittà e rimasti insieme tutta la vita, fino all’ultimo secondo.
Giordana stupisce ancora una volta, dopo averci emozionato con La meglio Gioventù, portando sullo schemo un’epoca così lontana e così vicina, rimanendole fedele nei minimi particolari, attraverso una regia accurata, studiata, pensata e ottimamente realizzata. Aiutato da degli incredibili cinegiornali dell’epoca, da una splendida fotografia e da impeccabili scenografie, il regista è riuscito a partorire un melodramma storico d’autore di primissimo ordine.
Sempre più bravo e sorprendente Luca Zingaretti, vera maschera dai 1000 volti per 150 minuti di film, al suo fianco troviamo una Monica Bellucci che finalmente sembra ‘recitare’.
Se ad un certo punto, di fronte ad una battua che suona esattamente così “cosa dovrei dire perchè non si rida di me?“, a tutti più o meno viene spontaneo pensare ‘intanto stai zitta o smettila di ansimare’, visto che finisce per farlo per metà film, la Bellucci risponde con quella che è ad oggi la migliore interpretazione della propria carriera.
Ai due si aggiunge uno straordinario, e con un personaggio inventato perchè mai esistito nella realtà, Alessio Boni, che solo con Giordana riesce a tirare fuori il meglio di sè, per la Bellucci amore segreto e impossibile di una vita, e un fantastico Giovanni Visentin, braccio destro di Luca Zingaretti, compagno di mille avventure fino al tragico finale.
Giordana riporta alla luce quei tristi giorni, omaggiando il cinema italiano di quegli anni, il cinema dei ‘telefoni bianchi’, fuggito da Cinecittà, dove un ‘certo’ Rossellini stava girando un film su Roma con due attori da ‘varietà’, per trasferirsi a Venezia, dove Mussolini sognava di far rinascere l’industria cinematografica nazionale.
Ma Giordana soprattutto osa, portando in sala sesso, droga, fascismo e partigiani, oltre a toccare un tema scottante, quello ’sacro’ e ‘intoccabile’ della Resistenza.
Di fronte alla Milano liberata e con i fascisti appesi a testa in giù, abbiamo i partigiani, ovvero coloro che contribuirono in maniera determinante alla Liberazione di questo paese, che organizzano processi farsa e probabilmente giustiziano due innocenti come Osvaldo Valenti e Luisa Ferida.
Sono 30 anni che ci si chiede se venne ‘fatta giustizia’, come si chiede Luigi Lo Cascio nel film, e ad oggi una risposta non è ancora arrivata.
Giordana non ci offre la risposta, ma un melodramma romanzato, di pura fantasia, che cerca di tessere le fila di quel ‘mistero’. Probabilmente glissa eccessivamente su alcuni personaggi ‘infernali’ di quegli anni, dando l’impressione di voler scandalizzare a tutti i costi, mostrando un lato di quell’epoca volutamente nascosto o comunque tabù, come quello della Resistenza Colpevole, finendo per infastidire tutti quelli che non riescono a non dareuna visione prettamente politica al film. Di fronte così ad una Luisa Ferida divisa tra due amori, avevamo allora e abbiamo oggi un’Italia altrettanto divisa in due e dal Sangue semplicemente Impazzito, ricco d’odio verso la parte avversa, che siano fascisti o comunisti, dopo 60 anni ancora sul tavolo delle discussioni di ogni famiglia.
Ma di fronte alle polemiche, scontate, ovvie e con un paragone fascisti/partigiani semplicemente folle, che lo stesso Giordana sicuramente non intendeva nè sottolineare nè avvalorare, e con in aggiunta la pompatissima scena lesbo tra Monica Bellucci e Daisy, ninfa dello psicopatico Koch, rimane tra le mani un esempio di grande cinema italiano, incorniciato da un inizio e da un finale in bianco e nero che sono un’autentico marchio d’autore e di qualità. Marchi che per una volta con orgoglio possiamo stringere a noi, addolcendo per una volta quel sanguepazzo che proprio non riusciamo a non tirare fuori…
Voto:7,5