La Leggenda di Beowulf:Recensione in Anteprima
Uscita in Sala: Venerdi
Danimarca.
In un’epoca magica piena di eroi e di mostri, di demoni e misteriose creature, di avventure, coraggio e valore, di ricchezza e di gloria, un uomo mitologico, senza paura e oramai leggendario, appare per salvare un antico regno danese dalla distruzione di una creatura malvagia, chiamata Grendel, per succedere poi al trono dell’anziano Re Hrothgar, dal misterioso passato.
Un vichingo alto, forte e spavaldo, ambizioso e temerario, capace di sconfiggere mostri in ogni angolo della terra, ottenendo fortune, fama, ricchezze e un intero regno.
Un guerriero, un marito, un eroe, un uomo conosciuto in mezzo mondo con un solo nome, che risuona altisonante persino all’interno di canzoni che narrano le sue gesta… Beowulf!
E’ obiettivamente complicato dare un giudizio su questo nuovo film di Robert Zemeckis.
Tecnicamente nettamente superiore al precedente Polar Express, la pellicola risulta però essere in fin dei conti non tanto un prodotto cinematografico, quanto un vero e proprio videogioco.
La tecnica del “performance capture” alle lunghe stanca e soprattutto nella maggior parte dei casi mostra tutti i suoi limiti, ancora evidentissimi.
Il film è “pura finzione” e si vede quasi sempre!
L’effetto che riesce a dare è un mistro tra i personaggi “reali” di Shrek, il Gollum del Signore degli Anelli e Polar Express, rimanendo alla fine in una sorta di limbo di totale incompiutezza.
Questa tecnica, da molti vista come il “futuro” del cinema, non può ergersi a protagonista di un intera pellicola.
E’ perfetta per la realizzazione di personaggi mitologici, secondari alla storia stessa, “spalle” a personaggi reali, in carne ed ossa, ma non può assolutamente sostituirli.
Il risultato che si ottiene è alla fine questo, un PRODOTTO freddo, inumano, glaciale, incapace di dare emozioni di qualsiasi tipo.
L’esempio lampante ed evidente si può notare negli occhi di tutti i protagonisti: sono spenti, privi di vita, senza anima, e non basta metter dietro loro il viso di un personaggio “vero”, di una stella di prima grandezza, perchè la differenza è netta, e particolarmente fastidiosa.
Quello che riesce a fare Zemeckis con la macchina da presa mai avrebbe potuto realizzarlo “normalmente”, ci sono punti di vista in soggettiva assolutamente incredibili, movimenti mirabolanti, ma il film, che paradossalmente rallenta vistosamente nella parte centrale, risultando addirittura noioso, proprio nell’abuso della Performance Capture, che dovrebbero essere il punto di forza della pellicola, perde forza e vigore.
Indubbiamente vederlo in 3D darà sensazioni decisamente diverse.
Alcune scene sono state ideate e realizzate pensando palesemente al formato 3D, perdendo efficacia nel “normale” 2D, fruibile nei cinema classici.
La storia è arcinota, ed è semplicemente la più antica epopea esistente in lingua inglese.
Scritto originariamente tra il VII e il XII secolo, su fogli di pelle trattata, da un autore sconosciuto, il poema è stato poi copiato più volte nei successivi duecento anni, fino ad esser raccolto nel 900 in un volume, distrutto poi parzialmente in un incendio alla Cotton Library, il 23 ottobre del 1731.
Scritto in inglese arcaico, venne sbeffeggiato per anni, a causa della mescolanza di temi pagani e cristiani e alla presenza di ben tre antagonisti, anzichè uno, l’ultimo dei quali lontano nel tempo dagli altri due di addirittura mezzo secolo.
Solo nel XX secolo Beowulf è stato totalmente rivalutato, grazie a J.R.R Tolkien, che sottolineò come l’errore principale consisteva proprio nel paragonarlo a Omero o a Virgilio.
Non era conforme alle regole della poesia epica creata dai greci e dai romani dell’antichità solo perchè era un racconto scandinavo, con una propria precisa metrica.
E’ solo grazie a Tolkien se oggi Beowulf viene letto nelle scuole superiori inglesi, fino a questa trasposizione cinematografica.
Risulta complicato anche giudicare gli “attori”, che recitano senza scenografie, senza vestiti di scena, ma interamente ricoperti da piccole ventose e da una tutina blu, ovviamente a noi non visibili, per poter catturare poi tutti i loro movimenti, prontemente ritoccati al computer.
Tra tutti probabilmente Hopkins e la Jolie risultano essere i più “credibili”, anche se alla fine il personaggio meglio riuscito è proprio il mostro Grendel, ennesima dimostrazione di come questa tecnica debba limitarsi a loro, ai mostri di pura fantasia, e non agli esseri umani, che, fino a quando il cinema resterà cinema, dovranno essere i protagonisti assoluti di questa splendida magia che da oltre un secolo ci emoziona e ci affascina, senza performance capture di nessun tipo.
Voto:5