Io sono Leggenda: recensione in anteprima
Uscita in sala: Venerdi 11 gennaio
“Il mio nome è Robert Neville. Sono sopravvissuto e sto a New York City. Se c’è qualcuno la fuori… chiunque. Vi prego. Non siete soli…”
New York, 2012.
Il 90% della popolazione mondiale è morta a causa di un terribile e irrefrenabile virus, nato da quella che inizialmente sembrava essere una scoperta sensazionale della medicina moderna: un virus sviluppato quindi dall’uomo per combattere il cancro.
Ma quello stesso retrovirus porterà a conseguenze irreparabili, infettando il restante 9% della popolazione della terra, trasformando tutti in mostri notturni assetati di sague umana, lasciando vivi solo i restanti 12 milioni di abitanti, perchè immuni, ovvero l’1% della popolazione mondiale.
Di quell’1% solo un uomo è rimasto in vita, lo scienzato Robert Neville, che dirama un messaggio radio 24 ore su 24, nella speranza di non essere rimasto l’ultimo uomo sulla terra. La sua missione è trovare il vaccino che uccida quel maledetto virus utilizzando il suo sangue immune, Robert è l’unica e ultima speranza del genere umano, solo lui può salvarci dall’estinzione, diventando così Leggenda…
Tratto dal romanzo omonimo di Richard Matheson del 1954, riconosciuto come il vero iniziatore del genere moderno di fantascienza e horror, Io sono Leggenda, che arriva dopo altre due trasposizioni cinematografiche del romanzo, L’ultimo uomo della terra del 1964 e Occhi bianchi sul pianeta Terra del 1971, stupisce per la particolarità con cui tratta il genere horror, a cui indubbiamente appartiene l’idea di base.
Lawrence realizza una pellicola che salta dall’horror al thriller, passando per la fantascienza, giocando con momenti di elevatissima tensione che, misti alla crescente ansia, riescono a dar vita ad un vero e proprio mix d’emozioni, sia positive che negative. Will Smith è l’ultimo uomo rimasto sulla terra, e come tale il film ruota totalmente attorno a lui. Il suo personaggio, Robert Neville, vive in perfetta solitudine in una città, New York, trasformata magistralmente in una vera e propria ‘giungla urbana’, con leoni, gazzelle e campi di pannocchie nel bel mezzo di Fifht Avenue. Solo uno stupefacente cane, Sam, e Bob Marley, con la sua immortale musica, riusciranno a far compagnia a Robert, nel bel mezzo di una metropoli diventata un immenso incredibile parco giochi, dove potersi divertire però per forza di cose in solitudine.
Proprio la surreale New York, non solo rappresentata come deserta ma come disabitata, letteralmente abbandonata, con gli edifici ancora in quarantena, i negozi saccheggiati, le macchine lasciate ovunque in mezzo alle strade, interi quartieri, da Chinatown alle strade di TriBeCa, ridipinti sullo schermo come nature morte, lascia semplicemente basiti, così angosciante nella propria disumanità, tetra e spettrale, disabitata di giorno e abitata da voraci mostri assetati di sangue di notte, pronti a tutto pur di scovare l’ultimo pezzo di carne umana in tutta l’isola, ovvero Robert Neville.
Prima conseguenza, obiettivamente ovvia, di questa desolante solitudine si rintraccia nei dialoghi, ridotti all’osso, e nei momenti di silenzio totale, che vanno ben oltre la metà della pellicola, che se da una parte possono infastidire, o annoiare, dall’altra alimentano e danno ancor più consistente tensione a quei momenti in cui il nostro caro Robert proprio solo non è…
Se è assolutamente ottimo il lavoro fatto con una New York svuotata nell’anima, è sinceramente pessimo quello fatto con gli effetti speciali.
Tutti gli animali, tranne lo splendido e incredibilmente ‘umano’ cane Sam, sono stati fatti al computer, risultando più falsi di un banconota da 3 euro, verità che purtroppo si vede lontano un miglio, così come i famelici mostri notturni, visibilmente finti e ‘freddi’.
Da sottolineare sicuramente la prova di Will Smith, difficilissima vista la necessità di recitare in perfetta solitudine per il 60% della pellicola.
Smith si carica totalmente sulle spalle il film, riuscendo appieno a portarlo oltre l’ostacolo, diventandone lo snodo centrale, assolutamente necessario, attraverso una mimica facciale e fisica di grandissimo impatto, segno del percorso emotivo e spirituale che il suo personaggio deve percorrere per riuscire a sopravvivere e per salvare il mondo, anche se tutta la parte di pura ‘follia’, ricordandoci che stiam sempre parlando di uno scienziato teoricamente ancora lucido, tanto da voler salvare l’umanità, fa un pò ridere per quanto marcata e ‘demenziale’…
Promossa la regia di Lawrence, che riesce a regalare alcune scene davvero al cardiopalma, forse troppo poche si potrebbe obiettare, capaci di farti rimanere attaccato alla poltrona per poi saltare da un momento all’altro, centellinando sangue e mostri, alternando flashback che riportano alla diffusione del virus, quando un’intera metropoli presa dal panico era pronta a fuggire, fino al conclusivo messaggio mistico e spirituale, sicuramente eccessivo, forzato, troppo marcato e per questo fastidioso, con una vera e propria crociata contro la scienza, capace di distruggere l’intera umanità, in favore di Dio, in grado invece prima di metterla al mondo e poi di salvarla.
Proprio questa parte alla fine risulterà essere obiettivamente la più evitabile, oltrechè gratuita…
Faranno sicuramente storcere il naso le parecchie, se non troppe, concessioni che lo stesso Lawrence e gli sceneggiatori si sono concessi rispetto al romanzo originale, per un film che, a mio avviso, finirà per piacere più a chi il romanzo non l’ha mai letto rispetto a chi non solo l’ha letto ma l’ha semplicemente amato.
A conti fatti un film promosso, sicuramente discutibile quanto coraggioso e originale nella scelta intrapresa per rappresentarlo, indubbiamente superiore a quelle che erano le mie attese…
Voto:7-